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Racconto n° 159
Autore: LiberaEva Altri racconti di LiberaEva
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L'ascensore
Cosa diavolo sto facendo in questo momento dentro un ascensore che sale, ipnotizzata da questi piani che scendono e via via m'allontanano da terra. M'illudo di pensare a quale scusa sarebbe più opportuna, a quale finto malessere potrebbe ancora essere vero. Guardo fisso quest'uomo e mi sembra di non averlo mai visto, neanche per queste poche ore che seduta davanti ne ho visto nei e difetti. Mi verrebbe quasi da pensare a quale piano potrebbe scendere, se ha una faccia di chi abita all'attico o se devo farmi da parte perché scende per prima. Sento l'odore del suo alito pesante, della sua pelle anonima e mi fa quasi paura supporre che tra poco gli permetterò di stringermi, di toccarmi e magari di buttarmi sul letto appena apre la porta. E se questa dolcezza smielata, questa cortesia d'altri tempi si trasformasse in vera violenza? Se m'aggredisse prima di scendere? Dentro questo ascensore senza neanche un preavviso e senza togliermi questa pelliccia che mi fa più vecchia degli anni che porto. Continua a guardarmi con quell'aria timida e finta, come se già fossi nuda o avessi un bottone di meno, completamente in balia del suo sesso che di sicuro è già pronto per l'uso, è già pronto per dimostrare quanto maschio c'è dentro quelle mutande. Porterà i boxer che odio, oppure un paio di banali slip adatti all'età che dimostra? Mi domando quanti anni possa avere e come diavolo ho fatto a chiamarlo stasera. Per anni m'ha cercata, per anni m'ha detto di non essersi sposato perché m'aspettava! E tutto perché abitavano di fronte ed ogni mattina ci scambiavamo un saluto. Ma io a quel tempo ero distratta e mai avrei creduto di ridurmi così sola, senza nemmeno un'amica o uno straccio di uomo la notte di Capodanno. L'ho chiamato stasera, sperando in cuor mio che fosse occupato. Invece niente! Alle otto di sera del 31 dicembre era lì che m'aspettava, single e disponibile, era lì dall'altro capo del filo con la sua solita voce melensa, che già sapeva cosa fare e in quale ristorante portarmi. Non ho avuto nemmeno la possibilità di fare marcia indietro magari attaccandomi ad un dubbio, o che so io, ad una pausa d'esitazione. Ed ora è qui, a meno di mezzo metro, che guarda la mia scollatura e non accenna nemmeno ad un ghigno d'approvazione. Mi dicesse almeno che gli piaccio, saprei già cosa m'aspetta, saprei già che quest'anno che inizia lo passo a letto o dentro un armadio a parare gli attacchi di un uomo in preda agli istinti. Vedessi almeno un cenno di disgusto sopra questo seno, che se non fosse per ferretti ed imbottiture cadrebbe a terra spiaccicato sulla moquette. Lo so di non essere bella, lo so che per tutto questo tempo ho vissuto nell'illusione di esserlo, lo so che nessuno più, a quarant'anni passati, ha il coraggio di cascarmi ai piedi o fasciarmi questi fianchi imbottiti d'avanzi di carne. E mi pare impossibile che quest'uomo ancora mi guardi, ancora non si sia accorto di tutto il trucco che porto, che basterebbe lavarmi la faccia per essere tutt'altra persona. Mi sembra ridicolo che un uomo possa ancora desiderarmi, generoso di baci e parole che non sento da anni, e magari accarezzarmi questa ruvida pelle che creme e massaggi l'illudono di essere più morbida. Ma non so cosa m'abbia preso stasera! Non so perché davanti allo specchio mi sono sentita per un attimo bella, fino ad imbrogliarmi che un uomo qualunque potesse ancora guardarmi le labbra e provare calore senza vedere le rughe. E davanti ai cassetti, senza un attimo d'esitazione, ho fatto la scelta di cui ora mi pento, mettendomi su un perizoma sottile sottile che, perso tra la mia carne, m'è d'impaccio e mi fa ridicola. Spero tanto che quest'uomo, che ora sta cercando le chiavi e mi sorride e m'apprezza, non abbia altre intenzioni che offrirmi un amaro, un liquore qualunque da sorseggiare composti sopra un divano. Se solo sapesse cosa c'è sotto la mia gonna! Se solo sapesse quanto buffe sono le mie cosce addobbate come vetrine a Natale, come albero a dicembre dove manca solo la neve, che a quest'ora di primo gennaio sarebbe bene accetta per raffreddarmi le voglie che autonome lievitano e fanno calore. Se solo dentro quest'ascensore, che continua a salire, ci fosse uno sconosciuto, incontrato adesso dentro questa cabina, proprio in questo momento! Magari un ragazzo con la faccia da figlio che guardandomi sa che può osare, fino a toccare queste pieghe di carne da dove è venuto, e nel silenzio agghiacciante, dove non sai mai cosa dire, sente salire il desiderio di ricongiungersi dove l'ostetrica l'ha brutalmente staccato. Sicura che non mi vergognerei a credermi ancora piacente ed a farmi alzare la gonna e finire sbattuta e battuta addosso a questa parete di legno. Lo aiuterei a scansare mutande e malizia fino a svuotargli le voglie prima dell'ultimo piano, prima che l'ascensore s'arresti e salutarci come se niente fosse accaduto. Sarebbe un istante che non continuerebbe nel tempo, che non commuoverebbe nessuno perché solo di sesso s'è trattato e m'ha riempito perché provocato. Sarebbe un giudizio che m'impegnerebbe fino a quando cambierei queste mutande strappate, fino a quando svanirebbe il bruciore che la foga inesperta ha creato.
Ma con questo signore che respira anonimo è tutto diverso! Non ho voglia di cambiargli il giudizio che s'è fatto per anni, fino a credere che questi vent'anni non siano passati affatto. Mi vede ancora come quella ragazza che candida e bella abbassava la testa prima di salutarlo, che candida e vergine non distingueva la differenza tra femmina e donna. Se appena il suo sguardo mi guardasse con la luce di adesso, vedrebbe quanto il mondo è passato per le mie gambe, che quel fiore non colto è reciso da tempo e l'acqua ormai putrida ha smesso di dargli vita e bellezza. Ma in fin dei conti è un buono. Lo vedo! Anche le chiavi che dondola ossessive emettono un suono impacciato, come sono imbarazzate le labbra che si lasciano spolpare dai denti senza reagire. Ma sì! M'offrirà un caffè ed al massimo rimpiangeremo tutto ciò che non si è fatto nel tempo, che il tempo ci ha tolto senza prima avvertirci. E poi mi riaccompagnerà a casa come un perfetto galantuomo senza per nulla insinuare quello che una donna da bene non vuole intendere! E sotto casa ci saluteremo come vecchi parenti, magari pensando d'aver sprecato una sera, o che, s'avessimo osato, qualcosa di meglio sarebbe accaduto, di qualcosa di peggio ne avremmo fatto ricordo. Ma io non ho sprecato nessuna sera! Perché non ho altre scelte se non questo ascensore che mi obbliga a salire e ad accontentarmi di quello che m'aspetta all'ultimo piano. Non ho nulla da opporre, da credere che questa sera sia soltanto un'attesa perché venga domani! Senza quest'uomo che docile m'accompagna sarei già dentro il mio letto, magari a sognare che sto sognando una notte di capodanno dentro un altro letto. Ma sì! Che ci provi pure, magari prima d'aprire la porta col dubbio che qualcuno dallo spioncino di fronte ci possa vedere! E senza nessuna cortesia e falso rispetto sbattermi in ginocchio sopra il tappeto. Allora sì che cadrei estasiata, contenta d'essere utile almeno per aver coperto la scritta - salve - . Perché è solo questo che voglio! Sentirmi utile, se non proprio importante! Basta con questi pensieri che negli anni non hanno fatto altro che insecchire il mio seno, prosciugare le parti del mio corpo come deserto in estate! Basta con questi andirivieni dove mi pento e sono fiera, dove mi dolgo e provo piacere, ed il tutto racchiuso tra le pareti di questo cervello, dentro questa pelle dai piedi ai capelli. Che mi prenda dove meglio crede, sul divano o in cucina mentre apre una bottiglia polverosa di vino! Che se ne fotta delle mie resistenze e mi prenda senza esitare alla stregua di una donna qualunque, o come una donna qualunque non potrebbe sopportare! Perché niente d'altro questa sera ho bisogno, che sentirmi all'altezza di fronte a chi mi desidera solo perché ho fattezze di donna, e mi considera per quanto m'impegno, per quanto sono capace di dargli piacere. Che si slacci la patta senza preavviso e indurisca il desiderio per farmi sentire apprezzata, per trasformarmi prima dell'alba in vera mignotta! Perché così mi sono vestita, perché così volevo prima d'uscire. Senza di lui stasera avrei lavato piatti o, che so io, messo a posto un imbuto. Ma sicuramente non avrei avuto altro sesso da spremere, da ingoiarlo ed attendere il momento di sentirmi di nuovo capace. Non avrei fremuto aspettando il piacere e gioito con tutta me stessa come se avessi vinto qualcosa di grande. Fino a farmi bagnare la faccia, i capelli, senza pensare che domani i parrucchieri sono chiusi o che so io, fare attenzione perché il vestito che porto vale uno stipendio. O se meglio l'aggrada finirmi dentro una camera da letto, entrando come un pompiere o la vicina che odio, senza chieder permesso. Magari sul pavimento davanti ad uno specchio, che mi riflette in ginocchio, intenta e china, affaccendata e prona a fare il mio meglio. Col mio di dietro che si dimena senza vergogna e perizoma, sottratto alla vista da questo grasso che abbonda, da questo sesso che s'entusiasma e mi copre. Ma non fallirò, non potrò fallire! Se quest'uomo mi dà un cenno, se poco poco mi alza la gonna come quel ragazzo di prima. Potrei superarmi anche senza una camera da letto, senza quel vino polveroso, senza le mie mutande invisibili. Basterebbe ingoiare questi centimetri di aria che ci separano, per saltargli sui fianchi e spalancargli e spalancarmi queste gambe patinate di nero. Vorrei dirgli che non sono da buttare, che quest'intimo che porto vale da solo una nottata da sogno, che ora basterebbe una mano fredda e sicura che risalga la corrente fino ad impattarmi dove la voglia di anni ha fatto condensa. Cerco di fissarlo, di rapirgli lo sguardo, lo guardo di nuovo e m'accorgo che la sua faccia è cambiata, che i suoi capelli sono più radi, che assomiglia per quasi e per tutto al padre del notaio che abita al piano di sotto. Spalanco il mio rimmel e lo guardo di nuovo, ma l'ascensore si ferma di colpo.
- Buona notte Signora, Buon Anno!

LiberaEva

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