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Racconto n° 192
Autore: Madkitten Altri racconti di Madkitten
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Come un'ombra
Torno a casa da un viaggio e ritrovo le ombre di sempre, spigoli e morbidezze cromatiche familiari, rassicuranti. Poso la borsa e mi godo il ritorno nei chiaroscuri del pomeriggio piovoso che mi ha accolta.
La solitudine che mi circonda mi sussurra di rimando voci che ho lasciato da poche ore ed è un'amica fedele. Sono serena, soddisfatta e mi sembra tutto nuovo.
L'incanto dell'avventura, la scoperta del lato piratesco che dormiva in me mi hanno trasformata.
Mi guardo allo specchio senza, però, trovare nulla di diverso nel viso che mi fissa, ma alle spalle del mio riflesso c'è un alone, l'abbraccio di un fantasma, la presenza di un ricordo.
La mia pelle è più luminosa, sembra bagnata di stelle e traspare quasi sotto il vestito di jeans.
Doccia e sapone non possono portar via molto di più della stanchezza di giornate intense e nottate calde, ma ora mentre l'acqua scroscia sulle spalle sento altre carezze e sorrido ad occhi chiusi.

Mi torna in mente l'incontro quasi banale con l'uomo che mi ha preso la valigia dal nastro trasportatore, mi ha trovato un taxi e mi ci ha messo dentro con la sicurezza tranquilla di chi sa qual è la cosa migliore ed io, donna del XXI secolo, non riuscivo a far altro che a fissarlo, cercando un'obiezione possibile a tanta gentilezza.
Mi aspettavo un approccio, ma è sparito prima che potessi trovarmi nell'imbarazzo di dire al conducente dove andare e così ho iniziato a sorridere fino al centro di Londra, adagiata sulla vecchia Bentley, nera e dignitosa come una dama della Belle Epoque sul suo landò. L'autista è anche simpatico e si parla di tutto un po', adora la sua auto e mi pare un gigante buono.
Sono arrivata all'hotel e ho iniziato la solita danza dell'apertura della valigia, mangiucchiando dell'uva e controllando lo scorrere del Tamigi, sempre irresistibile.
Chi mi conosce pensa a me come ad una donna ordinata, metodica, ma la stanza smentisce l'idea e la mia testa smentisce le consuetudini, fantasticando sullo sconosciuto che non avrei ovviamente più visto. Che diamine! Cinque minuti e tutto ritrova il suo ritmo, ma per l'ora di cena scendo in ascensore con un languore che non è dovuto alla fame.
Penso alla valigia senza nessun'identificazione che non siano le due sigle e mi ritrovo in camera a stendere la camicia da notte di pizzo blu che non metto mai, ma che porto sempre in viaggio.
Mi sento sdoppiata, mi vedo adagiare sul letto coperta da quella ragnatela di seta che si solleva poco a poco sotto la sua bocca...ma che mi succede?
Forse dovrei prendere del bromuro, come al college. Mi viene da ridere, chissà come dopo tanti anni ci ripenso. Mi addormento con la televisione accesa ed i giorni a venire passano, nel tran tran del congresso e nel piacere di lunghe passeggiate nel mio parco preferito, ritrovo a volte il simpatico autista nei pressi dell'hotel. Dev'essere la sua zona.

Resta il weekend e decido di prendere il traghetto, risalire il fiume da Westminster fino a Hampton Court, palazzo di re, regine, piaceri, intrighi e passioni.
Di tanto in tanto la sensazione di essere osservata mi scalda la pelle e mi fa tornare in mente lo sconosciuto, mettendo a fuoco il ricordo della sua mano che stringeva la mia nel congedo, il suo calore, la sua ferma pressione sulle mie dita, il suo dopobarba amaro, la linea decisa e piena della sua bocca.
Il sole è mio complice e lo sciacquio della marea mi culla, mentre indulgo a questi pensieri che non seguono alcuna logica, un po' come i gabbiani che ci seguono nella navigazione, indecisi su dove andare, se verso la foce o sulla scia di questo battello.
Ecco la reggia, rossa di mattoni e d'emozioni rubate, forse; irta di comignoli e di creste, in mezzo a giardini di rose e piante rare. Si apre a me, con i suoi tappeti verdi e mi trascina verso il labirinto che si è ripreso dalla potatura ed è nel suo pieno fulgore.
Passeggio senza meta, toccando le foglie ed i rametti spuntati e non riesco a vedere il proprietario della mano che mi sfiora il fianco prima di sparire dietro un'ansa del labirinto. Lo inseguo, ma sono più curiosa che indignata e quindi sbaglio a svoltare... perduto.

Qualche ragazzetto, ... che stupidaggine rincorrerlo così e con i tacchi. Meglio visitare il palazzo, il Mantegna con i Trionfi di Cesare mi aspettano e sono la mia tappa culturale in questa gita di piacere. Anche le cucine Tudor m'incantano con le loro immense cappe; reprimo a stento la tentazione d'infilarmici ...ma la fuliggine mi fa starnutire.
Un biglietto appare insieme al fazzoletto, oh santo!Cos'è? Uno scherzo? No, un luogo, un'ora. So all'improvviso di chi si tratta, anche se sfida le leggi della ragione e so anche che è qui da qualche parte. Non provo inquietudine, solo una sensazione d'attesa perché andrò all'appuntamento e mi pare naturale. Manca un'ora e ho il tempo di scoprire dove si trovi il vigneto, ma mi rendo conto che la reggia si sta svuotando, è quasi tempo di chiusura.
Ma dov'è lui? E se mi fossi sbagliata?Mi guardo nel vetro della finestra e vedo un corpo sottile teso sotto la stoffa, uno sguardo che cerca risposte.
Le viti s'intrecciano, creando strane figure intorno a me, mentre scende la sera, credo che prenderò un taxi per tornare, tanto magari sarà questione di pochi minuti, non sono il tipo che si fa prendere da un bluff, per quanto sia attraente.

E' dietro di me, lo sento prima che mi sfiori la spalla leggermente. E' il mio nome quello che pronuncia e questo mi rende vulnerabile, sorpresa.
Vorrei dire qualcosa di sensato che mi dia il vantaggio in questa situazione, ma mi prende le mani e le bacia una per volta, mi parla d'amori consumati in questo vigneto, nelle stanze, persino nella siepe del labirinto. Sembra aver letto le mie fantasie, o sembra conoscermi da sempre. Mi chiedo che altro sappia di me per travolgermi in questa suggestione...e balla ora, sull'erba, sotto l'abbraccio delle viti, mi stringe...la musica esiste solo nella nostra mente, ma è quella giusta. Ha un viso ascetico, capelli scuri e mossi, lo sguardo sicuro e caldo di chi ritira un premio atteso a lungo, addolcito da uno scintillio accattivante.
Non c'è boria in lui, solo un gran calore che emana dal suo corpo robusto contro il mio.
Non mi riconosco nella sconosciuta che gli lascia sciogliere lo chignon e allentare i bottoni della camicia, mentre lui commenta la propria fortuna nel costatare che non vesto come una dama elisabettiana..., nemmeno il suo abbigliamento offre complicazioni, la camicia è l'unica barriera alle mani del mio doppio.
Com'è possibile? Questo bucaniere mi cerca la bocca e non mi riesce di fare altro se non schiuderla per assaggiare la sua lingua, il suo sapore pulito di whisky; mi spinge in una cavità della siepe e inizia a adorare il mio corpo come fosse quello di una statua viva.
Una parte minima della mente mi ripete che non so nulla di lui, che potrebbe essere un pazzo, un maniaco, ma il mio istinto ed il calore che sento dentro vincono la battaglia con la ragione e insegnano alle mie mani a liberarsi dei vestiti.
Affonda il viso nel mio seno ancora costretto nella brassière prima di passare un dito dove più ho bisogno di lui, lentamente, tormentosamente, giocando ad evitare l'umidore che si sta formando al centro delle mutandine di raso. Sento le foglie dietro la schiena e la sua lingua sulla pancia. Affondo le mani nei suoi capelli e non so più se lo respingo o se lo attiro a me. Sento la mia gola tendersi per soffocare un gemito che sgorga come il mio piacere più in basso...le sue mani strofinano le mie cosce mentre estrae miele dal mio corpo come se non avesse fatto altro nella sua vita. Divide il suo bottino con le mie labbra, il suo duro desiderio che preme contro di me. E' una pazzia questa, ma la prudenza è finita a terra con le mie mutandine. E' ancora lui a pensare a me, titillandomi con due dita nodose, potrebbe prendermi in qualsiasi momento, ma si ferma dopo avermi travolta una seconda volta e a tal punto da non essermi quasi resa conto del fatto che ha goduto anche lui sulle mie gambe.
Non capisco...mi aiuta a rivestirmi e mi accarezza il viso con tenerezza.
- Capirai, tornerò allora. – dice, con la voce che ho sognato tante volte.
Ritorno all'hotel vagamente frustrata.
La sensazione di familiarità che ho provato con lui mi ritorna alla coscienza e so che è quanto lui si aspetta.
Dove? In quale luogo e tempo della mia vita ci siamo incontrati? E se fosse stato in un'altra? Magari in questa stessa vigna...sono frastornata, confusa e vado a letto senza un'idea.

Il sonno smuove i veli del tempo e mi ritrovo diciassettenne alle prese con le prime emozioni in un college inglese, con ragazzi più grandi e quello che chiamano il Bardo, il suo umorismo, il suo tocco sicuro, la sua tenerezza, il mio primo amante, il nostro addio.
Mi trovo seduta sul letto, la mano sulla bocca, il respiro corto.
La notte fuori è buia, senza una stella e non so come ritrovarlo; poi penso a come lui possa aver trovato me e so che ci rivedremo.

E' sabato sera e sto per avventurarmi nell'ultima giornata. Non ho appetito e guardo le coppie che si abbracciano in un tardivo picnic.
Un auto accosta al marciapiede mentre torno all'albergo, è una Bentley e il sorriso dell'autista mi fa capire molte cose. Il suo autista. La sua auto. Salgo.

- Ti avrei riconosciuta ovunque, sai.-
- Non mi hai detto nulla...-
- Non so, mi pareva di sciupare qualcosa, di banalizzarla...sei sempre così impulsiva?-

Il suo scherzo lieve mi porta a riconsiderare ciò che è accaduto...ciò che avrei voluto, a chiedermi cosa accadrà ora, in questa macchina dai sedili in pelle, dai vetri scuri, discreti.

- Non so, forse in fondo lo sapevo...-

Di nuovo la carezza, di nuovo quel calore insinuante, quell'intimità crescente fatta di silenzi e di desiderio, un sussurro in cui ritrovo la dolcezza della passione della prima volta e l'ansito di chi vuole vivere il presente.
Lo sento pulsare contro la mia mano, lo stringo in una lenta spirale di dita, prima di liberarlo per un istante, solo per catturarlo tra le labbra, in ginocchio tra le sue gambe.
Sussulta al tocco della mia lingua, abbandonandosi contro il sedile, con un sospiro.
Voglio creare nuovi ricordi per quando lui tornerà alla sua vita ed io alla mia, voglio sentire il suo vigore sciogliersi nella mia bocca, ma non ne ho il tempo.
Non è mai stato un ragazzino inesperto con me e come un'ombra dal mio passato ritorna a mostrarmi il suo desiderio, sdraiandomi in modo da avermi aperta sotto di lui, mentre la mia bocca lo accoglie ancora una volta.
La sua lingua gioca nel mio ventre fino a farmi implorare, ma è tanto dolce quanto impietoso, deciso quanto ardente...che malia è questa che ci riunisce così?
Sono quasi incosciente quando finalmente mi prende, riempiendo le mie carni con la sua durezza, possedendomi di nuovo e di nuovo e lasciandosi avvolgere dalle ondate del mio piacere rinnovato.

Dopo un tempo che non abbiamo diviso insieme, un istante di fusione totale, di due corpi che si appartengono, di due ritmi che diventano uno solo, di due respiri che annebbiano i vetri con la stessa umida voluttà.
La notte fuori è fresca, ma l'aria è tersa e il cielo su di noi pare la trapunta che non abbiamo in quest'auto... chissà dov'è l'autista...gesti, parole, risate, tutto si dissolve nelle ore successive a quest'alba ancora incerta che mi vede chiudere la valigia e risalire su un aereo.
Non so come chiamare questo interludio, ma lasciarlo addormentato mi è sembrato come una porta aperta sul possibile. Non l'ho baciato perché è un gesto che presuppone un domani, non gli ho lasciato scritto nulla perché non ha senso.
Sono partita.

Ed ora sono qui, tra le cose di sempre, a ricordare e a guardare fuori dalla finestra, mentre è già sera e le prime ombre scivolano nel mio giardino.

Madkitten

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