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Racconto n° 2921
Autore: Souplesse Altri racconti di Souplesse
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Nuda
Ho sempre adorato il momento che viene dopo l'estasi, il senso di vuoto, il riposo, i silenzi. Il lento ritorno alla normalità. Sono in una bolla nel tempo e nello spazio, uno strano momento di calma, respiro un'aria satura, densa e umida. Mi vedo, di traverso sul letto, con le gambe sghimbesce, un braccio che penzola sul tappeto. Con la testa girata di lato; osservo con distacco un raggio di luce che, attraverso uno spiraglio delle tende, batte sul pavimento, seguo con gli occhi il pulviscolo che ci gira attorno.

Simon mi siede accanto, scruta la mia indifferenza, ride della mia superbia, di quella mia certezza che niente mi può toccare, che niente arriverà mai fino in fondo, a scuotermi dentro.
Tiene la mano appena appoggiata sul mio pube, un dito che accarezza pigro la punta del clitoride.

So che mi sta guardando. Avverto il Suo sorriso, un sorriso che mi annienta e mi stravolge, il cuore prende a battermi forte da far male. Non so ancora cosa vuole, ma già so che lo farò. Lentamente mi scuoto dal torpore, con accettazione silenziosa mi apro, mi offro all‘indecenza. Come Lui mi vuole.
Simon continua ad accarezzarmi piano, senza fretta, con l'indugio che sa mi porterà lontana, nel posto dove Lui sempre mi conduce. Con delicatezza le Sue dita raccolgono le mie prime gocce e le spalmano nuovamente su quel mio briciolo di carne ormai grande quanto una caramella.
E' scientifico, come un chirurgo pronto a operare: stessa calma, stesso distacco. Distolgo lo sguardo dal pavimento. Guardo Simon, incrocio i Suoi occhi. Il Suo sguardo mi inchioda al letto, mi paralizza, e in quello sguardo vedo una realtà vera, solida. Nessuna lotta, nessuna resistenza, solo la resa mi è concessa. Sento l'anima spaccarsi in due. Il mio corpo geme.
Mi prostituisco.
Diabolico affonda le dita in me, le estrae, le rituffa dentro, aggiunge nuove dita, le ruota, accarezza i miei rilievi, mi tira i nervi, me li scuote, mi tortura. Sguaiata scopro i denti, ringhio, soffio, gemo, lo catturo e lo ficco dentro di me, scopo le sue dita, ci monto sopra, le uso come tanti piccoli cazzi. L'orgasmo mi monta e mi scioglie in spruzzi, una fontana di piacere che si solleva e poi ricade su di me come pioggia.

Simon estrae le dita fradice dalla figa, le appoggia all'orifizio dell'ano, con un massaggio lieve, modulato, gentile. Abbandonata e remissiva mi ammorbidisco, cedo lo sfintere alla Sua insistenza. Con forza mi incula a fondo e mi strappa un grugnito lungo, profondo, lubrico.

Apro gli occhi e mi osservo, mi guardo, mi vedo aperta, impudica, spalancata, con un piede avvinghiato alla Sua spalla e l'altro per terra. Non c'è più niente di me, Lui ha ucciso il mio pudore, sono solo carne, una marionetta oscena nelle Sue mani. Abbandonata, con gli occhi persi dentro i Suoi, mi lascio guardare dentro, là dove nessuno è stato mai; è Lui che mi scuote, mi penetra nella coscienza, mi possiede, mi invade.

Simon strappa via le dita dal mio culo. Avida boccheggio. Rituffa le dita nella figa, tutte insieme. Non è più gentile ora. Pretende, vuole. E io sono Sua senza ritegno, senza dubbi o domande. Lo assecondo.
Mi conficca tutte le dita, una dopo l'altra finché sento di essere piena, gravida, con le nocche a premere contro le pareti. Crudele ruota la mano dentro di me, mi strazia, mi viola, mi ferisce, mi abbatte. Un piacere nuovo mi devasta, il mio cuore impazzisce, il mio corpo è una colonna di calore che cola intorno al Suo polso. Mi aggrappo a Lui, Lo graffio, Gli infilo le dita in bocca, Gli accarezzo il viso, poggio la mano sul Suo cuore che batte.

Suadente e spietato arriva al punto della mia resistenza, un rigido anello di carne intorno alla Sua mano, un nuovo imene che sta per lacerarsi, una nuova verginità che sta per perdersi. Ritrovo la mia fragilità nella paura che la pelle possa cedere e squarciarsi.
Ma Simon non conosce la pietà, ride delle mie paure, mi incoraggia, mi incalza, mi rassicura. Mi forza e mi rompe. La mia carne dura si ammorbidisce intorno alla Sua volontà.
Mi costringe a cedere. Mi rovescia in me stessa. Scorre dentro di me, arriva al fondo, a strappare le mie illusioni; la Sua mano rovente si fa un nido, si aggiusta, mi piega.

Il mio grido è un canto di sirena, un canto di oblio e di morte. La mia voce protesta, guaisce, gorgheggia e infine si spegne in un rantolo. Lui mi accarezza e nessuna carezza è mai stata così, un mare di dolcezza mi investe, mi abbraccia e spazza via il tremore, lenisce il bruciore, lentamente mi guarisce.

Attraverso il grembo ferito Lo sento sfiorarmi la cervice e mi sbriciolo in mille fremiti, piccoli singulti, una scossa mi percorre e si insinua in ogni cavità del mio corpo, come se mi stesse accarezzando l'anima maledetta. Sono nuda come non sono mai stata, esposta, indifesa, vulnerabile.

Mi accorgo che sto piangendo, un pianto irrefrenabile, come di bimbo abbandonato. Un pianto diverso, amaro e inconsolabile. Tra le lacrime vedo qualcosa che gonfia la mia pancia, una forma aliena sotto il mio ventre piatto.
Appoggio le mie mani su quella protuberanza nuova, la afferro, la stringo, mi artiglio da sola con le unghie tentando di raggiungerla, di toccare la Sua mano che dentro di me si sposta, si gira, mi viene incontro.
Trovo le Sue dita. Attraverso la mia pelle, teneramente, ci accarezziamo.






















































Souplesse

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