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Racconto n° 3310
Autore: Matilde S. Altri racconti di Matilde S.
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Sfida di volontà
La sedia in lucido legno di ciliegio è in stile impero, rivestita di prezioso broccato viola. I piedi a zampa con artiglio poggiano al centro di un folto tappeto persiano. Un antico letto a baldacchino e un grande specchio dorato appeso alla parete completano lo scarno arredamento.
L'atmosfera austera e solenne domina il silenzio.

La luce soffusa sfiora l'incedere lieve di Monia, accarezzando le lunghe gambe e riflettendosi sulla vernice lucida delle scarpe rosse, dal vertiginoso tacco a spillo. Lunghi capelli color della pece le scendono lisci a baciare il candido collo. La camicia nera ha tre bottoni slacciati, e sulla pelle diafana brilla una croce di granati e onice. Nella mano destra ha una rosa cremisi, dal lunghissimo stelo ricoperto di acuminate spine.
Il ticchettio dei tacchi risuona sul pavimento di marmo, fino a smorzarsi quando affondano sul tappeto. Con una movenza fluida si siede e rimane con la schiena eretta e lo sguardo fisso.
Ti osserva, pensosa e severa.
In piedi, davanti al grande specchio, le volti le spalle. La osservi riflessa e senti lo stomaco serrarsi in una morsa di bruciante desiderio.
Da mesi sogni questo momento. Lo hai immaginato mille volte. Lo hai sognato in preda a pulsioni d'orgasmo. Hai bramato quella carne candida e vellutata.
Ora devi solo voltarti.
Ma ancora esiti.
Fissi lo sguardo sulla mano che stringe la rosa. Le dita sono affusolate, le unghie lunghe sono laccate di rosso scarlatto, la pelle è levigata e sottile e si intravedono in trasparenza le vene.
Gli occhi si trovano dentro allo specchio, si sondano e si incuneano a carpire pensieri.
Affascinato guardi le gambe muoversi sensuali ed accavallarsi. Sembra di assistere ad una scena al rallentatore. La gonna si solleva nel movimento lasciando intravedere l'attaccatura della calza e la giarrettiera di pizzo nero che la sostiene.
Per un attimo intravedi l'eburneo luccicare delle cosce e lo spacco della figa non celato dalla biancheria velata. Solo un sospiro di pelo, uno squarcio della sua intimità che accende immediatamente la tua eccitazione. Senti svegliarsi dentro ai pantaloni il pene. Lo avverti ergersi e scrollarsi dal torpore dell'attesa. Il sangue fluisce a riempire il corpo cavernoso, gonfiandolo di voglia e potenza.

Voltarsi e raggiungerla.

Un solo istante e potresti esserle addosso. Prenderla per le spalle, scrollarla con forza e attirarla sul tuo torace. Mangiarle quella bocca di rosso vestita, strapparle quegli abiti ricercati e inchiodarla per terra con la tua verga piantata nel ventre.
Soccomberebbe, inerme alla forza dei tuoi muscoli possenti, rafforzati dal rabbioso desiderio che freni da tanto.
Ma resti fermo a fissarla, riflessa nello specchio.
Solo silenzio e volontà fra voi.
Gioco di menti perverse.
Gioco nato per sfida, o forse per errore di calcolo.

Risuona aspro il ricordo del diverbio nato alcuni giorni or sono fra voi.
La frase gelida che ti ha sibilato, lanciandoti strali di fuoco con gli occhi :
- Sei come tutti, in ogni femmina vedi un buco da riempire. Un animale che ragiona con l'uccello. Non riusciresti a resistere di fronte ad una figa. Ti ci avventeresti sopra con la bava alla bocca ! -
- Forse sono come tu dici. Ma sicuramente la tua non la vorrei neanche servita su di un piatto d'argento! –
Ti sei lasciato trascinare in una discussione stupida. Tu, che non hai mai avuto atteggiamenti maschilisti, ti sei divertito a stuzzicarla. Ma poi ti sei infervorato, offeso dalle parole di lei.

La bellissima Monia.
La saccente e boriosa figlia del capo.
Entrata a lavorare nell'azienda di famiglia sei mesi fa.
Divenuta, quello stesso giorno, erotico delirio e tormento.

Lei era ammutolita alla tua frase. Attimi in cui avevi capito di aver esagerato. Quando stavi per scusarti e ridimensionare la discussione, lei ti aveva preceduto con una proposta incredibile:
- Perfetto, Diego. Voglio proprio vedere se sai trattenere il tuo istinto. Vieni al castello la settimana prossima. Mio padre è in viaggio di lavoro e io sono sola. Mi spoglierò per te e tu lo farai per me. Se non mi toccherai neanche con un dito, ti chiederò scusa per le mie parole di oggi. Lunedì sera alle nove, ti aspetto. – Poi si era voltata ed era uscita, lasciandoti solo ed incredulo.

Ora sei li e non sai cosa fare: La osservi, valutando se ancora è possibile fermarsi.
Ma la tensione che si respira fra voi è impregnata di ostilità impossibile da squarciare.
E lo scontro prosegue, portandoti sull'orlo del precipizio.
Lei si muove appena, insegue i tuoi gesti muovendo impercettibilmente gli occhi. Dal respiro leggermente affrettato evinci la difficoltà che le comporta l'autocontrollo che si impone.
Una statua di levigato marmo, gelida e regale nel suo dignitoso distacco.
Non puoi perdere la faccia, ti ha lanciato una sfida e non puoi tirarti indietro.
Ti volti e la fronteggi. La sua voce sgrana il silenzio :
- A te la prima mossa Diego. Fammi vedere cosa sai fare per far crollare una donna ai tuoi piedi. –

È veramente una stronza.
Il sorriso beffardo con cui ti guarda smonterebbe un toro in astinenza.

Ma ti diverte ora il suo gioco. La principessa ha trovato un cavaliere a cui piace vincere.
Ti appoggi indolente al grande specchio e la guardi. Sollevi il braccio e le mostri l'orologio, con movimenti studiati lo slacci, facendolo dondolare davanti a lei. Poi lo posi a terra:
- Non ho fretta, la vittoria va gustata lentamente. –
Ti risponde con una piega rigida delle labbra e la voce di ghiaccio:
- Codardo ! -
Le dita di Monia volteggiano e si alzano posandosi sul primo bottone chiuso della camicetta. Lo fanno uscire dall'asola e passano al successivo. Ad uno ad uno li apre tutti, poi tira la stoffa facendola uscire da sotto alla gonna. Ai tuoi occhi si svelano dolci colline ricoperte di pizzo; Intravedi i capezzoli, due boccioli di carne irta che premono il sottile tessuto.

Un sospiro vibra nella tua gola. Lo fermi stringendo i denti.

Lasci cadere a terra la giacca e slacci la fibbia della cintura lasciando pendere i lembi di cuoio ai lati. Passi le mani sulla patta in una carezza lasciva che evidenzia il gonfiore sotto ai pantaloni. Le sorridi ironicamente, facendo un gesto verso di lei come per passarle il testimone.
Sfrontata e maliziosa lei si solleva dalla sedia. Ti volta le spalle e apre la cerniera al lato della gonna, bloccando con le dita la stoffa per poi farla scendere con estrema lentezza. La schiena liscia è percorsa da un fremito. Trattieni il respiro nel vedere emergere l'opulenta rotondità del suo culo, ricoperto dal pizzo trasparente. E lo scodinzolio con cui accompagna la caduta dell'indumento è divinamente erotico.
Resta voltata e si appoggia alla sedia, esibendo il suo fondoschiena con sensuali movimenti rotatori del bacino, mentre le mani si poggiano sui glutei in lievi carezze.

Ti manca la saliva mentre la voglia monta prepotente: Ci sa fare la puttana !
Sei duro come il marmo, ti è impossibile ora nascondere la tua eccitazione.

Si volta e rimane ad osservarti con le gambe leggermente divaricate e il respiro un po' affrettato. Il viso è illuminato da un lieve rossore e gli occhi brillano soddisfatti quando si fissano sulla prova del desiderio che ti ha acceso.
- Pensi di riuscire ad imbrigliare gli ormoni ? Sembri in difficoltà... -
- Tranquilla ragazzina, il mio cazzo è sano e reagisce alle tue provocazioni, ma posso tenerlo a bada. -
Mentre lei si siede accavallando le gambe in una posa estremamente sensuale, sfili la camicia e la levi gettandola a terra. Poi apri la zip dei pantaloni e li togli. Resti davanti a lei esibendo il tuo corpo coperto solo dai boxer elasticizzati che non celano nulla. Infili una mano sotto all'elastico e chiudi nella morsa delle dita il fallo. Sali e scendi sull'asta che si distende e cresce al tocco.
- Vedi ? Per la mia voglia è sufficiente una mano. -
Continui a masturbarti e la osservi.

È bellissima.
Le lunghe gambe si snodano e si allargano.

Una mano scende sul pizzo trasparente delle mutandine e strofina la fichetta vogliosa, mentre la lingua rosea lecca maliziosamente le labbra. Poi il reggiseno vola a raggiungere gli altri indumenti a terra. Resti folgorato dal seno sodo e tondo che punta spavaldo verso di te.
Ora è di nuovo in piedi e lascia scivolare le dita dentro alle mutandine. Segui il movimento nella trasparenza, vedi il cespuglio di peli neri inghiottirle e trattieni il fiato mentre gli spasmi di eccitazione ti si aggrovigliano dentro. Lei muove i fianchi dondolandoli ritmicamente in una danza profana che le fa brillare il volto ed emettere piccoli gemiti afrodisiaci. Lascia una mano a frugare audace fra le gambe, mentre l'altra risale in una carezza lasciva sul ventre, poi ancora più su, soffermandosi in carezze dolcissime sui seni e sul collo, fino a raggiungere il volto. Quando vedi il dito sprofondare nella bocca socchiusa, le gote svuotarsi nel risucchio lussurioso, uscirne filante di saliva con la lingua ad inseguirlo avido, senti le palle scoppiare per la piena impetuosa di sborra che monta. Togli la mano dal fallo e la premi furioso sui coglioni per frenarla.
I suoi occhi non mollano la tua erezione. Vi è dentro un fuoco selvaggio, simile a quello di una leonessa che già assapora la carne della preda, braccata e vinta.
Rallenti il respiro per calmare l'eccitazione. Infili le dita nell'elastico dei boxer e lentamente inizi a farli scendere. La punta lucida e gonfia emerge dal tessuto orgogliosamente. Gli occhi di Monia si restringono mentre segue la stoffa che scende. Lasci cadere a terra l'indumento e sporgi le pelvi nella sua direzione.
Con un movimento rapido lei sfila le mutandine e le stringe nel pugno, vi appoggia le labbra e te le lancia. Le prendi al volo e le avvicini al naso aspirando il suo odore di femmina. Poi le appoggi sul cazzo duro e le usi come un guanto per masturbarti.
I vostri corpi ora vibrano di passione; Pochi passi vi dividono, ma l'orgoglio li tramuta in chilometri.

Gli occhi si incatenano, scopandosi con furia; Le mani, sono placebo dei vostri corpi.

Monia si avvicina: Puoi sentire il suo respiro umido giungere a baciarti la pelle, il suo profumo annebbiarti il cervello, mentre la sua voce diviene sirena tentatrice:
- Prendimi ora, sfoga la tua ferina natura, assaggia la mia dolce rugiada, perditi fra le mie gambe! –
Gemiti spezzati e gutturali le stillano dalle labbra socchiuse mentre le sue dita accelerano i movimenti.
Vorresti sbatterla a terra e chiavarla selvaggio. Vorresti farla smettere di sorridere mangiandole le labbra, farla urlare di passione sotto a colpi furiosi, riempirla con la tua lava bollente.
Ma ti obblighi a sorridere di scherno alla sua provocazione, lasciando alla tua mano l'onere del tuo godere.
- Lo vuoi ? Chiedimi scusa, Monia. – Ti escono strozzate le parole, quasi urlo di animale ferito.
Ma non cedi.
È una femmina indomita quella che ti fronteggia.
Una selvaggia amazzone che spezza ogni dogma e si abbandona alla lussuria dell'orgasmo con fremiti che la scuotono con violenza.

Vederla è sublime.
Non puoi trattenerti oltre.

Il corpo è scosso da brividi incontrollabili mentre senti le gambe piegarsi per la forza dell'esplosione che ti riempie le mani, colando caldo sulla pancia. Uno schizzo violento la raggiunge sul seno e scende latteo e viscoso sulla sua pelle.
Pare la firma di un pittore folle.
Lei vi poggia le dita e ne insegue il percorso mentre si abbandona sulla sedia, esausta.
Ti appoggi allo specchio per recuperare lucidità. Guardi il suo corpo tremante, aggrovigliato sulla sedia, le gambe strette e le braccia avvolte attorno ai fianchi. Il seno scosso dal respiro frammentato e gli occhi chiusi. Ti senti come se avessi affrontato una cruenta lotta: percosso e stremato.
Lei riapre gli occhi e li annega nei tuoi. Sono velati da un liquido lucore, brillano come onice stellato mentre lascia emergere dalle labbra una sola parola, flebile ma chiara :
- Scusami -
Non gusti la gioia della vittoria.
Anzi, ti senti battuto quando la vedi alzarsi, voltarti le spalle e camminare verso la porta.
Si ferma appena vi giunge, si gira, appoggiando una mano sullo stipite, per un'ultima, secca frase :
- Il bagno è quella porta alle tue spalle. Grazie per la bella serata Diego. Io vado a farmi una doccia. Quando vuoi andartene... conosci la strada. –
Se ne va, senza aggiungere altro.
E tu resti solo, appoggiato al grande specchio; Solo, con l'uccello ancora duro e gocciolante; Solo, con il sapore della sconfitta a intossicarti la gola.


Matilde S.

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