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Racconto n° 397
Autore: Melissa Lilymarleen Altri racconti di Melissa Lilymarleen
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L'ostrica
-Stasera sei a cena a casa mia... Ti piacciono le ostriche?-
Non me lo ha nemmeno chiesto, mi ha effettivamente ordinato di cenare con lui. Praticamente un invito a finire nel suo letto dopo cena; e poi si sa l'effetto afrodisiaco che le ostriche producono...ma forse è solo un luogo comune. E comunque subisco poco gli effetti del cibo e delle bevande, non sono certo una che si lascia portare a letto solo perchè ha succhiato la polpa bianca di un ostrica.
Ma la cosa che più mi stupisce è che non mi ha praticamente mai rivolto la parola in questi due anni. Abbiamo fatto parte della stessa commissione solo un paio di volte e anche in quel caso i nostri rapporti erano tutt'altro che informali. Avevamo anche litigato una volta per l'assegnazione di un punto ad uno studente fuori corso e lui cedette quasi subito, senza nemmeno lasciarmi il tempo di scoprire qualcosa in più di lui e del suo carattere. In facoltà tutti sappiamo poco o niente: scapolo e quarantatrè anni. Stop. Ma tutti notiamo il suo fascino, soprattutto noi donne. Un fascino altero, eppure ribelle che ti conquista a prima vista, con quella sua pelle bianca, quasi trasparente, e quei suoi occhi verdi che ti scavano dentro. Poi viene fuori il suo aspetto burbero ed intransigente che agli occhi di tutti lo rende antipatico. Ma non a me, anzi. E' proprio questa sua freddezza che mi intriga e affascina, ma certamente non mi sono mai data da fare perchè lui si rendesse conto del mio interesse. E adesso l'invito.
Alcune colleghe mi avevano detto che erano state a cena da lui qualche volta e mi avevano persino detto che sapeva essere un bravissimo cuoco. Non credetti a queste chiacchiere, sicuramente lo dicevano per acquistare punti agli occhi degli altri colleghi e per destare invidia alle altre donne.
Ma adesso mi ritrovo a balbettare al telefono:-...Le ostriche? Sì, abbastanza. Ma è per stasera?-
-Sì, proprio stasera, alle nove- la sua voce è cordiale come non l'ho mai sentita, sembra quasi che stia sorridendo.
Un imbarazzante silenzio e poi:-Scusa, forse avevi già qualche impegno-
Sorrido anch'io e dico:- No, nessun impegno. Alle nove sarò da te. Devo portare qualcosa? Ti serve niente?- chiedo con la stessa cordialità
Sta un attimo a pensare e risponde:-So che sei esperta di vini... Potresti portarne qualcuno se ti va-
-Va bene,-rispondo-vedo cosa ho in cantina. A dopo-
Chiude la comunicazione senza nemmeno salutarmi e mi chiedo se sto facendo una stronzata nel cedere alle avances di un uomo scostante e lunatico. Ma subito penso che è la prima e forse l'ultima occasione per scoprirlo. La curiosità mi divora. Fuori fra freddo, il vento siberiano porta con sè alcuni fiocchi di neve, ma sono così sottili e così fragili che non appena si schiantano si sciolgono all'improvviso. Indosso una gonna nera sopra il ginocchio, morbida e setosa che accompagna le mie forme, un maglione dalla trama sottile, aderente ed accollato su cui un filo di piccolissime perle trova il suo posto. Lascio i capelli sciolti, stasera hanno una lucentezza particolare, quasi perfetta. Nel momento in cui sto per spegnere la luce mi accorgo che la calza è un pò smagliata, corro in camera, scalzo gli stivali neri con il tacco a spillo ed infilo un altro paio di autoreggenti, nere, in seta, con una balza in pizzo stretta. Il mio gatto si struscia contro il mio polpaccio mentre infilo nuovamente il piede nello stivale e gli dico:-Cucciolo, hai fame?- lui miagola lascivamente e lo accarezzo, rivolgendo uno sguardo verso la cucina. Noto che la sua ciotola è vuota, così sbuffando mi dirigo verso la credenza e prendo la scatola di croccantini; non appena mi abbasso sento il mio sesso sfregare contro la stoffa della gonna e proprio in quel momento mi rendo conto di non aver indossato la lingerie, completamente tolto dalla mente. Mi tocco il petto e sento di non avere nemmeno il reggiseno. Rimango un attimo sbigottita, verso i croccantini al micio e penso:-Stasera mia cara puoi farne anche a meno-
Da quanto tempo non faccio l'amore? Forse da troppo tempo ed è decisamente arrivato il momento di lasciarmi andare. Sì, arriverò da lui senza biancheria intima, mi sentirò più languida ed erotica. E non mi importa se non finiremo a letto, l'importante è aver goduto dell'attesa. Stretta nella mia morbida pelliccia riesco a fermare un taxi, do l'indirizzo e vedo scorrere sotto i miei occhi la città illuminata, immobilizzata dal freddo.
Arrivo sotto casa sua, non l'ho mai vista prima d'ora. E' un bel palazzo antico, dalle mura scrostate e barocche. So che Marcello ha nobili origini, nel periodo in cui presi la cattedra di letteratura russa all'università notai che fra i nomi dei docenti vi era uno con doppio cognome, il suo.
Adesso il mio dito inguantato sta pigiando sul suo campanello. Mi tremano le gambe, e non solo per il freddo. Sento il vento entrare da sotto la gonna, sfiorare come una lama sottile il mio sesso nudo, i miei capezzoli sono solleticati dal freddo.
-Chi è?- la sua voce arriva sicura dal citofono
-Sono io, Chiara- rispondo quasi urlando
L'ascensore sembra una gabbia dorata e io, più che un passerotto, sembro un corvo. All'improvviso mi guardo e mi faccio schifo, sono tentata ad andarmene. Ma arrivo a destinazione, la porta è socchiusa, la scosto ancora un pò ed arriva lui raggiante:-Ho fatto bene ad invitarti, sei splendida- dice.
Un colpo basso, decisamente. Quasi di sicuro sto arrossendo ma forse lui non lo nota, le mie guance sono ancora rosse per il freddo.
-Dai, vieni, accomodati- mi invita con una mano, scacciando quell'imbarazzo che ha fatto nascere.
La sua voce stasera è più intrigante, forse perchè ha assunto un tono sconosciuto, fra il divertito e l'ironico.
In mano ho un Merlot Danzante di Sicilia, ottima annata, l'ho conservato per le occasioni speciali (che sia questa l'occasione speciale??) lui mi dice di poggiarlo sul ripiano della cucina. Mi guardo intorno: davvero un arredamento di gusto, come era facile immaginare. Pochi mobili popolano le camere ampie, un pianoforte a coda occupa il centro del salone, accanto vi è un piccolissimo tavolo rotondo con sole due sedie. Penso che non deve amare molto la compagnia, infatti non ci sono altri tavoli fuorchè questo.
-Hai già cucinato?- chiedo
Lui mi guarda serio e dice:-Sì, non mi piace fare aspettare le mie ospiti. Puoi già sederti-
Che tipo strano, un attimo prima cordiale e divertito, subito dopo scontroso e maleducato.
Mi siedo ed esclamo:-Peccato, sarebbe stato interessante guardarti mentre cucinavi...-
Lui, occupato ad aprire il vino, si volta lentamente e mi guarda. Lo guardo anch'io, socchiudendo lentamente le ciglia.
Cerco di rimediare:-Nel senso che vorrei rubarti qualche ricetta.- dico imbarazzata
Neanche questa volta risponde, poggia il vino sul tavolo e si siede e mi osserva con lo stesso sorriso raggiante di prima.
Solleva il coperchio di un vassoio, all'interno ci sono una ventina di ostriche. Ne solleva un altro e anche in questo una ventina di ostriche gratinate e in un contenitore in terra cotta una zuppa di ostriche sgusciate.
-Prego, inizia pure da dove vuoi- mi invita scrutandomi con gli occhi.
-Mhm...vediamo...Sembrano tutti molto buoni.- osservo i vassoi e prendo un'ostrica che profuma ancora di mare. La poggio sul piatto e con lo sguardo cerco le posate, ma non le trovo.
-Non ci sono perchè devi mangiare senza posate- dice lui senza guardarmi.
-Che significa?- chiedo stupita
-Significa che voglio guardarti mentre con le labbra succhi la polpa- risponde mentre alza lo sguardo gelido verso di me.
Non dico niente, porto l'ostrica alle labbra e comincio a succhiare. Lui non mi guarda, comincio ad odiarlo.
-Fuori fa freddo?- mi chiede all'improvviso
-Oddio, sì, da morire.- rispondo
-Allora perchè non hai le mutandine sotto?- una doccia fredda!
-Io...- non riesco a proseguire
-Deve essere terribile quel vento che entra da sotto la gonna- prosegue lui con aria di sufficienza.
-Se non fai attenzione potrebbero formarsi delle stalattiti fra i peli- continua a non guardarmi.
Questa volta l'imbarazzo e il rossore mi stanno inghiottendo. E sono anche innervosita, irata!
-Marcello, sei impertinente e presuntuoso. Credi che bisogna avere una bella faccia per poter dire quello che vuoi! E credi che un piatto di ostriche possano trascinarmi nel tuo letto!- sto mantenendo la calma con la voce, ma le parole sono forse troppo dure.
-Non ti voglio portare a letto, Chiara- dice penetrandomi nell'anima -sarai tu a portare a letto me-
Mi lascio andare in un riso isterico:-Già, come no!-
Piomba il silenzio. Io continuo a schiacciare la polpa del mollusco con la lingua, contro il palato. Mastico ed ingoio lentamente, comincio a sentirmi un'assassina. La mia gonna è bagnata.
Lui mastica con la stessa lentezza, osservandomi in silenzio. A volte scuote la testa e sorride. Lo odio profondamente. E lo adoro per come gusta il cibo.
Mentre mi versa il vino con il suo sguardo ironico non riesco più a reprimere un gesto pensato da tempo: allungo il piede e con il tacco premo al centro del suo corpo, fra le sue cosce.
I suoi occhi sembrano un attimo perdersi, sento che il suo corpo ha un sussulto. Il mio volto adesso ha un ghigno.
-Cosa vorresti fare?- dice umiliandomi mentre guarda altrove.
Adesso la calma mi ha abbandonata:-Ma si può sapere cosa vuoi da me?? Mi inviti per cenare con te eppure non te ne frega niente della mia compagnia. E sei così sicuro che io voglia portarti a letto! Questo è troppo, per chi mi hai presa??-
E' ancora più calmo di prima:-Fin da quando ti ho sentita al telefono ho percepito nella tua voce la voglia di scopare. Eri sicura che l'avremmo fatto stanotte- sorseggia il vino.
Deglutisco, lo odio per il modo in cui mi ha capita.
-Non è forse così?- chiedo piano, con lo sguardo basso.
Fuori il vento ha cessato di soffiare, nessun rumore a parte i nostri respiri. Il mio è affannato, nervoso, scattante. Il suo è calmo ed implacabile ed è forse questo che fa nascere in me rabbia ed ansia insieme.
La sua voce adesso è bassa, dolce:-Siediti sul tavolo, Chiara.-
Lo faccio, non chiedo altro. Con le natiche cerco di trovare un punto non occupato dai vassoi e dalle stoviglie, le mani sono poggiate sul legno, il mio petto ansima. Comincio a sentire caldo.
-Hai ragione- dice alzandosi e avvicinando il suo viso al mio -è davvero un peccato che tu non mi abbia visto preparare la cena...- il suo sguardo è pericoloso, altero.
Scuoto la testa, la sento pesante, gli occhi sono lucidi e la mia vista annebbiata.
Infila molto lentamente una mano sotto la gonna, accarezza l'interno delle cosce. Io ho un fremito, dalle mie labbra scappa un sospiro e le mie palpebre si chiudono.
-Vuoi proprio sapere come ho preparato le ostriche?- chiede accarezzandomi con il polpastrello.
Non rispondo, sono persa.
-Eh?- chiede più forte premendo il dito ancora di più sul mio sesso
-Ti prego...- riesco a sussurrare.
Sgombera il tavolo, rimango solo io inerme. Alza la mia gonna e comincia a dire:-Quando si vede una bella ostrica ti chiedi sempre se dentro ci sia una perla- accarezza le cosce.
-E vorresti aprirla per scoprire il tesoro, ma nello stesso tempo vuoi che tale tesoro rimanga nascosto.- bacia le cosce.
-Poi la curiosità vince, e con una lama ben affilata la squarti a metà, così- preme i palmi delle mani contro il mio inguine ed apre il mio sesso con un gesto risoluto.
Sento le labbra gonfie, il mio corpo abbandonato, piegato.
-E quando la apri scopri se c'è o meno la perla. Se c'è schiudi le labbra e l'afferri con i denti...- fa lo stesso con me, afferrando il mio clitoride.
Con un filo di voce riesco a chiedere:-E se non c'è......-
Si stacca dal mio sesso e dice con il respiro affannato:-Se non c'è puoi fare solo una cosa: divorare l'ostrica e sentirla scendere fin nelle tue viscere...-
Le sue dita mi penetrano. Una, due...poi perdo il conto. Mi penetra e mi lecca con lingua lasciva e dannatamente lenta. Ed io voglio essere sbattuta, non riesco più a comandare il mio corpo, i miei gemiti, le mie grida di piacere.
-Scopami, ti prego...- dico stringendo forte gli occhi.
Lo sento sorridere, poi il tintinnìo della sua cintura mi fa capire che sta estraendo il suo sesso.
Non apro gli occhi, anche se vorrei vederlo in viso. Ma lo odio e lo adoro troppo per sostenere il suo sguardo. Con una violenta steccata e con un sospiro virile mi penetra e dice:-Sei tu che mi stai chiedendo di scoparti, ricordalo.-
Afferro la sua schiena e lo attiro verso di me: lo voglio completamente dentro, che mi risucchia, che mi lacera, che mi sconvolge. La mia schiena è adesso completamente poggiata sul tavolo, riversa. La sua forma un arco sopra il mio corpo, il suo respiro è a pochi centimetri dalla mia bocca, i suoi occhi mi stanno fulminando, sto per prendere fuoco.
Non immaginavo che avesse quest'irruenza: i suoi colpi sono secchi e decisi, da amante consumato. Chissà se anche con le altre colleghe è finito a fare l'amore sopra un tavolo.
Fra gemiti e sussulti glielo chiedo.
Lui mi penetra a fondo e dice quasi grugnendo:-No.-
Il mio corpo è trascinato da un vortice infinito, torturato da un orgasmo che sembra non finire mai. Impreco, urlo, ma non so cosa dico. Sento il suo sperma risalire lungo l'asta e poi sgorgare dentro di me, inesorabile.
Rimaniamo molto tempo così, il suo corpo sopra il mio, il suo respiro caldo contro il mio collo sudato. Mi bacia su una guancia e dice:-Dormi qui stanotte, fuori fa freddo.-
Annuisco sorridendo, lo accarezzo su una guancia.
-Credi che la tua cantina possa essere trasferita qui?- come per l'invito a cena, anche questa volta non mi ha chiesto di sposarlo. L'ha deciso.

Melissa Lilymarleen

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