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Racconto n° 4030
Autore: Divinecomedy Altri racconti di Divinecomedy
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Sorpresa
La sera del compleanno era iniziata nel peggiore dei modi: due amici avevano dato forfait all'ultimo momento, il tempo sembrava promettere pioggia e la pasticceria con la torta stava per chiudere. Le uniche sicurezze erano quell'abito nero, molto corto, una specie di peplo moderno, tutto plissé, che le tirava fuori le cosce tornite e le contornava i seni come due ali di un angelo della notte, e quei sandali, che da abbinamento perfetto con il piccolo peplo erano due calzari in vernice nera, svettanti, ancora più suggestivi con quelle evidenti cinghie che parevano torturare lo sguardo di chi la incrociava più che le sue caviglie. Perfetta, si era detta guardandosi allo specchio, un peplo da schiava puttanella va con dei calzari da schiava puttanella. In macchina verso il tavolo prenotato nel locale preferito, era arrivata l'ultima notizia: Silvano non sarebbe venuto. Spallucce, non sapeva cosa si sarebbe perso, anche se in cuor suo lei sperava che lui l'accompagnasse a casa e che la scopasse in qualche piazzola sulla via del ritorno, in fondo aveva indosso quelle culotte nere trasparenti e allacciate nella piccola speranza che l'epilogo della serata fosse quello, ma tant'è. Lui aveva capito che quella sera si sentiva troppo figa per farsi delle menate sulla sua assenza, e aveva iniziato a mandarle dei messaggi per tenerla avvinghiata al suo pensiero, diversamente dal fare strafottente che di solito ostentava. Ma presto lei si era stufata, forte anche della compagnia degli amici che sul terrazzino del locale bevevano e scherzavano in allegria. La torta dopo la mezzanotte, la musica giusta, le risate, si ballava di tanto in tanto. Appena quattro persone avevano avuto l'idea originale di farle gli auguri via sms allo scoccare della mezzanotte. Verso l'una, tra un ballo e l'altro si era seduta ad un divanetto per far riposare i piedi decisamente martoriati dai sandali assassini, un'occhiata al cellulare, tre chiamate perse. E il cellulare riprende a squillare:
-Ciaoo Cesare! Come stai?
-Tanti auguri, buon compleanno, ho appena portato la mia ragazza a casa e sto rincasando, pizza veloce oggi. Ti stai divertendo? Si sente un tale casino...
-Sì, è una festa bellissima, ci stiamo divertendo tutti tantissimo, ti saluto, non si sente molto bene!
-Ok, ancora auguri, ci sentiamo presto
-Ok grazie, buonanotte caro!
Ed era ripreso il tourbillon di balli, fotografie, flutes di prosecco. Iniziava a sentirsi brilla, le piegoline dell'abito che le accarezzavano la convessità dei bicipiti, dietro le cosce, le davano piacere, ed aveva anche iniziato a fare qualche battuta un po' più spinta del solito. Mentre ballava, leggermente sudata, lo sguardo era andato verso l'ingresso del terrazzino. Cesare!
Con un fare semiautomatico lo aveva rubato ad un paio di sguardi pettegoli e lo aveva portato fuori dal locale, scendendo le scale velocemente con una mano nella sua.
Fuori di lì lui aveva preso a baciarla appassionatamente, si era macinato un sacco di chilometri per farle questa sorpresa bellissima, e lì fuori, in mezzo alla folla degli avventori, i loro baci stavano dando spettacolo. Qualche sguardo lascivo si posava sul gioco delle lingue, qualcuno sulle dita di lei che gli sfioravano il volto, qualche altro ancora sull'orlo del vestito che si alzava ancora sotto le mani di lui, sempre più pericolosamente, sui lembi delle culotte sollevati e increspati, intuibili sotto le piegoline. Lui le baciava anche il petto, e lei si era decisa ad allontanarsi dai suoi ospiti per qualche minuto, per farsi prendere infine dalla passione con cui lui la stava avvincendo.
Un po' di vento spirava dal mare e portava aria nuova su quelle serrande e su quei muri scalcinati fuori dal cancello, presto sarebbe arrivato l'acquazzone.
La macchina la aveva parcheggiata ad un minuto dal cancello, nascosta sapientemente tra le barche del cantiere lì davanti, sicché potesse essere nascosta dal via vai delle persone, sotto quella chiglia rossastra, smangiata dal vento e trapunta di stucco, odorosa di mare. Con uno scatto lui aveva aperto la portiera posteriore, lei si era lasciata ricadere all'indietro strisciando la schiena sul divano per far spazio anche a lui, per fargli richiudere la portiera dietro di sé. Era sua ora, il peplo abbassato sui seni con due manate veloci, un seno preso e morso all'improvviso, l'altro strappato e impastato con vigore. Lei nel frattempo si dedicava a saggiargli i glutei perfetti e concentrati, prima di aprirgli i jeans dall'urgenza di penetrazione, di sesso, subitanea ed inarrestabile. Era ora nella sua mano il suo uccello, e adesso come se dovesse morire se non fosse stata soddisfatta immediatamente, gli stava sibilando nell'orecchio - Scopami, adesso, scopami - . Lui con due dita le aveva scostato il bordo della culotte, assestandole un colpo profondissimo le dava comunque morte, e ancora morte fintanto che la scopava. L'unico appiglio che le restava per non affondare erano i tacchi, presi ai suoi polpacci. L'urgenza era anche nell'orgasmo, lei aveva iniziato a stringergli l'uccello nella pelvi in maniera precisa, quasi tecnica, a voler portare entrambi al culmine di quel turbine di passione e festa che stavano attraversando; ad ogni colpo più forte, ad ogni sospiro più carnale, in un vapore di sudore e gemiti. Ora era il cazzo di lui che si stava per lanciare verso il non ritorno. Sintonia, ora erano e volevano lo stesso, e in un guaito strozzato, allungando il mento all'indietro, lei infine si era prorotta nell'orgasmo, mentre lui in un ultimo sguardo le regalava il suo, pompandole sborra con le stesse contrazioni con cui lei la cercava, prima di godersi a testa vuota qualche istante di silenzio pneumatico, disturbato solo dal ronzio della folla lontana.
Qualche ultimo dolcissimo bacio, lei doveva tornare dai suoi ospiti. Ritraendosi a fatica era uscita dall'auto, aveva chiuso la portiera appoggiandovisi e aveva raggiunto barcollando il cancello del locale, mentre dalla fica le traboccava ancora sperma.
Si affacciava ad un nuovo anno, si auspicava sorprendente come quella notte.

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