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Racconto n° 4385
Autore: Divinecomedy Altri racconti di Divinecomedy
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Sognando l'Assoluto
Per fortuna l'autobus è semivuoto, così posso alzare un pochino le ginocchia e raddrizzare la schiena usando il sedile accanto al mio. L'alzataccia si fa sentire, ma tornare nella mia adorata Roma è ogni volta un onore che cancella qualsiasi sacrificio. Il paesaggio dauno mi offre pozze di papaveri riverse sulle spighe ancora acerbe, solo qualche sparuto ranuncolo fa loro da timido riflesso. Un'altra pagina del libro, il rullio dell'autobus sulle dolci pendici che preludono a quelle aspre e irpine, e mi sorprendo rapita da un leggero torpore.
C'è di più: le sue carezze di ieri sera sulla mia pelle liscia di hammam, vincono la doccia di stamani e i panni che indosso; lo notavo anche prima mentre trascinavo il trolley, sembrava fossero le sue mani a dirigere le culotte sui fianchi e i jeans sulle cosce, che, per tornite che siano, afferrate da lui sembrano tenere. A pensarci meglio, mi basta che mi guardi perché mi senta d'incanto sgretolare come un pugno di zucchero rigato dallo Shiraz. All'improvviso il suo profumo si sprigiona da un angolo indefinito attorno a me, dev'essere qualcuno che glielo ruba senza dignità o la mia immaginazione che lascia che emani potente dal trench con cui mi sono coperta o dalla borsa che ho appoggiato sotto la testa.

Poco a poco dal limbo del dormiveglia emerge quel nido tra il Flaminio e i Parioli, uno degli angoli più eleganti del Pianeta, una passeggiata su Viale delle Belle Arti, con il verde ancora pregno della pioggia appena finita, salire le scale sul cortiletto che sa di Ventennio, spogliarci piano supplicando che i cavalli della notte corrano più lenti. Mi sovrasta finalmente, le mie dita fuscelli tra le sue, i miei gemiti flebili sotto la sua voce, ogni singolo fonema è maestà se suo, quasi mi dispiace baciarlo per non poterlo ascoltare, i rumori delle lenzuola e della mia pelle che accarezza la sua sono un'orchestra, dove adesso entra lo schiocco umido del suo uccello nella mia bocca. Cerco di serrare bene le labbra ad anello sentendo la perfetta durezza della punta e dell'asta. Ogni movimento spinge il suo corpo un millimetro più giù in gola sicché ne raccolga i desideri più profondi, che con tutta la lingua provvedo vogliosa a spalmargli solleticandolo durante l'affondo. Sono mesi che sogno mi prenda come donna, strano che una missionaria possa rappresentare il proibito, ma quando il proibito è il classico, quest'ultimo è anelato come la più torbida delle fantasie. Geometria primaria questo mio anfratto che sembra nato per accoglierlo, l'angolo è perfetto, posso adesso sentire me che liquida lo avvolgo tutto, perfino la minima venatura del suo cazzo mi è amplificata dentro e mi fa godere. Tramortita in ogni minima parte del mio corpo mi arrendo a venire, le mie braccia che invece che stringerlo dietro le clavicole riescono a malapena a reggersi a lui perché mi sento smarrire in un magnifico baratro. Sono sfatta in tutti i buchi, e mi giro per offrirgli ciò che la fretta ruba al desiderio. Il suo uccello bacia la rosellina all'ingresso del culo, e con un unico colpo sordido mi lacera le viscere. Non potrei sentirmi più sua di così.

L'autista frena bruscamente, il solito cretino in autostrada. Non appena il rullio riprende indisturbato gli occhi mi si richiudono come quelli di una gatta languida.
Ha un modo fantastico di restar duro immediatamente dopo il suo orgasmo, per lasciare che le mie labbra gli coccolino morbide l'uccello, che la mia bocca si lasci invadere da lui fino ad espandermi le guance con la punta, la mia faccia è impiastricciata dell'abbondante sborra che inizia a seccarsi, dopo esser colata sui capezzoli e sulle cosce. Rabbrividisce appena, un rewind and play dell'ultima sua contrazione, stordita dal profumo di sperma resterei per ore da brava a giocare col suo cazzo.

Sono praticamente sola nel cubicolo dei sedili accanto a me. Il clitoride che si sprimaccia, minuscolo cuscino tra i guanciali delle labbra, e i muscoli della mia fica che istintivamente lo chiamano dentro di me sublimano ora colui che vorrei fosse qui. Non c'è aggettivo adesso che possa toccarlo, è il sogno che mi scopa, è lui, è niente di più, niente di meno dell'assoluto. Il dolce torrente dell'orgasmo mi rapisce benché apparentemente stia ancora sonnecchiando.

Mi stiracchio pigra sui sedili, e mando un messaggino al mio adorato compagno di viaggio.

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