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Racconto n° 4557
Autore: Penelope Altri racconti di Penelope
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Contrappunto
Immagini ancora sfocate del week end appena passato.
E' lunedì e i colleghi mi chiedono come sto. Li guardo con aria tranquilla, come rassicurante è la risposta. -Tutto bene, domenica a casa. Di assoluto riposo.-
Penso al letto e alleparole sussurrate all'orecchio. -Come vuoi essere trattata?-
Ma le parole sul letto hanno un sapore diverso da quelle sulla carta.
E scrivere non rende merito ai brividi provati.
-Lo sai che la mia puttana viene di culo. Lo sai vero?-
E come potrei non sembrare oscena se scrivessi?
-E perché la vuoi legata l'altra?-
Apro la pratica e attivo la calcolatrice.
-Quale il gioco che vorresti usare con lei?-
Sorrido di rimando al collega.
-Dieci, nove, otto. . . - Conta i colpi che mi schiacciano il respiro sul materasso.
Suona il telefono. Il direttore chiede di una pratica.
-Non ti masturbare. Non hai il permesso di venire finché non arrivo ad uno.- E riparte da dieci. Mi tremano le labbra.
-Manca la conferma del cliente per poterla chiudere.- La pratica.
L'ho letto il manuale che racconta come si gioca con il potere. Iniziare a viverlo è altra cosa.
-Certo, posso venire adesso, nel suo ufficio, e rimandiamo la chiusura al momento della telefonata.-
Appoggia lento il respiro sul mio collo. -Ora hai il permesso di venire.-
Faccio resistenza e mi arriva una sculacciata. Di traverso, la mano scalda la coscia. Non è forte, solo gioco, questo è il bello.
Il corpo ubbidisce inumidendo il lenzuolo. L'eccitazione troppa. Troppo premuta dalla sua pelle sulla stoffa morbida della sottoveste.
Il fuoco dentro spudorato e devastante. Impossibile per la mia volontà riuscire a resistere. Il desiderio di godere più forte della capacità di controllare.
Salgo le scale dell'ufficio. Appoggio la mano sul metallo del corrimano. Freddo. Che sensazione acuta.
-Non è abbastanza.- Sulla nuca sfilano piano le parole. La fibbia fredda della cintura vicino al collo.
Mi siedo al di là della scrivania antica. Spiegazioni sull'iter seguito. Tutto in ordine, come sempre. Convenevoli di rito. Riconoscimenti compiaciuti.
-Stringi.- E' ancora dentro di me. -Non ce la faccio sono appena venuta.- -Ti ho chiesto se ce la fai? Smettila di fare storie e stringimi bene il cazzo. E poi comincia a raccontare quel che senti.-
E' giovane il direttore. Gentile e ha l'aria del marito affettuoso.
-Sento forte la stimolazione sulla parete davanti, pulsa, umido e caldo. Mi riempi ancora completamente.-
-Sciocca. E' così che si racconta?- Di nuovo lento il movimento per farmi aumentare la voglia fino a quando dalla gola non usciranno tutte le parole. Pronunciate chiare e senza vergogna, l'indecenza resa sacra.
Accosto le cosce mentre stringo . Lui scivola con insistenza, poi torna e mi apre di nuovo.
Le accosto anche seduta sulla sedia, di riflesso, al pensiero della pressione sul culo.
Di sicuro non immagina quel giovane marito innamorato quello che mi passa per la testa.
Mi parla di tassi d'interesse e scadenze. Annuisco con dolcezza.
Le dita avvolgono la nuca. E le parole iniziano ad uscire. Morbide e soffici. Come ogni amplesso, anche quello più famelico.
E poi parole che sanno di liquore e scendono calde nella gola. Insulti che diventano coccole e riempiono lo spazio della mente.
E puttana diventa il nome venerabile di una donna, e porco chi con reverenza se ne prende cura.
Il cliente telefona e con soddisfazione la pratica è chiusa. Complimenti al direttore per l'integrità dell'azienda, la chiarezza e la trasparenza dei collaboratori. Doti difficili da trovare al giorno d'oggi.
-E' così che ti piace essere usata?- Lo sguardo da sotto elettrico in un secondo mentre la lingua passa morbida sul cazzo . Sappiamo entrambi che -chi usa chi?- non ha risposta. Ciascuno ad amorevole disposizione dell'altro. Ciascuno Tutto, pronto a riempire o ad accogliere l'altro.
Guardo negli occhi il direttore : -Ha ragione, essere così trasparenti, fedeli al proprio compito e rispettosi di quello altrui è difficile con la banalità e il pressapochismo che c'è oggi.-
Annuisce lui, sicuro di aver compreso. Ma lui non c'era nei quattro metri quadrati magici di un letto in cui qualche coraggioso rimane fedele a se stesso e sceglie di aderire anche alle pieghe buie del suo essere.

Penelope

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