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Racconto n° 5105
Autore: silverdawn Altri racconti di silverdawn
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La noiosa cena
Queste cene da organizzare all'ultimo momento l'avevano sempre messa in agitazione; per giunta, l'ospite era di riguardo, ricco, raffinato, elegante. Lei, massaia non è, non si sente, non è il suo ruolo; cucinare sa farlo e lo fa, controvoglia; lo fa per lui, volentieri ma non per questo signore. Un pomeriggio di tormenti, rubato a tanti diversi progetti, allo stare da sola, all'aspettare, alla placida armonia della sua casa. Un pomeriggio di forni e fornelli, lavelli, pentole e vivande, un pomeriggio d'impegni come prima d'un esame, senza nessun trasporto per quel suo daffare. Poi la doccia veloce, il vestirsi, truccarsi, scrutarsi un po' dentro per sapere se potrà aver successo. Successo per lui, che ci tiene, che vuol fare bella figura, che tornerà solo dopo ad occuparsi di lei; successo riflesso, come il suo volto nello specchio, come l'occhio che la scruta. Ultimi tocchi anche all'ambiente, ultimi sguardi alla tavola prima che s'apra la porta, prima che egli entri, prima ancora di sapere chi sia... già, chi sarà? Sarà vecchio e panciuto, magari deforme... sarà ricco e famoso, sarà affascinante? Saprà apprezzare, tutto il suo faticare? Magari malato, mangerà solo pane... oppure ingurgiterà tutto, senza dargli alcun peso. Almeno fosse intrigante, simpatico, strano... tutta quella fatica, peserebbe di meno! Fra qualche minuto, fra qualche secondo, la risposta sarà già data, sarà già segnata ma ora? Alcuni ritocchi, le luci, i colori, le sedie, i fiori... finalmente la porta, si apre, entra.
Un signore elegante, affascinante, raffinato; meglio di quanto immaginato, meglio di tutto, esame iniziato. I suoi complimenti, il suo osservarla, il suo sguardo magnetico dietro l'occhiale sottile, il suo sorriso intrigante, sono quasi un successo, da subito.
Finalmente seduti davanti ai piatti che lui apprezza, che lui esalta; parla col marito, è vero ma i suoi occhi la trafiggono spesso, molto spesso. È quasi pentita dell'abito un po' troppo scollato ma, in fin dei conti, non le spiace mica poi tanto, quello sguardo che cade, di tanto in tanto, nel solco dei seni... anzi, più passa il tempo, più quello sguardo è come se lo volesse. Sarà colpa del vino, sarà colpa dei cibi un po' strani che ha copiato dal libro, sarà un po' tutto oppure... è proprio lo sguardo, che tanto le piace. Quanto tempo è che non accoglie uno sguardo furtivo in quel modo? Quanto tempo è passato, da che certi sguardi non la infastidiscono, anziché estasiarla, come stasera? Non si mette a far conti, tanti anni, sicuro. Le sue gambe, le sente, durante i discorsi, attraverso i sorrisi, intanto che lui... le sente, bene, senza ombra di dubbio: tendono a scollarsi l'una dall'altra, a divaricarsi, ad aprirsi. Ad aprirsi ma a che? Sono sotto la tavola, sotto la gonna, sotto, lontane, mica lui può vederle! Eppure le sente dischiudersi, rendersi accessibili, invitare... invitare un qualcosa che neppure lei sa. Istintivo. Istintivo come il bisogno del bagno. Ma resta lì, senza far trapelare, senza rendersi ridicola, senza che lui, per carità, senza che sappia. Il marito, dopo, se capirà, se saprà capire, allora lui la placherà... altrimenti, che altro? Senza un motivo, senza una ragione, tutto quel suo eccitarsi, riempirsi d'emozione... sarà l'esame, sarà il suo sguardo, sarà il troppo bere? E lui? Si sarà accorto di nulla? Si sarà fatto un'idea? Non sarà mica capace di farsi un'idea stravagante? Magari, profittando d'un certo momento, potrebbe persino... no, non è il tipo! Con tutto quel che ha, proprio lei, vuol volere? Qui in casa, col marito presente? Che idea stupida! Ne ha certamente più giovani, più belle, più formose, più disponibili di lei... e a lei, cosa manca? Una sfida? Se fosse per sfida, lo farebbe anche, farebbe vedere alle altre che non le teme, che regge il confronto, che non devono permettersi di sfidarla... se fosse una sfida! Ma non è una sfida, non c'è mica nessuna di loro, lì in casa! Di certo, una sfida con se stessa, con la sua resistenza, messa ormai a dura prova, messa ormai in ginocchio da tutto quel suo allontanarsi dai discorsi, dal reale, dal pratico e quotidiano... un volo pindarico! Come volo pindarico lo può accettare, non è mica realtà, lo può tollerare. Dopo, nel letto, col marito, cercherà di trovare la pace in un solito lento fluire. Lui, l'ospite con gli occhiali sottili, coi capelli brizzolati e ricciuti, lui se ne sarà andato, lontano, per molto. Magari al buio, sognerà che sia lui, non il marito, ma durerà poco, solo un'emozione, poi svanirà, come è giusto che sia. I discorsi degli uomini, però, si fanno d'un tratto più interessanti e lei si trova a seguirne un filo che non credeva possibile, che la coinvolge, che la trascina... sarà sempre colpa del vino!
- Sua moglie è deliziosa, sa... gliela invidio molto. Mi verrebbe quasi voglia di proporvi una cosa strana, ma non so se posso... -
- Ma la prego, qualsiasi cosa, dica pure... -
- Ecco... gradirei moltissimo se lei me la prestasse per un fine settimana. -
E lo disse senza esitazioni, volgendo uno sguardo complice a lei, distogliendo gli occhi dal marito, quasi non gli interessasse più l'effetto delle sue parole su di lui, quasi cercasse solo il consenso di lei; nel suo sguardo non notò troppo stupore, anzi, una strana luce già gli fece intuire, capire.
- Bisognerebbe prima chiederlo a lei, se è disposta a passare un week end fuori casa... -
- Ma lei ha bisogno del suo consenso, per decidere, non decide mica, altrimenti! Lei ci tiene molto, al suo consenso, vero? -
Tirata in causa in quel modo, con gli occhi di entrambi puntati nei suoi, alternando nervosamente l'obiettivo fra il marito e l'altro, si ritrovò a buttare lì alcune confuse parole, istintive:
- Effettivamente... senza che lui... non potrei certo... però... -
- Vede, mio caro, solamente se lei glielo concede, ella verrà con me, se glielo negasse, non avrei alcuna possibilità. Ho una bella villa sul lago, la porterei lì, un fine settimana di vacanza, solo due giorni, non è poi così lungo, un week end ma se lei non gradisce... -
- No, anzi, potrebbe essere un'esperienza interessante, sa? Magari ne sentirò la mancanza ma tre giorni passano in fretta. -
Evidentemente, non poteva rifiutargli nulla, neppure questo; oppure proprio lo divertiva l'idea, di cedere la moglie ad un altro... lei era un po' sconvolta, trascinata dagli istinti, cominciava a sentire dentro sé una strana eccitazione, uno stato d'animo che le faceva varcare soglie mai pensate, mai viste, mai sapute.
- Ma tu ci andresti, con lui, un fine settimana? -
- Perché no, se non ti dispiace... -
- Ma allora è tutto a posto! Venerdì pomeriggio, verso le sei la vengo a prendere. Prima di venerdì non posso, ho appuntamenti serrati... la riporterò a casa entro domenica, sera, naturalmente. Passeremo una bellissima vacanza, non le farò mancare nulla! In questa stagione il lago è bellissimo, ancora si può prendere il sole e la mia piscina è molto bella. Faremo gite in barca e lunghe passeggiate. -
Nessun accenno al sesso... nessun accenno a ciò che avrebbe comportato quel suo essere sua, soltanto sua, per un intero week end, per tre lunghi giorni. Lei sorrideva, mentre lui decantava quella sua casa al lago, seguendo anche l'attenzione del marito, tutta dedita a quel raccontare, senza alcun accenno di sfida, di timore, di gelosia. E se non fosse mai più tornata? Se fosse rimasta con lui per sempre? Se avesse potuto decidere di non tornare a casa? Lui che ne sapeva? Come poteva essere sicuro che la sarebbero bastati, quei due veloci giorni che l'attendevano? Da un martedì sera, quasi mercoledì, ad un venerdì pomeriggio, cosa sarebbe potuto accadere, dentro di lei? E dopo? Ma non riusciva a sfidare il marito, tutto le pareva come un grosso dono, come un tributo alla sua devozione per il marito, al suo amarlo, al loro amarsi... strano dono, si diceva; non pensava più agli affari del marito, al fatto che lui non poteva negare nulla a quell'uomo, al fatto che gli avesse ceduto la moglie con tanta disinvoltura... ora lo leggeva come un dono che lui le faceva. Lo leggeva contento, se non felice; leggeva quello sguardo di lui trasognato nel seguire le parole di quello che sarebbe divenuto il suo amante, altrettanto sereno quando si affogava nei suoi occhi, colmo solo di complicità e ammirazione. In tre anni di matrimonio non l'aveva mai tradito e neppure prima, mentre erano fidanzati; a pensarci bene, non aveva mai fatto l'amore con uno che non fosse lui! L'aveva avuta vergine, prima erano state solo carezze e baci... chissà come sarebbe stato, far l'amore con un altro? Con che spirito, con quale stato d'animo. Certamente era affascinata, eccitata, intrigata da quell'uomo, ma farci l'amore era un'altra faccenda, una faccenda più grossa. Colpa del troppo vino ma era sicura che ce l'avrebbe fatto anche subito, anche lì, anche di fronte al marito, senza tanti preamboli, senza tante inibizioni. Aveva già voglia di star nuda, davanti a lui; se avesse dato retta ai suoi istinti, si sarebbe già tolta di dosso l'abito e lo slip... solo adesso, solo ricordandolo, pensandolo, facendolo presente, s'accorse di quanto s'era inumidito, quel suo slip! Era intriso d'umori come non le succedeva da molto, come le succedeva un tempo, quando era fidanzata, quando lui la guardava e lei si ritrovava gli slip subito bagnati, come ora, anche meno. Era già venuto tardi, lui aveva ottenuto ciò che sperava, il marito di lei buoni auspici per i suoi affari e lei... un appuntamento per un venerdì pomeriggio che sarebbe presto giunto. Non le fu concesso di spogliarsi, non ne ebbe il tempo; salutò quell'uomo senza neppure un bacio, sebbene quel bacio le premesse, pensasse le fosse dovuto. Lui le baciò solo la mano ma la sua voce calda le diede conforto; guardandola dentro attraverso gli occhi, le sussurrò profondo:
- A venerdì, allora... -
- Non faccia tardi, mi raccomando! -
- Sarò puntuale, non tema... -

Attaccata a quelle parole, a quell'appuntamento, a quell'ultimo sguardo, a quel suo andarsene, a quel comportamento anomalo del marito, se ne andò in bagno e si preparò per dormire. Quando tornò in camera, il marito l'attendeva già disteso; la ghermì con lo sguardo e le disse:
- Grazie per aver accettato l'appuntamento, mi hai aperto porte che non speravo di riuscire a passare! -
- Spero tu non l'abbia fatto solo per i tuoi affari, io l'ho preso come un regalo che mi facevi, solo così l'ho accettato volentieri. -
- Sì, certo, anche un regalo per te... avevo capito che ti sarebbe piaciuto, che avresti fatto quest'esperienza. Vedrai, sarà divertente, è un uomo molto raffinato, sai? Saprà darti cose che non credevi neppure di poter desiderare. -
Mentre le diceva questo, lei già si era accasciata accanto a lui, le sollevò l'orlo della camicia scoprendo tutte le cosce, carezzandone i fusi delicati, insinuandosi in mezzo a loro fin quasi alla sommità ma evitando di toccarle qualcosa di più intimo, qualcosa di più sensibile. Si era lavata, è vero, di tutto il miele disperso davanti al suo prossimo amante ma quei discorsi del marito, quel suo carezzarla, quel suo baciarla, avevano già fatto sgorgare nuove rugiade. Se ne accorse quando cominciò a divaricare le cosce sotto le sue carezze, sentendo l'alito fresco dell'aria che la baciava. I suoi baci divennero presto più frenetici e fu lei stessa a cercare la mano del marito per portarla lì in mezzo, perché sapesse, perché capisse, perché ascoltasse tutto il suo bisogno d'essere amata. Non fu come al solito, qualcosa di nuovo aleggiava tra loro, qualcosa di insolito e intrigante. Se ne accorsero entrambi, subito, fin dai primi contatti, fin dai primi baci; nessuno dei due sapeva bene cosa fosse ma entrambi sapevano, capivano. Nessuno dei due parlava, solo si nutriva di questo nuovo nettare che il compagno gli porgeva, in silenzio, un silenzio rotto solo dal suo forte ansimare, dal suono dell'approssimarsi del piacere dell'altro. Questo, ognuno dei due sentiva, solo il suono del piacere che si avvicina, il piacere dell'altro. Ci giunsero assieme, al culmine, all'arrivo, riversandosi in un lungo bacio che li trasportò nel sonno, stremati di tutto, rigonfi d'amore, dimentichi d'ogni cosa, dimentichi anche di lui, dell'altro.

Non ne parlarono più, di quell'appuntamento, fino al venerdì, a pranzo. Ma non fu lei a parlarne. Lei, con se stessa ne aveva parlato a lungo; si era già fatta mille domande, aveva già preparato mille risposte per lui... questa non se l'era fatta, non sapeva neppure perché.
- Allora stasera cenerò da solo, sei felice di andar via con lui? -
- Sono un po' impacciata, amore. Non ho ancora capito che cosa sta per succedere... certamente la cosa ha il suo fascino ma, non è più tutto così chiaro come l'altra sera. Ho un po' paura... -
- Sciocchezze! Vedrai come ti passa la paura, appena lui arriva a prenderti! Hai preparato i bagagli? -
Sembrava che fosse lui a non veder l'ora che la cosa succedesse, sembrava che non volesse capire i suoi turbamenti. Forse lo faceva per rimetterla a suo agio, per non farla sentire così, come lei si sentiva, un po' sgualdrina, un po' donnaccia. A lei parve più un modo strano di spedirla via, di darla in pasto a quell'uomo senza nessun vincolo morale. Fortunatamente lui stesso si accorse dello stato in cui l'aveva gettata e la raccolse, con un lungo e profondo bacio che la riportò di colpo e più tranquilla fra le loro mura di casa... se ne sarebbe fuggita di lì fra qualche ora, con uno sconosciuto, con un nuovo amante ma adesso sapeva che ci sarebbe tornata, che lui l'amava lo stesso, che lui l'amava anche di più. Anche lei si trovò di colpo ad amarlo di più, tutti i timori di quei giorni si erano dissolti e sentiva che era lui che voleva, lo voleva accanto davvero. Non finirono neppure di mangiare, si ritrovarono a rotolarsi allacciati in un abbraccio forte, in una congiunzione d'estasi, in un rogo in cui bruciarono tutte le perplessità che l'argomento aveva portato. Quando se ne andò, per tornare al lavoro, al suo solito, non la salutò come fosse per lungo tempo, un bacio veloce e un abbraccio serrato bastarono a tutt'e due. Il sorriso di lei non mandava segni di disagio, il sorriso di lui era un'intesa, una solida complicità, un lasciapassare che lei avrebbe usato per giustificare tutta la sua assenza, tutto il coraggio che le sarebbe occorso per affrontare quella lunga vacanza.

Il lungo pomeriggio d'attesa cominciò così, con lui che si scioglieva fuori da una finestra, nel lento fluire della vita solita. Prese a fare i suoi bagagli, a prepararsi il bagno, gli abiti da indossare e tutto il resto; intanto continuava a tormentarsi di domande e di risposte che neppure lei capiva. Si rintanò dentro la vasca, si rilassò pensando solo all'acqua che la cullava, si ritrovò a scavarsi dentro, cercando di togliersi di dosso quello che lui le aveva lasciato; si ritrovò bene presto, però, a carezzarsi da sola senza aver nulla da lavare, per il solo piacere di farlo, come raramente faceva. Lì, immersa nell'acqua calda, si sentì sperdersi con gioia, dopo essersi lisciata per parecchio tempo. Non pensava al marito, non pensava all'amante, pensava solo al suo piacere e non le bastò... dopo aver goduto intensamente il primo travolgente orgasmo, continuò a tormentarsi il clitoride e il seno fino a procurarsene quasi un secondo e solo il trillo del telefono la ridestò dal suo sogno.
- Pronto? -
- Sono io, sono già qui fuori, è troppo presto? -
- Ma no... si figuri... un attimo solo, ero dentro la vasca. -
- Bene, non si vesta, voglio assistere a tutto. Voglio consigliarla, voglio che metta ciò che mi piace, a costo di ritardare la partenza! Ho annullato un appuntamento per questo piacere. -
- Bene, allora le apro. Venga. -
Col solo accappatoio addosso, col cuore in gola, andò davvero ad aprire la porta. Col suo sorriso e coi suoi modi si fece strada, ma ella restava un po' congelata. Sentiva l'emozione montare dentro di lei, sentiva l'eccitazione, sentiva che qualcosa la tormentava e non era a suo agio. Ci pensò lui, la prese col braccio, la volse verso la camera e le suggerì:
- Venga, si vesta, altrimenti non partiremo più! -
Come vi giunsero, notando tutti gli abiti già pronti sul letto, tutta la biancheria e tutti gli accessori, si rese subito conto che un suggeritore le avrebbe fatto comodo; c'era roba per vestirla almeno tre volte, troppe, veramente troppe cose:
- Dunque, chiariamo subito una cosa: la biancheria intima è bene che la lasci tutta qui, lassù non le servirà a nulla. Anche durante il viaggio non gradisco affatto che lei la indossi, quindi la eliminiamo subito! -
Perentorio, non ammetteva nessuna replica. Un discorso chiaro, efficace, senza chiaroscuri. Se non glielo avesse fatto lui, quel discorso, lo avrebbe preso quasi come un'offesa ma... lui, con quel suo fare, con quei suoi modi, con quel fascino che emanava... la voleva nuda sotto l'abito, senza slip, senza nulla... il reggiseno non lo portava quasi mai, li aveva preparati per fare bella figura, per avere molte cose addosso, per farsi spogliare con più attenzione ma gli slip! Si era preparata anche le calze e il reggicalze ma lui buttò in angolo anche quello, dicendole che tanto, le autoreggenti, stavano su da sole, senza bisogno d'altro.
Le porse un abito, l'invitò ad indossarlo poi lo ritrasse.
- Se vuol mettersi le calze, e meglio che inizi con queste, l'abito lo vediamo dopo. -
S'era già seduto sul bordo del letto, comodo, tranquillo, come fosse di casa; le porgeva le calze guardandola negli occhi, con il suo solito sorriso, tranquillo, suadente. Lei le prese, stringendosi addosso l'accappatoio che ormai le pesava. Fra tutto il suo accarezzarsi nella vasca e quello strano atteggiamento del suo amante che, dandole ancora del lei, la costringeva a denudarsi davanti a lui con una disinvoltura che ella non aveva, s'accorse che le sue labbra lasciavano tracimare un liquido viscido e caldo e che la quantità del suo miele era quasi eccessiva. Non poteva denudarsi, lui si sarebbe accorto di tutta quell'emozione, l'avrebbe preso per un invito, l'avrebbe costretta ad amarlo lì, nel suo letto! Questo non lo voleva! Non voleva che succedesse lì, quello era il letto di lei e suo marito, non voleva farlo lì!
- Non voglio farlo qui, non mi costringa, la prego... -
- Ma per carità, non ci pensavo neppure, se l'imbarazza vado di là, aspetto che si vesta e poi la guardo, volevo solo esserle d'aiuto... -
Aveva sempre la risposta pronta, sempre la giusta distanza, sempre una parola che la rimetteva in carreggiata e sempre quel sorriso che la metteva solo in condizione di fare ciò che lui voleva che lei facesse.
- Mi scusi, non volevo offenderla, ho avuto solo un attimo di... -
Così dicendo, sciolse il nodo della cintura dell'accappatoio, con un lembo, senza alcun pudore, asciugò la vulva e poi fece scivolare a terra tutto quanto, restando nuda, stagliata contro lo specchio dell'armadio, ben illuminata dalla finestra. Stando in piedi, cominciò a infilarsi le calze, appoggiando il piede vicino alla gamba di lui, sul bordo del letto, per aiutarsi a calzarle meglio. Solo quando lei si drizzo di nuovo, con una mano sul fianco e l'altra distesa, quando fu sicuro del fatto che ella non avesse più alcun pudore, lui le porse l'abito affinché si vestisse.
- Perfetto, non occorre che proviamo gli altri, finisca di prepararsi, io l'attendo di là, in salotto. -
Tutto qui? Non voleva vedere altro? Non avrebbe voluto vederla ancora nuda e poi vestita e di nuovo nuda? Perché? Non aveva fatto buona figura? Il suo corpo non era all'altezza? Aveva fretta di portarla via di lì? Chissà, forse tutto, forse altro... ora, invece di farsi domande, aveva solo fretta di ritrovarselo davanti, di fuggire via con lui, di andarsene... aveva fretta di sentire che lui smettesse di darle del lei, che lui la finisse di trattarla come un'estranea. Aveva deciso di esserne l'amante, doveva pur trovare il modo di avvicinarsi a lui! Finì di prepararsi velocemente e si ripresentò davanti a lui, con la valigia e la borsetta in mano. Lui le sorrise, le prese la valigia, con l'altra mano andò a raccoglierne il fianco e la sospinse verso la porta, senza una parola, sempre senza un bacio.

Neppure durante il viaggio, la baciò; le disse tante cose, sempre dandole del lei, senza mai ascoltare tutto il disagio in cui lui la metteva. Non la sfiorò neppure, sebbene lei fosse quasi certa di essere disponibile, di essersi resa visibilmente disponibile. Anche il suo modo di star seduta le pareva un invito, decisamente volta verso di lui e con le cosce leggermente dischiuse... le teneva così apposta, affinché lui provasse a sfiorarle ma nulla, lui le ignorava. Aveva quasi voglia di sollevarsi l'orlo dell'abito ma se poi lui avesse ignorato anche quel gesto?
Per fortuna giunsero presto alla villa, prima che ella avesse avuto il tempo di meditare troppo, sopra a quei suoi comportamenti; di certo, il suo fascino era grande, riusciva a non darle troppo spazio per pensieri diversi. Solo dopo che ebbero varcato il cancello, lei si rese conto di ciò che le stava accadendo, del fatto che era a casa di uno sconosciuto, col permesso del marito, per passarci tre giorni senza neppure sapere se lui l'avrebbe mai toccata. Durante il viaggio lui l'aveva distratta, lei non era stata in grado di farsi domande ma adesso, lì, con tutto quel suo distacco, le domande se le faceva, eccome! Erano anche inquietanti, come domande, del tipo: e se non mi toccasse affatto? Se non ci fosse nulla che non sia questo assurdo darsi del lei? Se tutto il gioco fosse stato solo quello stupido vestirsi davanti a lui? Come l'avrebbe mai raccontato, al marito? Lui, come al solito, la trasse da ogni impaccio con una sola semplice parola, appesa al suo sorriso mentre le apriva lo sportello:
- Scendi... -
Le si illuminò subito il viso d'un bel sorriso, disteso, rilassato; era finita anche quella prova, l'aveva superata, brillantemente. Nella villa ne trovò subito una nuova, di prova: una signora di cinquant'anni circa li attendeva poco oltre l'uscio e lei, che si aspettava un'assoluta intimità, ci rimase molto male.
- Tesoro, lei è Rosalba, la vera padrona di questa casa; se non ci fossero lei e suo marito a tenerla in ordine, sarei disperato. È anche un'abile cuoca, ti piacerà molto! -
Passare direttamente dal lei distaccato al tesoro era un salto notevole, ma lei lo resse bene; sorridendo seguì Rosalba fino ad una camera, mentre lui era restato nell'ingresso, senza darle alcuna spiegazione. In camera disfò i bagagli velocemente e tornò verso il soggiorno, così, senza cambiarsi. Lui era al telefono, la squadrò subito male ma continuava a parlare; tappò la cornetta e le disse:
- No, non così! Togliti l'abito! Voglio vederti nuda. -
Ella non si scompose più di tanto, se lo aspettava in qualche maniera; certo, mentre lui telefonava, mentre in casa c'era la cameriera e il marito... certo non con quella richiesta, magri se l'avesse denudata lui, magari, finalmente, baciandola... ma obbedì, senza tanti problemi. Tolse l'abito, lo appoggiò ad una poltrona e tornò a guardarlo. Lui non la guardava, guardava fuori dalla finestra, telefonava... allora lei andò verso il suo sguardo, verso quella finestra in cui si sperdeva, affinché la notasse, la vedesse. Si sedette su una poltrona e appoggiò una gamba sul bracciolo, restando scosciata e oscena davanti a lui, appeso al telefono, ma lui restò impassibile, infilò un attimo il suo sguardo fra le cosce, lo passò ai suoi occhi, sorridendo e tornò a guardare oltre il vetro. Un attimo dopo si aprì la porta e un uomo, il marito di Rosalba, entrò nel salone con un vassoio in mano. Lei non seppe neppure se avesse il tempo di ricoprirsi, istintivamente riavvicinò le gambe e tentò vagamente di coprirsi con le mani ma era certa di aver fatto tutto con ampio ritardo, folgorata dall'immagine di quell'uomo che, pareva, neppure la vedeva. Il suo amante, invece, vide tutto e capì; senza mollare il telefono le si avvicinò, cominciò a guardarla intensamente negli occhi e a carezzarle il seno, poi scese, scostò la sua mano che copriva il pube, se ne impadronì e cominciò dolcemente a frugarla, a vellicarla dandole anche il primo bacio, quasi sfiorato sulle sue labbra serrate. Il cameriere si avvicinò, versò del vino nei calici e ne porse uno a lei che si sentì immediatamente soffiare in un orecchio:
- Versatene un po' sul pube... -
Il suo sguardo andò al cameriere che ancora stava lì, impietrito davanti a lei, la guardava distratto e sorrideva; eseguì ugualmente il suggerimento, versò il vino freddo proprio dove cominciava il suo ciuffo di peli neri, avvertì l'intenso brivido scorrere lungo il pube, incrociare le dita di lui e infilarsi dentro di lei con loro. Ne fece scendere ancora un po', cominciando a gemere per tutto quello che le stava accadendo poi chiuse gli occhi e non vide più nulla. La voce del suo amante, però la distolse:
- Sto parlando con tuo marito, lo vuoi salutare? -
Una doccia fredda dietro l'altra ma, tenendo conto che il ricevitore era ben vicino alla sua bocca, lui avrebbe già dovuto sentire tutto quello che stava succedendo; decise di salutarlo davvero, di fargli sentire bene e dal vivo cosa stava provando, di raccontargli tutto, tanto ormai...
Le sue parole non erano tante ma quelle del marito la rassicuravano, la toglievano da un imbarazzo terribile, riuscì perfino a raccontargli, fra i gemiti che ormai erano sempre più fitti:
- ... sai, amore, c'è qui anche il cameriere e mi sta guardando e la cosa non mi dispiace affatto... ora mi guarda giù, in mezzo alle gambe, sorride, gli piace... lui continua a infilarmi dentro le dita, mi bacia il collo, sto per godere, amore, ascoltami, ascoltami mentre vengo... -
Se ne venne veramente, in diretta telefonica, mentre un uomo la guardava intensamente e un altro la carezzava e la baciava. Non riuscì a capire se il marito aveva capito, se l'ascoltava, se era ancora lì, al telefono, capì solo che era successo, che era stato uno dei migliori orgasmi della sua vita, forse addirittura il migliore. Mezza stordita dall'evento, non sentiva più nulla, non vedeva più nulla, l'unica cosa che capiva era che lui aveva posato il telefono, che ora la carezzava con due mani, che presto l'avrebbe presa, che prima ancora l'avrebbe stordita di nuovo. Su questo non s'ingannava, scendendo piano piano lungo il suo corpo, andò a baciarla dove stavano le sue dita, prima. Cominciò baciando tutt'attorno, poi prese a leccarla e succhiarla, a titillarne il bocciolo con la punta, ad aspirarselo in bocca fino a sentirla urlare più della prima volta ma non si fermò, continuò, rovistò, si impegnò a fondo fino a sentirla nuovamente tornata in sé. Allora la guardò dritto negli occhi, sorridendo, senza dirle una parola. Prese i bicchieri dal vassoio e brindò con lei, guardando quasi fisso la sua vulva dalle labbra spalancate e grondanti. Subito dopo la trascinò in sala da pranzo, sempre così, vestita solo delle calze e delle scarpe; la fece sedere, si sedette anche lui al suo fianco, la indusse con la mano decisa a tenere le sue cosce molto aperte e, serviti da Rosalba e dal marito, cominciarono a cenare. Non provava più alcun imbarazzo anzi, sentiva i suoi capezzoli turgidi e sentiva la vulva molto umida ma non capiva se era merito del suo amante che la tormentava o degli sguardi degli altri due; probabilmente entrambe le cose la eccitavano molto e anche il fatto stesso di esser lì, con la voce del marito ancora nell'orecchio, con tutto quel suo solito quotidiano lasciato a casa, lontano. Lo scopo di quella strana vacanza era godere, avrebbe goduto più di quanto riusciva ad immaginare, ora ne era sicura, lo aveva già provato.
Finita la cena la condusse in un altro salotto, cominciò a carezzarla bene, si lasciò perfino spogliare e, finalmente, la prese, lì, sul divano, nella penombra di una lampada da tavolo. Non ebbe modo, lei, di veder molto ma quando l'ebbe dentro, quando l'asta cominciò ad invadere il fodero, quando non finiva più di entrare in lei, capì che non era stata solo un'impressione, che i suoi sensi l'avevano guidata da un uomo che aveva molte qualità, anche quella! E come lo sentiva, dentro di lei, come si muoveva... non riusciva neppure a far paragoni con quello solito, quotidiano, quel far l'amore col marito! D'un tratto le sembrò di non aver mai fatto l'amore con nessuno, prima d'allora... si volle girare, volle cavalcarlo lei, volle che lui le fosse sotto, per sentire ancor di più quel palo enorme dentro di lei; lì, steso sul tappeto, immobilizzato dai suoi movimenti, la guardava, sorrideva, le carezzava i seni dandole il ritmo dell'amplesso. Ella non si curava neppure minimamente della presenza dei due servitori che, sbrigando faccende, vorticavano attorno a loro senza quasi guardarli. Aveva capito che era una cosa normale, in quella casa; doveva succedere spesso. Però, giunta al culmine del parossismo, quando si trovò davanti il cameriere col vassoio che la scrutava proprio lì, in mezzo alle gambe, eruppe in un prepotente orgasmo, coinvolgendo anche il suo amante. Sentirsi riempire dal suo sperma, a fiotti, come da burrasca di mare, con quegli occhi piantati nel sesso, fu per lei una cosa stupenda che la lasciò stremata per diversi minuti. Quando si riprese, il cameriere le porse il bicchiere di cognac, continuando imperterrito a guardare la vulva, offerta senza pudore alcuno. Lui si era già rivestito, già alzato, già fuggito dalla stanza; probabilmente l'attendeva in camera, per continuare, per far l'amore ancora... lo chiese al cameriere ma lui le disse che il signore era andato in studio e non voleva essere disturbato. Bevve un po' di liquore, non tutto, poi chiese di essere accompagnata in camera e lui ve la guidò. Dopo averle dato un'altra occhiata, si ritirò senza richiudere l'uscio. Anche quello faceva parte del gioco, se non si era preoccupata fino a quel momento, perché chiudere una porta? Si infilò nel letto e aspettò che lui venisse a riscaldarle il sonno, a farla sognare ancora ma lui non venne, tutta la notte, non venne... finì per addormentarsi, tormentandosi il bocciolo da sola ma lui non dormì con lei. Al mattino se lo trovò accanto, nudo e già eccitato, mentre toglieva la manina di lei che era ancora arroccata sul pube. Cominciò a carezzarla, a baciarla, a leccarle tutta la pelle e lei si trovò pronta a tutto in pochi minuti ma... ma lui non la prese, quella mattina! La fece godere così, solo con le mani e la lingua, i baci e le carezze. Quasi subito dopo la condusse in bagno, dove Rosalba stava ancora preparando la grande vasca rotonda, la fece immergere lì e la seguì anche lui; Rosalba restò lì con loro, a disposizione per ogni evenienza. Ormai lei si era abituata a quelle presenze e quasi le dispiaceva che non fosse il marito di Rosalba a tenerle compagnia o, magari, il suo, di marito... già, suo marito, se avesse assistito, se avesse visto, se avesse sentito... sentito aveva sentito! Ma vedere, star lì, accanto a loro, sarebbe stata un'altra cosa! Finito il bagno, la signora le porse l'accappatoio, lui si asciugò con un piccolo telo... non aveva perso un briciolo d'erezione e lei si gustava quella vista con un senso tutto nuovo, non aveva mai guardato il marito con tanta cupidigia, lo sapeva anche lei. Non capiva però perché lui non la usasse, tutta quella sua energia, come mai non la prendesse, cosa aspettasse... si decise a chiederglielo, spudoratamente.
- Non è così semplice come tu credi, ho bisogno di portarti molto in alto, molto oltre i tuoi soliti... questo dovrebbe aiutarmi. -
Non capiva nulla di ciò che le diceva ma accettava tutto quello che le porgeva, sempre come un dono gradito. Entrambi nudi si presentarono in sala da pranzo, dove il cameriere gli servì la colazione, complimentandosi con lei per l'ottima cera, ma non la guardava in viso... guardava sempre il suo pube. Per lei ormai era naturale, stava seduta sul ciglio della sedia, con le gambe ben divaricate, con le mani del suo amante che, di tanto in tanto, andavano a ghermire il bocciolo o l'insieme del pube, la coscia, l'inguine o il suo seno e il fatto che un altro uomo la guardasse, era ormai del tutto scontato e le piaceva anche molto, in fondo.

Durante tutto il viaggio di ritorno non si coprì mai il pube, voleva che almeno lui la vedesse, continuasse a vederla e desiderarla, se era in grado.
Giunsero a casa che era quasi buio, il marito era in salotto che l'aspettava, seduto sul divano. Mentre lei si chinava a baciarlo, teneramente, Attilio le sollevò l'abito e la costrinse a disfarsene davanti a lui; la spinse fra le braccia del marito e, senza dirle una sola parola, la trafisse così, da dietro, nella vulva umida che ella gli aveva mostrato per tutto il viaggio e, mentre il marito la raccoglieva fra le braccia, lei stessa, senza alcun pudore e senza che lui le facesse alcuna domanda, cominciò a raccontargli cosa era successo in quei due giorni e, soprattutto, quella domenica. Glielo raccontava ansimando forte, sentendo dentro di lei tutta la potenza di Attilio che, in quel modo, le faceva sentire molto di più la dimensione della sua verga. Anche il fatto di esser presa così, mentre suo marito la tratteneva a se, all'impiedi, da dietro, da un uomo diverso, da uno che ella non vedeva e che poteva anche non essere Attilio... tutto la portava ad ansimare ancora più forte, a sconvolgersi in un orgasmo immenso, in una serie di orgasmi a ripetizione che ella stessa non ebbe più modo di contare, di trattenere, di invocare, di provare... dopo che Attilio si fu scaricato su di lei, sulla sua schiena, non dentro di lei, la lasciò cadere addosso al marito, tramortita. Quando si riebbe, se ne era andato, erano soli, non c'era più nessuno fra loro. Le pareva tutto molto strano, perfino quel suo coccolarla, baciarla, carezzarla... s'aspettava che il marito la maltrattasse, la picchiasse, magari... invece... la portò in bagno, la lavò lui stesso del seme di Attilio, cosparso sul suo sedere e sulla schiena, le chiese se aveva fame. Lei non aveva fame, non di cibo, non ora; la portò in camera e la fece sdraiare sul letto, baciandole tutto il corpo.
- Mi manderai ancora via con lui? -
- Se vorrai, certamente... -
- Mi lascerai far l'amore con lui anche qui, nel letto? -
- Certo, perché no? -
- Mi venderai ad un altro ancora? -
- Tu lo desideri? -
- Immensamente... -
- Allora lo farò... -

silverdawn

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