Il
mio nome è Izabel Nevski. Sono nata a Kaliningrad
il 21 marzo del 1990. Mio padre era un ufficiale russo
di marina e mia madre uninsegnante e traduttrice
italiana, originaria di un piccolo paese della Sicilia.
Ho avuto un'educazione rigida che mi ha di fatto impedito
di crescere libera come tutte le mie compagne di scuola.
A 16 anni compiuti non avevo ancora avuto il piacere
di baciare un ragazzo e il mio unico sogno era un abito
bianco, corto, abbottonato completamente sulla parte
anteriore.
Lo desideravo più di ogni altra cosa, ma mia
madre lo considerò sin da subito troppo audace
e si rifiutò di acquistarmelo.
Così, per la prima volta, decisi di disobbedirle
e in quella stessa estate decisi di lavorare come cameriera
in un chiosco che si affacciava sul mare.
Fu questa decisione a cambiare il corso della mia vita,
facendomi finalmente conoscere il sapore delle fragole.

La mia prima fragola
Il proprietario del bar si chiamava Boris. Era un
uomo corpulento, burbero e anaffettivo come mio padre.
Nella pausa del pomeriggio si rinchiudeva nello sgabuzzino
sul retro, dove aveva una scalcinata brandina. Due
volte la settimana lo raggiungeva Olga, la sua amante,
che gestiva un piccolo chiosco di gelati a pochi passi
da lì. Quando ne uscivano, avevano entrambi
un'espressione provata ed eludevano il mio sguardo,
quasi volessero negare ogni evidenza.
Alla fine di agosto non avevo ancora racimolato l'intera
somma che mi serviva per acquistare l'abito dei miei
sogni e ne era rimasto solo uno della mia taglia.
In quei giorni, Olga aumentò sensibilmente
il numero delle sue visite, un pomeriggio la vidi
allontanarsi in lacrime. Seppi poi che suo marito
era stato trasferito e lei non aveva potuto rifiutarsi
di seguirlo. Boris mi parve molto turbato e divenne
più taciturno del solito.
Una settimana dopo, preoccupata del fatto che qualcuno
mi portasse via l'abito che avevo tanto desiderato,
lo affrontai prima della pausa di riposo e gli domandai
se potesse in qualche modo anticiparmi la somma necessaria.
Sembrò disinteressato alla questione e non
mi degnò eppure di una risposta, lasciandomi
nella disperazione. Due ore più tardi, pochi
minuti prima della pausa di mezzogiorno, mi chiamò
in disparte.
- Posso darti il denaro che ti serve, - esclamò
- ma devi fare una cosa per me senza che nessuno lo
venga a sapere. -
- Che cosa? - gli domandai con un filo di voce.
Attese qualche secondo prima di rispondere, guardandosi
attorno con circospezione, poi mi afferrò per
un braccio e mi tirò in disparte: - Dopo che
avrai acquistato quell'abito, dovrai tornare subito
qui, indossarlo, e sederti sulla mia faccia. -
Così dicendo, prese dalla tasca una grossa
banconota e me la porse, trattenendola con le dita.
Attese il mio cenno di assenso prima di liberarla,
poi mi invitò ad andare.
La felicità di poter correre immediatamente
al negozio attenuò le altre circostanze, lasciandomi
indifesa di fronte a quella strana proposta. Mi ero
già tolta il grembiule per recarmi in città,
quando tornai sui miei passi. - Per quanto tempo?
- gli domandai - Intendo per quanto tempo dovrò
restare seduta sulla tua faccia? -
- Finché ti andrà di farlo, - grugnì
- ma deve restare un segreto tra noi! -
Ero troppo ingenua a quei tempi per comprendere a
fondo il senso di quella proposta, oppure la smania
per quell'abito bianco, troppo corto e audace, mi
aveva privata di ogni pudore.
Lo indossai nel camerino del negozio e usai la sua
scatola griffata per infilarci dentro i miei abiti
da lavoro. Quando tornai al chiosco, Boris finse di
non vedermi. Mi atteggiai davanti al bancone e ricevetti
soltanto un impercettibile gesto con cui mi invitava
a precederlo nello sgabuzzino sul retro. Lo sentii
abbassare la saracinesca e solo allora cominciai a
preoccuparmi.
Quando mi raggiunse, provò a sorridere: - Conosco
tuo padre, - sussurrò - e non mi permetterei
mai di farti del male. Voglio soltanto che ti sollevi
la gonna e ti siedi a gambe larghe sulla mia faccia.
Se farò qualcosa che ti darà fastidio,
ti alzerai e fingeremo che non sia mai accaduto niente
. -
- E il vestito che mi hai comprato? - obiettai.
- Si tratta di un regalo, in ogni caso è tuo
e te lo potrai tenere. -
Fu quel suo modo tranquillo a convincermi. Non volevo
sentirmi in debito con lui e, in fondo, non riuscivo
a collocare la sua proposta tra i pericoli a cui dovevo
fare attenzione.
Boris si sdraiò sulla brandina con la testa
sul cuscino e mi invitò a salire sopra di lui.
- Appoggiati con le mani, - mi guidò - e allarga
bene le gambe. -
Il primo contatto fu tra le mie cosce e le sue guance,
ruvide di barba. Subito dopo mi afferrò per
i fianchi e mi sistemò sulla sua bocca. Lo
strusciare del suo naso sulla parte anteriore del
pube mi fece sentire strana. Era come se una tensione
sconosciuta mi vibrasse dentro il ventre, trascinandomi
su un sentiero proibito. Abbassai lo sguardo e nella
penombra incontrai i suoi occhi.
- Va tutto bene? - mi domandò. Così
facendo, le vibrazioni della sua voce trapassarono
istantaneamente il cotone leggero dei miei slip e
mi provocarono uno spasmo. Subito dopo, percepii chiaramente
la reazione sfacciata del mio sesso che rilasciò
una quantità esagerata di umori. Li potevo
sentire mentre inondavano i miei slip e me ne vergognai
come una ladra. Provai a sollevare i fianchi, ma Boris
mi trattenne a sé, costringendomi a strusciarmi
sulle sue labbra. Quando provai a resistere, percepii
nettamente il contatto con la sua lingua che fece
crollare sul nascere le mie difese. Ora le tensione
nel ventre si era spostata più in basso e tramutata
rapidamente in una forma sottile e insistente di piacere.
Non ero più in grado di resistere.
Boris se ne accorse e cominciò a muovere la
lingua lentamente tra le mie cosce, come se stesse
mangiando un frutto dall'interno. Saltuariamente la
fece scivolare più in alto, dove la percezione
del godimento era più intensa e, pian piano,
si fece una mappa mentale del mio sesso, mentre io
non potevo far altro che ondeggiare i fianchi per
offrirmi meglio ai suoi tocchi.
Il godimento arrivò di colpo, senza alcun preavviso,
e lorgasmo che ne seguì mi fece mugolare
tra gli spasmi, facendomi sobbalzare sulla sua faccia
senza ritegno.
Boris smise di leccarmi quando si accorse che la mia
reazione era cambiata e attese pazientemente che mi
sollevassi da quella posizione che, solo adesso, cominciavo
a considerare disdicevole.
Non mi disse nulla, nemmeno una parola. Si limitò
ad una specie di sorriso e tornò nel chiosco
per riaprire la serranda.
Io invece attesi di riprendermi, cercando di rimirare
la mia faccia nello specchio logoro sopra il lavandino.
Di colpo mi vidi diversa, più donna, appagata
da unesperienza che avevo decisamente sottovalutato,
ma che mi aveva profondamente cambiata.
Non avevo più paura di nulla e tanto meno di
non piacere ai ragazzi. Mi sistemai alla meglio nel
mio abito bianco e abbandonai lo sgabuzzino con una
sicurezza che non avevo mai provato prima.
Boris mi lanciò unocchiata preoccupata
e subito si premurò di chiedermi se stessi
bene.
Lo rassicurai con un sorriso e mi dimenai tra i tavolini
col piglio di chi si è tolta un peso e finalmente
sè liberata dalla bolla in cui era prigioniera
da sempre.
Però, cè sempre un però,
e lo compresi quella sera stessa. Quello era solo
linizio del mio percorso per entrare nel mondo
degli adulti, un mondo dove Boris rappresentava soltanto
il ruolo del traghettatore verso le terre sconsacrate
dove avrei potuto peccare a mio piacimento. In realtà
sapevo poco del sesso e quello era stato il mio primo
approccio un po sconsiderato ma decisamente
piacevole.
Il giorno seguente andai al lavoro con l'idea di ripetere
la medesima esperienza, ma Boris mi mise in guardia.
- Abbiamo fatto una cazzata, - mi mise in guardia
- tu sei minorenne e io ho quasi trentanni più
di te! Se si venisse a sapere, ci troveremmo entrambi
in guai seri. Tuo padre inoltre è un ufficiale
e non reagirebbe bene di fronte ad uno scandalo. -
- Ormai la cazzata l'abbiamo fatta, - lo affrontai
con inaspettata spavalderia - rifarla non cambierebbe
le conseguenze. -
- Ieri non è accaduto nulla di irreparabile,
- insistette - ma non possiamo rischiare ulteriormente.
-
- Solo unaltra volta, - lo affrontai con un
coraggio che non sapevo di avere - poi dimenticheremo
insieme tutto quello che è successo. -
Boris scosse ripetutamente il capo, ma alla fine si
lasciò convincere: - Non oggi. Meglio domani
nella pausa pomeridiana
- sospirò, guardandosi
intorno - ma devi stare molto attenta a non farti
vedere da nessuno quando abbasso la saracinesca. -
- Perché non oggi? - gli domandai.
Boris mi indicò l'arrivo di alcuni clienti
e non rispose alla domanda neppure quando restammo
soli. Lo affrontai di nuovo poco prima della chiusura
serale e questa volta non poté sottrarsi alle
mie insistenze.
- Cè un'altra cosa che devi fare per
me se vuoi ripetere lesperienza dellaltro
giorno. - grugnì.
Non osavo chiederglielo, ma allo stesso tempo ero
pronta ad accettare qualsiasi condizione.
- Voglio che ti radi
- continuò - intendo
i peli quelli del pube. -
- Perché? -
- Perché piacerà di più ad entrambi.
-
Mi liquidò così, senza alcuna spiegazione
logica, e io evitai ogni inutile discussione perché
la sua decisione non mi lasciava alcun scampo.
Senza volerlo, Boris mi aveva lasciato un giorno in
più per riflettere, ma sapeva bene che non
sarei potuta scappare da nessuna parte.
Ero completamente invischiata dal desiderio di sedermi
di nuovo sulla sua faccia, disposta a pagare qualsiasi
prezzo pur di godere di nuovo senza ritegno.
Mentre mi rasavo accuratamente tra le cosce, percepii
la stessa tensione del giorno precedente che mi frustava
il ventre. Per una ragione che ancora non so spiegarmi,
non provai neppure a sfiorarmi, mentre restavo incantata
di fronte allo specchio per rimirare la mia nuda intimità.
Era la prima volta che mi vedevo così, oscenamente
schiusa al mondo esterno, lo stesso che mi aveva sempre
indotto a nascondermi per timore di non piacere.
Ora la mia clitoride sembrava un ricciolo ribelle
che voleva emergere dal resto della giunchiglia carnosa
per mostrarsi finalmente senza tabù.
Provai ad immaginarmi seduta sulla bocca di Boris
ed ebbi un sussulto. Provai inutilmente a resistere,
ma un piacere sottile si impossessò delle mie
dita, costringendomi a darmi pace.
Il mattino seguente arrivai al chiosco in ritardo,
consumata da una notte di bagordi. Boris si accorse
immediatamente delle mie occhiaie e si premurò
di capire se avessi cambiato idea.
- Va tutto bene, - sospirai - per la chiusura pomeridiana
sarò in piena forma. -
- Hai fatto ciò che ti ho chiesto? -
Per tutta risposta mi voltai rapidamente verso di
lui e sollevai rapidamente la gonna. Il cotone leggero
degli slip aderì al mio sesso come una seconda
pelle, mostrandone nitidamente i contorni più
intimi. Boris accennò un timido assenso e riprese
a pulire il bancone con unespressione imperturbabile.
Se fino a quell'istante ero totalmente apatica dopo
una notte di masturbazione compulsiva, qualcosa ricominciò
a farsi sentire ben presto tra le mie cosce ancora
addormentate. Non era ancora una voglia subdola e
piccante, ma un cenno di insperato risveglio in attesa
di tempi migliori.
Ad aizzare di nuovo il desiderio fu lo scorrere inarrestabile
del tempo che accarezzava le lancette del vecchio
orologio, posto sopra la porta dello sgabuzzino. Lidea
di ritrovarmi di nuovo con la bocca di Boris tra le
gambe, mi bruciava come una manciata di sale su una
ferita aperta, e la mia carne cominciò a fremere
di voglia.
Quella interminabile mattina sfidò il tempo,
rendendolo appiccicoso come la gomma da masticare
che tanto bramavo da bambina. Mi accorsi di rispondere
meccanicamente ai clienti senza neppure guardarli
in faccia, perché ogni gesto, ogni pensiero,
erano incastrati sulla vecchia brandina dove avrei
trovato Boris da li a un paio d'ore.
Quando finalmente lo vidi armeggiare con la serranda,
provai un brivido caldo che mi percorse interamente
il corpo. Lo attesi nello sgabuzzino, appoggiata agli
scaffali come un pacco che attende soltanto di essere
aperto. Lui arrivò da lì a qualche minuto,
si tolse il grembiule da sopra limmancabile
tuta da ginnastica e si sdraiò pesantemente
su quella specie di letto traballante.
- Vieni
- sussurrò, con la stessa voce
di un boia che chiama la sua vittima sul patibolo
- questa volta però mettiti capovolta. -
Non avevo minimamente capito cosa intendesse con "capovolta",
ma il mio corpo aveva già deciso di obbedire
a ogni suo comando.
- Con la schiena rivolta al muro, - precisò,
afferrandomi per un polpaccio al fine di aiutarmi
a scavalcare il suo corpulento torace - saremo più
comodi entrambi! -
Non era certo la comodità che stavo cercando,
ma il caldo contatto con le sue labbra golose. Appena
mi sistemai nella posizione richiesta, mi prese con
forza per i fianchi e mi attirò verso il suo
mento. - Chinati in avanti
- fece vibrare la
sua voce profonda e gutturale tra le pieghe del mio
sesso in subbuglio.
Così dicendo, lasciò scivolare una mano
lungo la mia schiena, accarezzò lentamente
la spina dorsale risalendo fino allaltezza delle
scapole e mi indusse a piegarmi in avanti. - Così
finirò per perdere lequilibrio. - lo
avvertii.
- Appoggiati alle mie gambe. - brontolò, tastando
volutamente la mia clitoride con la punta del suo
grosso naso.
Bastò quellinfido tocco per mandare al
diavolo tutte le mie perplessità sulla scelta
di questa nuova posizione. Ora il contatto con la
sua bocca era divenuto più profondo, probabilmente
per la totale mancanza di peli sul mio pube. Gli umori,
liberi di tracimare oltre le pieghe carnose, non trovavano
più alcun ostacolo, se non l'impalpabile cotone
degli slip, già pregni della saliva di Boris.
A differenza della prima volta, la sua lingua andava
ben oltre i bordi elastici e cercava il confine effimero
con la pelle, pur evitando di essere oltremodo indiscreta.
Se lo avesse fatto, non mi sarei certo ritratta perché
ormai ero così eccitata da permettergli qualunque
cosa pur di godere. Nel frattempo, mi resi conto che
le masturbazioni della notte precedente mi permettevano
di resistere di più, aiutandomi a gestire molto
meglio il flusso costante del piacere. In quelloccasione
imparai a sottrarmi all'impeto impulsivo dell'orgasmo
per protrarlo nel tempo, amplificando la sensazione
meravigliosa che lo precede.
Quando credevo ormai di poter controllare ogni cosa
come una donna vissuta, la lingua curiosa di Boris
saettò su quel minuscolo lembo di pelle scoperta,
che separava la parte inferiore del sesso dallinizio
dei glutei. La mia reazione istintiva fu in qualche
modo provocatoria perché contorsi voluttuosamente
la schiena, così da permettergli di andare
oltre.
Mi aspettavo che reagisse di conseguenza, invece indugiò
senza sferrare il colpo risolutore. Mi sarebbe bastata
una frustata più intensa delle altre, magari
sotto gli slip fradici di voglia, ma Boris sembrava
spaventato dall'idea di andare oltre, almeno finché
fui io, sfacciatamente, a spronarlo.
- Infilami la lingua dentro. - Lo esortai, dimenando
i fianchi come un'ossessa.
- Sei una ragazzina.. - sussurrò - non voglio
approfittare di te! -
- Sono io che mi sto approfittando di te! - non so
dove trovai il coraggio di queste parole - Mi sono
toccata per tutta la notte, immaginando questo momento,
e adesso ho l'assoluta necessità di godere.
-
- Se tuo padre
-
- Se mio padre ci sorprendesse in questo momento,
- obiettai con un gesto di stizza - non farebbe alcuna
differenza sapere che la tua lingua sta succhiando
la stoffa fradicia dei miei slip, oppure è
infilata a fondo dentro la mia carne! -
Si arrestò di colpo, come se fosse rimasto
intimorito dalle mie parole. Poi lo sentii trafficare
alle mie spalle per qualche istante, finché
la pressione dellelastico degli slip cessò
improvvisamente. Me li sfilò pian piano, facendoli
scorrere tra i glutei in fermento, poi li lasciò
cadere sul pavimento, insieme al piccolo coltello
con cui apriva le confezioni di birra.
Prima che potessi dire una sola parola, mi ficcò
prepotentemente la lingua tra le grandi labbra e cominciò
a rotearla nervosamente, succhiando gli umori che
fremevano nella parte più profonda.
Ora il piacere si era fatto prepotente, tanto che
non riuscivo neppure a capire dove fosse localizzato.
Chiusi gli occhi in attesa dell'apoteosi e inarcai
la schiena seguendo la pressione delle sue mani forti
e nervose.
Quando arrivò lorgasmo, mi colse impreparata
come il primo botto dei fuochi artificiali che rischiara
la notte senza preavviso. Poi gli spasmi si fecero
sempre più intensi, totalmente ingestibili,
e cominciai a guaire rumorosamente.
- Così ti sentiranno. - provò a zittirmi,
invece di regalarmi le ultime carezze con la lingua.
- Continua a leccarmi, - lo implorai - ancora non
è finito! -
Dopo quella sferzata di estremo godimento, allentai
la presa delle mani sulle sue cosce e mi lasciai cadere
in avanti. Percepii immediatamente il contatto del
suo corpo sudato. Schiusi gli occhi e mi trovai a
pochi centimetri dal gonfiore della sua patta. Se
me ne fossi accorta soltanto qualche istante prima,
quando ancora ero completamente fuori di testa, probabilmente
avrei avuto il coraggio di andare oltre. Non avevo
mai visto il sesso di un uomo adulto ed ora lo percepivo
lì, a portata di mano. Nello stesso istante,
Boris mi sospinse istintivamente in avanti e non potei
far altro che voltare di lato la faccia.
Ora, il misterioso animale che si nascondeva nei calzoni
della sua tuta lo potevo sentire vivamente contro
la mia guancia. Cominciava con una parte molle che
faceva da cuscino al mio orecchio, per poi estendersi
ben oltre lo spigolo delle labbra. Mossi lentamente
la testa, quasi a volerne assorbire la forma e la
sostanza, finché mi ritrovai a definire la
globosità del suo glande, simile ad una grossa
fragola invitante.
Compresi immediatamente il suo desiderio di emergere,
ma l'appagamento fisico e mentale mi impedì
di andare oltre.
A togliermi da quel momentaneo imbarazzo fu il rumore
di un furgone fuori dal chiosco. - Credo sia arrivato
il fornitore della birra, - borbottò Boris,
sollevandomi come un fuscello - devo riaprire subito,
altrimenti se ne andrà e passerà soltanto
settimana prossima. -
Rimasta sola, raccolsi da terra i miei slip strappati
e me li portai alla faccia. L'odore del sesso mi salì
immediatamente nelle narici, facendomi pentire di
non aver voluto scoprire la mia prima fragola.
All'arrivo dei primi clienti, feci notare a Boris
che non potevo aggirarmi tra i tavoli in quelle condizioni.
- Nessuno si accorgerà che non porti le mutande,
- abbozzò un sorriso - e se mai accadesse,
non avrà il coraggio di fartelo notare. Senza
ulteriori prove, resterà per sempre nel dubbio.
-
- Non posso tornare a casa in questo modo. - ribadii.
Prese una banconota dalla cassa e me la porse: - Prima
di rincasare, passa in negozio a comprartene un paio.
La prossima volta però toglietele prima di
sederti sulla mia faccia, se è questo che vuoi.
-
- Hai già deciso che ci sarà una prossima
volta? Non hai più paura di mio padre? - lo
interrogai.
- Anche se sei una ragazzina, sei abbastanza donna
da prendere da sola certe decisioni. Così come
hai fatto oggi, quando mi hai supplicato di infilarti
la lingua dentro la tua bella figa golosa! -
Non lo avevo affatto supplicato
o forse sì,
ma non mi importava nulla di quellinutile dettaglio.
A questo pensavo mentre sceglievo un paio di slip
nel negozio più bello del centro, lo stesso
dove avevo acquistato il mio abito bianco. Ma ciò
che proprio non riuscivo a togliermi dalla testa era
quella grossa fragola, nascosta sotto i pantaloni
della tuta di Boris. Ed anche la sua definizione del
mio sesso mi mandava in visibilio. Mi piaceva la definizione
di "bella figa golosa". Mi faceva sentire
donna, desiderabile e eccitante. Di colpo, in soli
tre giorni, ero passata dal considerarla una farfallina
innocente a un organo prettamente sessuale,
tanto pregno di piacere da riuscire a farmi perdere
la ragione.
Da quellistante sarebbe stata soltanto la mia
figa e avrei cominciato a prendermene
cura, come se fosse la parte più importante
del mio corpo.
Quella sera, chiusa nella mia stanza, provai a immaginare
quella dannata fragola che non riuscivo a togliermi
dalla testa, senza però spingermi oltre a un
impatto di tipo visivo.
Fu questo il mio errore e ne pagai le conseguenze
quando Boris, dopo la chiusura settimanale, mi fece
intendere che mi avrebbe atteso nello sgabuzzino.
- Togliti le mutande, - mi rammentò - e sbottona
completamente il vestito. -
- Preferisci che lo tolgo? - domandai con un filo
di voce.
- Come preferisci, - rispose, cercando il mio sguardo
- vuoi che mi spoglio anch'io? -
- No
no! - mi affrettai a negare la sua proposta
con energia - Non sono ancora pronta per certe cose.
-
- Questo significa che un giorno lo sarai? -
Aspettai a rispondere e, quando lo feci, cambiai argomento:
- Olga era brava a letto? -
- Era brava in tutto, - sorrise - anche se non aveva
un bel corpo come il tuo. -
- Ti sembro così imbranata? -
- Non sai nulla del sesso, - mi raggelò - Sei
troppo giovane e innocente per far godere un uomo.
Tra qualche anno lo capirai. -
Ecco, nella mia visione egoistica, non avevo mai preso
in considerazione che il sesso significasse anche
far godere qualcun altro. Ero convinta che fosse qualcosa
di intimamente personale in cui ognuno pensasse a
se stesso. - Come ti faceva godere Olga? - lo interrogai.
- Probabilmente nello stesso modo in cui tua madre
lo fa con tuo padre, ogni volta che torna da una missione.
Non li hai mai visti scopare? -
Non sapevo nulla del sesso tra i miei genitori e,
sinceramente, non mi interessava approfondire la questione,
perché il solo pensiero mi provocava un conato
di nausea.
Quando lo raggiunsi nello sgabuzzino, lo trovai già
steso nel letto a torso nudo. Il primo sguardo mi
cadde sul gonfiore che era già ben visibile
al centro dei suoi calzoni. Mi sbottonai il vestito,
poi mi sfilai i nuovi slip e, senza che Boris mi istruisse
sul da farsi, mi sistemai sopra di lui come mi aveva
insegnato qualche giorno prima.
Questa volta però non indugiò tra le
mie cosce spalancate sulla sua bocca. Infilò
di forza la lingua in quella che aveva definito la
mia bella figa golosa" e mi trascinò
immediatamente oltre ogni aspettativa. Non si trattava
più di un gioco dattesa, non aveva più
i connotati di ciò che, qualche anno più
tardi, avrei saputo definire come una forma lenta
di preliminare. No, Boris mi stava letteralmente sbranando
senza alcuna reticenza, rallentando la sua stimolazione
solo quando capiva che stessi rapidamente capitolando.
Sapeva bene come provocarmi e, allo stesso tempo,
sfruttava i limiti della mia inesperienza per indurmi
in qualche modo a ripagarlo. Aveva capito che, trascinandomi
oltre un certo grado di godimento, avrei completamente
abbandonato i miei segnali inibitori e sarei rimasta
completamente indifesa davanti alla frenesia dell'orgasmo.
Per indurmi a interpretare il ruolo che aveva preparato
per me, mi allargò le gambe, così da
spingermi ad abbassarmi col corpo sul suo ventre nudo.
Appena i miei capezzoli si appiccicarono alla sua
pelle sudata, mi ritrovai col mento infilato nellombelico.
Pur nella totale confusione dei sensi, intuii dove
volesse condurmi
e mi lasciai istintivamente
guidare. Appena avvertii la pressione delle sue mani
sui glutei, cominciai a fremere di una voglia sordida
e impellente. Mi schiuse come unalbicocca matura,
immergendo le dita nella polpa e subito mi sospinse
in avanti con forza.
Ora non avevo più scampo.
La fronte poggiò per prima sul suo nerbo teso,
trattenuto a stento in posizione orizzontale dai pantaloni
della tuta. Le mie mani si ritrassero all'istante
per non incocciare sbadatamente in quella che cominciavo
a considerare la mia prima fragola. Boris intanto
continuava a slapparmi con energia crescente, alternando
i sapienti tocchi della sua lingua sulla clitoride
che sentivo gonfia come una ciliegia e sensibile persino
agli sbuffi del suo alito caldo.
Lo sapeva bene che gli sarebbe bastata una pressione
più decisa, per trascinarmi giù da quel
precipizio in cui mi aveva incatenata. Ma lui voleva
concedermi lo sfizio che aveva saputo ricamarmi nella
mente, ed aveva deciso di condurmi al punto di non
ritorno.
- Sei vergine? - mi domandò brutalmente, premendo
con entrambi i pollici al centro del mio sesso, dilatato
allo spasimo.
- Cosa intendi per vergine? - risposi senza riflettere,
mentre pregustavo col naso la forma globosa che palpitava
a pochi millimetri dalla mia faccia.
- Qualcuno ti ha già infilato un cazzo dentro
questa bella figa appetitosa? -
- No, - mi affrettai a spiegargli - tu sei il primo
uomo che me l'ha leccata. -
- E in bocca? - insistette.
Per tutta risposta, infilai una mano sotto l'elastico
della tuta, accorgendomi immediatamente che non indossava
le mutande.
- Non morde
- mi provocò, spingendomi
di nuovo in avanti, con una pressione crescente delle
mani sul sedere - se è davvero la tua prima
volta, e meglio che non ti fai scappare l'occasione.
-
La sua lingua spinta a fondo tra le grandi labbra,
emerse fradicia di umori. Immediatamente la saettò
su un lato della clitoride ed io persi completamente
l'uso della ragione.
La rossa fragola mi scivolò tra le dita nervose
e fuoriuscì dalla sua tana sudata. Di colpo
me la ritrovai davanti agli occhi
e la desiderai
come se non esistesse altro nella vita.
Quando trovai il coraggio di stringerla in pugno,
Boris si lasciò andare in un mugolio sommesso.
Immediatamente compresi ciò che mi aveva raccontato
sulle capacità di Olga e mi resi conto di essere
anch'io in grado di concedergli il piacere che bramava.
- Prendimi il cazzo in bocca e succhia! - mi ordinò,
lacerandomi le ultime difese.
Non aveva usato un eufemismo, non si era posto alcun
problema di chiamare cazzo il suo cazzo
e quella
parola coincise con l'inizio della fine.
Ormai il mio orgasmo non era più procrastinabile
e il piacere era così intenso da portarmi via
la testa. Mi lasciai sospingere per l'ultima volta
verso il suo cazzo e inghiottii il grosso glande tra
le labbra senza ritegno. Appena ne percepii il sapore
acre, cominciai a godere di una sensazione sporca
e mi lasciai travolgere dall'onda di piena che mi
bruciava nel ventre. Boris si accorse di avermi trascinata
troppo oltre e, per evitare che lo abbandonassi sul
più bello, sospinse l'indice e il medio nel
profondo del mio sesso ormai lacero.
Questa ulteriore provocazione scatenò un secondo
orgasmo, più interno e carnale, lasciandomi
in balia degli eventi.
Dopo alcuni secondi, senza alcun preavviso, il suo
cazzo si fece duro come il marmo e il glande, stretto
tra la lingua e il palato, cambiò rapidamente
sapore. Un secondo dopo, mi investì la gola
un fiotto caldo e denso
salato e selvaggio al
gusto, che si impadronì delle mie papille gustative
come se fosse il miele di rododendro. Una mano di
Boris, spinta sulla mia nuca, mi impedì di
sottrarmi ai getti successivi.
- Continua a succhiare
- lo sentii grugnire
- e smetti soltanto quando ti lascio i capelli. -
Io invece smisi soltanto quando il mio godimento si
dissolse pian piano, lasciandomi completamente appagata.
Quando mi rialzai dal suo corpo sudato, Boris pareva
morto. Mi preoccupai di sentire se respirasse ancora
e subito mi rassicurò con una sculacciata sul
sedere. - Sei brava quanto Olga, - sorrise - ma se
tornerai qui dentro ancora una volta, farai una brutta
fine. -
- Perché una brutta fine? - domandai, con un
filo di voce.
- Non voglio essere io quello che ti riempirà
di cazzo fino a farti starnazzare come un'anitra squartata,
- esclamò - quindi adesso dimentica cosa è
successo, e cercati un ragazzo della tua età!
Inoltre, prima di decidere di scopare davvero con
lui, assicurati di amarlo e di essere corrisposta.
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