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Racconto n° 1183
Autore: Dunklenacht Altri racconti di Dunklenacht
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Periferia
Al calar della notte si accendevano le luci della periferia.

Erano come le stelle dei miei baci, perduti oltre l'ultima fermata del metrò. Ero così giovane, così ingenua e desiderosa di avventure, che avrei dimenticato tutto pur di vivere l'emozione.

C'erano pochi rumori: erano quelli dei lavoratori che tornavano a casa dopo una giornata faticosa, quelli delle macchine, e dei clacson, sirene smarrite nel cupo della notte. S'udivano anche le voci dei ragazzacci, che facevano chiasso con i loro motorini.

Saliva una nebbia leggera e fitta, fatta per nascondere sentimenti e sensazioni che forse nemmeno io so raccontare. Ma vi assicuro, il cuore mi batteva forte, in quegli anni di gioventù.

A tratti, vedevo tra le fronde dei pioppi qualche finestra illuminata, qualche palazzo lontano, e immaginavo che l'anima mia lasciasse il mio corpo, per guadagnare l'immenso.

E mi venivano in mente le scorribande dei ragazzi delle discoteche, nonché una delle loro ultime avventure, quando per vendicarsi di un tiro mancino avevano fatto bere a Hannika una bottiglia piena di sperma. L'avevano minacciata con catene...

Desideravo le mani di un uomo.

Oh, sì, le desideravo sulla pelle nuda, come la brezza della periferia.

Desideravo due labbra virili sulle mie, due mani e due braccia irsute che mi stringessero e non mi facessero sentire sola.

Ero come una bambola, i lunghi capelli castani che mi ricadevano sulle spalle, indosso portavo il vestitino con la gonna corta, decorato di pizzo, che mi aveva regalato papà.

Anch'io, come molte ragazze, ero una farfalla di periferia.

Capitava che mi fermassi all'improvviso sotto un lampione, e mostrando le belle gambe chiedessi l'autostop al primo automobilista che passava.

Una dopo l'altra, le automobili notturne passavano davanti a me, erano piene di ragazzacci drogati, di ubriaconi, di operai che avevano il turno di notte, o di giovani discotecari che non sapevano più che ora fosse.

Una volta passeggiavo da sola in periferia e una macchina si era fermata improvvisamente accanto a me.

Un tizio dall'aria virile e un po' volgare, che era al volante, si sporse dal finestrino e mi disse:

- Ehi, biondina, ci vieni a fare un giro con me? -

- Ma per chi mi hai presa? – risposi.

- Per una che mi ha rubato il cuore dal primo momento che l'ho vista. Dai, salta su, salta su che ci facciamo una bella trombata! -

- Non sono mica una di quelle! -

- Dai, sbrigati, non farti pregare... O preferisci darmi un appuntamento? -

Mi aveva presa per il braccio e quasi mi strattonava, ma io provavo piacere, anzi, portavo quella mano bruta sul mio petto nudo e ansante, cercavo di sentirla sulle mie curve sinuose, sulle mie spalle scoperte, sulle mie braccia bianche che non desideravano altro se non il tocco di un uomo.

Mi accorsi che non faceva altro che guardare le mie splendide scarpette blu, col tacco a spillo, oh, sì, quelle che mi aveva regalato papà.

Poi, se ne andò, senza dirmi altro, lasciandomi sola e un po' impaurita. Era stata come una visione.

Le luci della periferia inebriavano i miei occhi.

Oh, no, davvero, io non vi saprei raccontare il bagliore sommesso e magico di quelle stelle della notte!

A volte, vi passava il metrò.

A volte, zingara della notte, mi capitava di vedere una Vespa parcheggiata in un angolo, sotto i tigli, dove nessuno avrebbe potuto vedere. In sella c'era una coppia giovane e affiatata, intenta a consumare un amplesso sfrenato.

Oh, sì, lo facevano sulla moto, scopavano come animali notturni, lei stava a cavalcioni sopra di lui, che aveva i calzoni abbassati, e gridava di piacere. Aveva la gonna alzata sopra la vita, per il resto era nuda, si vedevano le tette grandi che sobbalzavano a ogni colpo.

- Dai, dai, più forte – diceva la ragazza. – Sfondami, spaccami, avanti, così... -

Non si accorgevano che un muto spettatore femminile li osservava nell'ombra.

Mi nascondevo dietro un cespuglio, e restavo a godermi la scena appassionata toccandomi avidamente fino all'orgasmo. Li vedevo così affiatati, su quella vecchia moto, che tintinnava e cigolava, magicamente.

Non mi avevano mai scoperta.

Oh, ma perbacco, anch'io, come vi dicevo, ero una delle farfalle di periferia, uno dei fantasmi che abitavano tra quegli astri incantati e sospesi, ai limiti della città.

E quando andavo in giro tra la gente di notte, in cerca di avventura, avevo sempre il rossetto sulle labbra, ed ero pronta per baciare.

Potevo capitare in qualche locale notturno un po' fuori mano. Allora, mi sedevo tutta sola su uno sgabello, in modo da poter mostrare a tutti le mie belle gambe, di solito velate da belle calze a rete, e bevevo il mio Martini scrutando tutti i maschi intorno a me.

Una volta, portavo con me anche mio fratello, che mi accompagnava durante le mie allegre e magiche scorribande in periferia. Poi, però, lui se ne andò per lavoro, e mi lasciò sola e affiatata.

Poteva accadere anche che qualcuno mi invitasse a scopare nel bagno di un bar. Ah, quante volte era successo! E io, mezza ubriaca, accontentavo ogni voglia dei miei corteggiatori. Però non permettevo loro di approfittarsi di me.

Mi prendevano per di dietro, in piedi, e io mi reggevo con entrambe le mani sul lavandino, o mi appoggiavo contro la parete. A volte, mi sfondavano.

Oh, perdonate, perdonate queste espressioni un po' sconce, che mal si addicono alle labbra dolci e affettuose di una ragazza di vent'anni!

Una volta riuscii a farmi dare un passaggio da un camionista. E fu come provare il piacere e il fascino del mistero, del proibito, del perverso, ve l'assicuro.

Ero così sfacciata con lui!

Ero appena salita che già accavallavo maliziosamente le belle gambe, tiravo su la gonna, già piuttosto corta e aderente, lasciando immaginare al mio uomo che non portavo le mutandine.

La strada era asfaltata male e il camion sobbalzava. Di conseguenza, anche le mie tette grandi e sode sobbalzavano.

Di tanto in tanto, il camionista, uomo virile e abbronzato, dai mille tatuaggi, ed alquanto irsuto, mi chiedeva le solite cose, se ero di passaggio, da dove venivo, che cosa ci facesse una bella ragazza come me, a quell'ora, in un posto così deserto, se mi si era rotta la macchina...

Ah, perdonatemi, ma io avrei voluto rispondergli che ero in cerca di avventura, di emozioni nuove, e che non mi sarebbe poi dispiaciuto molto se prima o poi m'avessero addirittura violentata. Erano anni in cui desideravo il piacere!

Ero sfacciata con lui, vi ho detto.

E così, tutt'a un tratto, mentre chiacchieravamo ancora del più e del meno, gli chiesi se voleva scopare.

Rispose di sì. E allora fermò il camion nel primo posto appartato che poté trovare, io mi sollevai la gonna sopra la vita e lo invitai a venirmi dentro. Fu fantastico, mi scopò allegramente, sul suo bestione della strada.

No, davvero non so raccontarvi le sensazioni che mi dava il suo sudore addosso, il suo fiato pesante e maschile, la sua mano fatta per la fatica e i cazzotti.

Mi scopò da camionista, e vi assicuro che sembrava non stancarsi mai. Mi volle per due volte di seguito, e alla fine mi chiese di baciarglielo, per lasciargli un bel ricordo.

E le belle stelle di periferia brillavano sempre... Erano luci di passione, non lontane dall'ultima fermata del metrò.

Dunklenacht

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