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Racconto n° 1379
Autore: Donar Altri racconti di Donar
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Te la dico io la verità...
Il consiglio di amministrazione della mia società, Delicatessen Spa, stava per riunirsi. Belle figliole e sedicenti impiegati al tavolo della riunione.

Io, l'oggetto della seduta! Troneggiavo nel bel mezzo del tavolo, dentro un cofanetto elegantemente confezionato dalla grazia e dal prestigio delle impiegate: il prodotto di una nuova lunga ricerca, un prototipo per il mercato!

Finalmente l'ingresso dell'amministratore delegato, con il codazzo degli ammiratori, al seguito della più bella donna che una società di produzione di profilattici potrebbe mai desiderare: Gisella, la rossa!

Molto soddisfatto, entusiasta del mio capo in gonnella, inseguivo l'idea di un possibile test proprio con lei, anche se le solite ragazze del reparto collaudi, non mi avevano mai deluso. Semmai erano le prove di resistenza che non sopportavo, ma ero largamente compensato dal calore e dall'accoglienza delle mie preferite: la Caterina (Later), la Federica, la Monica (Sveltina), l'Assuntina (Infinity), di cui conoscevo ogni singola caratteristica dei relativi pertugi genitali.

Fu presentato il logo d'apporre alle confezioni che avrei dovuto adottare, con il nuovo spermicida, più delicato, meno invadente, nella confezione igienica, saldato fra due sfoglie di carta plastificata antigraffio. La riunione iniziò per assegnarmi un nome adeguato, dopo il leggendario HAbemus TUtorem, pregustavo l'idea per un titolo ammiccante, intrigante, quantomeno gradevole alle signore...

Purtroppo, la comunità degli umani è sensibile alle sirene del guadagno - presto e facile - : mi venne attribuito, con poca gloria, un nome da prodotto d'industria, - Sensibile - , con gli aggettivi del caso (extra, fine, super etc), per i diversi modelli che dovevo rappresentare.

Per le pressioni del presidente, finii per essere accolto nella borsetta della mia amante preferita, lei, la Lella, quel gran pezzo di figliola di cui mi onoravo esser devoto servitore.

Nel tratto di strada che va dall'ufficio a casa sua, mi rigirava tra le dita nell'involucro incolore, anonimo, orfano ancora della confezione finale di vendita. Ero emozionato all'idea d'essere indossato da uno strumento importante, non esagerato. Disdegno le misure extra strong per la cattiva e sgradevole sollecitazione cui vengo sottoposto. Tollerante con le taglie straordinarie dei neri, quando vengo usato in ambienti adeguati. Mal sopporto invece, l'uso, da parte di zitelle bigotte e inacidite, che per l'emozione di un amplesso, sempre rimandato, sdegnato e rifiutato in gioventù, si adattano, con molto ritardo, in preda ad una delirante eccitazione, a qualsivoglia oggetto di penetrazione, infilandomi su carote, zucchine, banane acerbe, o vibromassaggiatori vari.

Trascuro qui tutti gli altri scopi cui vengo sottoposto, nessuno dei quali può considerarsi nobile, tantomeno utile, come la destinazione all'ormai abusato e piuttosto volgare gavettone da spiaggia. Oppure come omaggio scherzoso e ridanciano di palloncino, legato in segno di disprezzo sulle auto dei novelli sposi, pensando, gli ingenui, d'indossarmi mai più!

Abitudini e costumi da scoraggiare, soprattutto verso le nuove generazioni che dovrebbero apprezzare le mie qualità, per cui venni creato, dal suo inventore, dopo la scoperta dell'America: quel Gabriele Falloppio, medico, che nel sedicesimo secolo (1560) scoprì anche le trombe che da lui presero il nome.

Buona educazione da promuovere per la funzione sociale e culturale che propongo, per quel piacere unico che esalta il massimo dei godimenti dei sensi.

La donna dei miei sogni, non deluse i miei desideri, si scelse Anacleto come amante di turno, uno degli impiegati della mia società. Un bel ragazzo, giovane, che si presentò all'appuntamento, subito dopo il lavoro. La versione ufficiale era per una seduta commerciale, scopo, valutare, tramite distribuzione del campionario, il successo nelle farmacie più prestigiose, nei negozi di strumenti medicali e sanitari, negli studi professionali di andrologia e ginecologia.

Senza preoccuparmi troppo dei preliminari, mi sentii sollecitato e stropicciato dalle mani che desideravo di più: le delicatissime dita della Lella, dalle unghie laccate di rosso notturno. Mi stavano sfogliando, srotolando sul glande di quell'esemplare di sesso nostrano, di taglia media, lindo e lavato per l'occasione, dalle premure della donna dei sogni. Sentivo i residui della sua saliva, immaginandomi, quanto quella creatura poteva essersi prodigata. Fui soddisfatto quando raggiunsi la sua massima estensione. Avrei potuto esaudire anche una taglia superiore, ma non era il caso di mortificare l'amico, volevo la sua attenzione e tutte le sue risorse.

Mi sentii strizzare il serbatoio, e mi ritrovai nella... selva oscura!

Eh no ragazzi, capireste male, mi stavo introducendo nel più bel nido che nessun altro uccello potrebbe mai realizzare! Conosco il mio mestiere, esperto di cunicoli ed orifizi, antri e caverne, e quella che stavo visitando, procurava le più incredibili emozioni. Se poi vengo trattato con cura, riesco ad appagare ogni tipo di utenza.

Mi irrito facilmente invece, per le femmine sbadate, che volendo mostrarsi esperte e premurose, mi gonfiano prima d'essere indossato. A volte m'incidono perfino con le unghie. Oppure con i frettolosi, che mi usano dalla parte sbagliata, senza seguire il verso dell'orlo da svolgere, compromettendo lo spermicida e l'elasticità del lattice stesso.

Stavo osservando, come fosse la prima volta, l'ingresso di quel capolavoro della natura, che generazioni di poeti e di scrittori non hanno ancora abbastanza celebrato ed immortalato. Cercavo la volta del padiglione da strofinare, sollecitato dall'amico che sentivo agitarsi per il gradevole su e giù. Vedevo l'ingresso uterino, arrossato per l'eccitazione. Stimolavo la cintura delle ghiandole escretori ai miei fianchi, per lubrificarmi proprio dove il liquido spermicida mancava. Procuravo piacere al sesso che m'indossava, sentivo le sue iniezioni lubriche di secreto, soprattutto la grossa vena spermatica che mi pulsava lungo tutto il percorso.

Spesso mi succedeva, per la foga del mio anfitrione, di uscire da quella custodia, e per la fretta di recuperarmi all'orifizio in uso, si trastullava a puntarmi il capino nell'altro foro. - Ehi ragazzo, non ti ci provare, nontici... - sono nobile di tempra e di lignaggio, per venir sottomesso ad un retto dai malefici umori, invischiato ancora di pezzettame flottante, per quel residuo molcendone dell'evacuata putredine. Indulgendo all'abusato volgare, si direbbe, senza frizzi e senza lazzi, un - viaggio di m... -

Mi perdonino i gaudenti ed i benpensanti, per la concessione all'etimo classico dei lemmi e delle locuzioni.

Presto arrivò il dilagante piacere, che purtroppo mi provoca quei fastidiosi attimi di apnea, per non saper dove riporre, nell'immediato, tanto liquido, per l'impreparato invaso rimasto a lungo sgonfio e dimenticato. Ma l'ansia per una fine ingloriosa, che spesso mi prende in occasione di taglie straordinarie, è sempre di breve durata e spesso mal riposta. Le cure dell'amante, che non vorrebbe veder tracimare alcuna goccia del moccicoso e meschino inquinante, sono per un rapido ed efficace ritirarsi...

Benedetto dalle femmine, meno dai maschi, subisco però la peggiore delle umiliazioni, confinato fra l'immondizia nella pattumiera, o nell'ecquoreo liquame del cesso.

Arrivò infine il giorno più atteso: erano pronte le confezioni per la distribuzione. E come da progetto, fui messo in bella mostra sui banchi delle farmacie migliori. Guardavo con desiderio i potenziali clienti, cercando di mostrarmi alle belle signore, ai prestanti giovanotti, e per quanto mi proponevo, altrettanto venivo scelto.

Potrei raccontare di minorenni, imbarazzati e vergognosi, chiedere sottovoce il modello più economico. Oppure quell'altre signore, prima della chiusura, fare incetta dei pacchetti, pretendendo lo sconto quantità. Con queste ultime, devo comunque mostrarmi indulgente perché proprio da loro deriva il rischio dei mali peggiori. Uomini abbondanti e uomini scarsi, dove i primi mi strapazzano per una copertura totale, mentre i secondi mi usano solo per metà lunghezza, compromettendo tutti, elasticità e aderenza.

Capitavo nelle tasche di femmine avvenenti, che mi acquistavano, in segreto, per concupire gli amanti. Oppure dalle novelle mamme, per non rischiare un'altra gravidanza, concedendosi ai compagni irrequieti. Potrei rammentare anche le compere dei curati, preti e prevosti, senz'abito talare, sempre sotto mentite spoglie. Insomma una fauna variegata di utenti, tutti dediti ai piaceri del talamo, alcuni imbarazzati, altri fieri di dichiarare i segni della virilità.

Ma il ricordo torna sempre alle mie donne, alle collaudatrici esperte, che m'indossano con perizia, nella più bella fabbrica del mondo: quella dei sogni e dei desideri per l'ineguagliabile nido d'amore...

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