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Racconto n° 1467
Autore: Cesare Paoletti Altri racconti di Cesare Paoletti
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La montagna
LA MONTAGNA

Nella luce del mattino il Cervino si stagliava imponente contro il cielo azzurro, monumento della natura, meraviglia di roccia, ghiaccio e neve, opera sublime del divino creatore. Piramide possente e immobile nel blu. Laura camminava sul sentiero che correndo in mezzo ai prati conduceva al rifugio, situato proprio ai piedi della grande e nobile montagna, in una splendida giornata di luce che esaltava forme e colori delle cose, e tutto pareva splendere nel caldo bacio del sole, e vivere di nuova vita.
Laura ammirava quella bellezza sovrumana che la circondava e nella quale era immersa. Anche lei apparteneva al Regno della Bellezza, e la sua bellezza era parte integrante della bellezza nella quale si muoveva e viveva. I lunghi capelli biondi si stendevano come un vestito dorato ai lati del viso e del collo, fino a raggiungere le spalle rivestite da una maglietta rossa a maniche corte. Il volto era quello di un angelo, e pareva quasi immateriale, tanto era bello. Splendeva nella luce e pareva farsi luce, e i suoi contorni delicati sembravano confondersi con la bellezza della natura, fino a diventare una cosa sola con essa. E i tratti ricamavano una figura ovale allungata che terminava nel mento appena accennato. Viso d'angelo. Di una bellezza semplice e completa nella sua semplicità. Una bellezza che non aveva bisogno d'altro, e bastava a se stessa. Il naso era piccolo, leggermente rivolto all'insù, perfetto nel disegno, centro geometrico di quel sole che splendeva nel sole. E gli occhi grandi e azzurri come il cielo davano vita e luce a quel volto di Madonna che pareva uscito dalle mani di un grande pittore del Rinascimento, o di Dio. Attraverso di essi si esprimevano la gioia e il sentimento di meraviglia e di stupore che come un fiume sgorgavano dalle sorgenti del cuore.
Sopra la maglietta rossa lo zaino, con la borraccia dell'acqua, un paio di panini, una giacca a vento per l'eventualità, non infrequente in montagna, di un cambiamento improvviso del tempo. Ma nulla lasciava immaginare che quel Paradiso di luce e di purezza potesse svanire. C'era qualcosa di eterno e di definitivo nell'armonia di quei monti che riempivano di sé il cielo, e di quel cielo che accoglieva nelle sue profondità infinite la potenza e la forza delle montagne. E i boschi silenziosi e misteriosi. E i prati verdi nei quali veniva voglia di immergersi come in un mare, e con i quali si sentiva il desiderio di fondersi, di essere una cosa sola. E la voglia di abbracciarli, di contenerli dentro, di viverli nell'anima. E la sensazione di essere uno con il tutto, di appartenere a quella bellezza immensa e di averla dentro, e di vivere in essa. E i fiori che punteggiavano i prati di mille colori. Piccoli capolavori del divino artista, che in essi sembrava aver liberato la sua infinita fantasia.
E poi il silenzio rotto dal rumore dell'acqua, che scendeva dalle rocce limpida, trasparente, pura. Acqua che usciva dal cuore e dall'anima della montagna, e che della montagna era la linfa vitale, l'energia che sgorgava copiosa donandosi.
E su tutto una grande pace. Una grande e luminosa pace.
Laura camminava solitaria nella luce ed era la luce. Sembrava che quella cornice impareggiabile di montagne e quel verde e quell'azzurro e quel sole e quell'aria fine, frizzante, che profumava di purezza, esistessero con lei e per lei, per farsi ammirare e destare stupore. Laura aveva il cuore pieno di pace e serenità. Di fronte a tanta meraviglia si può solo stupirsi, tacere, rispettare, amare. E d'improvviso le venne una voglia irrefrenabile di spogliarsi e di essere completamente nuda. Nuda nella natura. Nuda nella nudità della natura e delle cose. Nuda di fronte alla nudità delle montagne. Nuda nella nudità dei prati e dei fiori e dei torrenti. Nuda per offrire la bellezza del suo corpo al bacio caldo del sole. Nuda per sentirsi libera di essere.
E lentamente si tolse lo zaino e lo appoggiò sull'erba. Poi si sfilò la maglietta. Quindi fu la volta degli scarponcini e dei calzini. Portò le mani sui calzoncini e dopo averli sbottonati li fece scendere a terra, per poi allontanarli da sé con un calcio.
I vestiti stesi sull'erba. Chiuse gli occhi e rivolse il viso al sole che splendeva alto nel blu. Stava in piedi con indosso solamente reggiseno e mutandine, bianchi.
Decise che era arrivato il momento di sfilarseli. Iniziò sganciandosi il reggiseno. Per un attimo lo trattenne pudicamente con le mani. Poi lo lasciò andare. Il reggiseno cadde nell'erba, lasciando liberi i seni, piccoli, eretti, sodi. Delicate sculture di carne, con i capezzoli, teneri fiori in boccio, liberi di ricevere il tocco frizzante dell'aria di montagna, che presto si fecero turgidi a quel fresco contatto.
Scalza nell'erba, assaporava tutta la libertà di essere nuda nella natura. E poi si sfilò le mutandine, ultimo inutile indumento a nascondere la sua femminilità.
Adesso era completamente nuda. Nuda e libera. Il suo corpo stupendo di giovane donna godeva nel sentirsi immerso nel caldo abbraccio della montagna e della sua sconfinata bellezza. Bellezza nella bellezza, si muoveva leggera sull'erba, quasi danzando nel blu, respirando l'energia del sole, dell'aria e del cielo che tutta l'avvolgeva. Provava una sensazione mai vissuta prima di far parte di un mondo nuovo, dove tutto era luce, armonia, gioia, pace, bellezza, e lei era dentro quel mondo e quel mondo era dentro di lei e si sentiva una creatura nuova, ed era come se essere completamente nuda in quello scenario così profondamente bello esaltasse la sua bellezza fino a farla divenire pura e perfetta.
Poi si distese nel prato, morbido verde tappeto, e sentì il calore del sole sulla pelle unirsi al fresco umido dell'erba. Restò per alcuni minuti così, a farsi baciare dal cielo e dal sole, accolta nell'abbraccio tenero del prato, gli occhi chiusi, la mente immobile, senza pensieri, contemplando quello stato di armonia e purezza che sentiva dentro.
E poi le mani scesero verso lo stomaco, e si soffermarono sul plesso solare, come a donargli energia, e ancor più in basso sull'addome e sul pube, e cominciarono a carezzare i peli scuri, stirandoli, stropicciandoli, massaggiandoli, come fossero cose vive. Cercarono e trovarono le grandi labbra del sesso, percorrendole in tutta la loro lunghezza in un dolce massaggio.
Laura scostò le lunghe gambe adagiate sull'erba per permettere alla sua femminilità di schiudersi come un fiore al sole. Continuò a scorrere con le dita sulle grandi labbra, e poi lentamente le portò all'interno, a trovare le piccole labbra umide e turgide.
Un brivido la scosse tutta, mentre le scostava per penetrare nel suo sesso bagnato.
Con l'indice della mano destra cominciò a massaggiare lentamente il suo bocciolo di rosa, mentre affondava l'indice e il medio della mano sinistra nelle profondità umide della sua femminilità.
Adesso le sensazioni di piacere che provenivano dal suo corpo di donna, stimolato dalle mani che si muovevano sapienti dentro il suo sesso, si mescolavano al piacere più sottile che le dava il bacio della natura sul suo corpo nudo steso nell'erba. Era un meraviglioso intrecciarsi di emozioni di diversa qualità. L'intima carezza di donna le procurava un piacere più fisico e grossolano, che faceva vibrare i nervi e i muscoli, mentre la dolce carezza della natura sulla sua nudità le dava un piacere più sottile e cerebrale, come un languore tenero che percorreva la sua carne accompagnato da una pace intima e profonda nel cuore.
Fino a quando l'orgasmo esplose, e allora il piacere sessuale prese il sopravvento, prorompente, intenso, potente come una scossa elettrica, e come un'onda calda si propagò dal ventre a tutto il suo corpo irrigidito e contratto, accompagnato da una sensazione d'abbandono, dal desiderio di consegnarsi totalmente a quel piacere, di affidarsi a lui per permettergli di operare con tutta la sua forza, e la sua coscienza era occupata totalmente da quella sensazione d'estasi. Adesso esisteva solo quel piacere, unico, esclusivo, e non c'era spazio per altre sensazioni. E al culmine del godimento le mani frugavano dentro la sua essenza di donna per cercare con frenetica ansia di tirar fuori tutto il piacere possibile e anche di più.
Poi man mano che l'orgasmo si attenuava e lasciava posto ad una calma sensazione di beatitudine fisica, ecco riaffacciarsi e affiancarsi a quella nuova sensazione la gioia del contatto con la natura e dell'essere immersi nella sua meraviglia, che l'estasi sessuale aveva per breve tempo soverchiato e allontanato dalla sua coscienza.
Era come se l'attenuarsi della forza prepotente del piacere sessuale facesse riprendere vigore all'altro piacere, più intimo e profondo, che sgorgava dall'anima che contemplava l'immensità della montagna e ne assaporava i sublimi profili. Era un confondersi unico di emozioni. Il sottile piacere fisico, residuo dell'orgasmo appena vissuto, si mescolava alla gioia spirituale di appartenere alla bellezza incomparabile della montagna.
Laura era consapevole ora dell'una ora dell'altra sensazione, che si alternavano nella sua anima, ora le avvertiva come un'unica sensazione dai contenuti indefinibili, nella quale il godimento fisico e la beatitudine spirituale si fondevano come se anima e corpo fossero una cosa sola e l'una esistesse in funzione dell'altro.
Era meraviglioso e avrebbe voluto che durasse per l'eternità.
Laura si stirò come se uscisse da un lungo sonno ristoratore, restando con gli occhi chiusi, poi aprì completamente braccia e gambe, distesa sul prato, come l'uomo del famoso disegno di Leonardo, e con questo gesto sembrò voler offrire il suo corpo nudo e stupendo e il suo sesso totalmente aperto alla bellezza della natura, e farsi possedere dal cielo e dal sole e dalle montagne superbe, in un amplesso fisico e spirituale con l'eterna bellezza del divino.

Cesare Paoletti

Cesare Paoletti

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