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Racconto n° 2203
Autore: Miller Altri racconti di Miller
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Tessuto
...Ero un po' sconvolto, come mi capitava sempre dopo il ciclone Eva. Mi toccavo, mi stringevo, lo strofinavo con le dita che poi mi portavo al naso per sentire ancora l'odore di lei, l'odore del suo dentro, forte e pungente come se fosse ancora lì. Stavo per avere una nuova erezione, che accompagnai con forza con un paio di salutari scosse, dopochè mi alzai di scatto, raccogliendo i brividi e ravviandomi i capelli. Brr..
Qualcosa però mi turbava. Conoscevo Eva e il suo doppio, quello che rinfocola i complessi di colpa, riecheggiandomi nelle orecchie i suoi 'oddio, che stiamo combinando' 'oddio, che guaio che ho, combinato'. Ma c'era qualcosa d'altro, in fondo le colpe avevano su di lei un effetto eccitante, un motore che partiva a mille per liberare le sue voglie nascoste con una persona di cui si fida e che riconosce complice sopraffino.
No, non era il sesso, che da lei sbocciava come da una adolescente desiderosa di esperienze già avanzate, con in più un bagaglio di donna abituata, seppur fra mille difficoltà, ad avere un dialogo con la propria femminilità totale e coinvolgente. L'avrei definita, nella mia perenne fantasiosità adolescenziale, una che sa darla, che non sta lì a custodire chissà quale mistero, ma che ti prende la mano e se la mette fra le gambe, o che ama mostrartela con il gusto di essere ammirata, e desiderata.
No, non era questo che rasentava il mio concetto di perfezione, ma il suo cuore smisurato, il suo doppio "buono", che prevedeva per lei un solo modo di amare, totale, fatto di sesso, ma anche di attaccamento profondo all'uomo che ama, condivisione di ogni aspetto della vita, non solo del letto, ma anche decisioni, scelte, percorrere il futuro in modo non marginale o episodico.

Lo capivo, era ciò che veramente mi turbava, quasi smorzava l'uragano delle sensazioni che lei con costanza mi garantiva, come quando mi scrisse di amarmi come non aveva fatto mai con nessuno... un'affermazione che non lascia spazio ai mezzi termini... o di quando mi comunicava il suo difficilissimo momento... di affrontare, lo capisco, i 999 momenti senza di me di quel suo motore a mille. E' dura, lei stessa mi aveva detto fin dall'inizio che la nostra storia era votata all'impossibilità e nei suoi momenti di calma e tranquillità capiva, e io non perdevo occasione di ribadirglielo, che qualsiasi progetto ci era precluso, per condizione e soprattutto per scelta. Non ci 'rimaneva' che il sesso, non certo come ripiego, ma perchè, almeno nella mia mente, era il solo modo che ci consentisse di stare sempre insieme, di avere un progetto, di avere un futuro. Mi sforzavo di farle digerire questo 'linguaggio', che lei assecondava, quanto più urlava il suo doppio graffiante, da cui ero avvinto, ma poi cedeva, nel baratro dolce dell'amore, che io avevo per contro quasi interamente ricoperto di sensazioni pure, proprio perchè cosciente che l'amore ti fa stare male e basta. In genere.

Andai in camera da letto, posai i suoi slip sul comodino e tornai in cucina a prepararmi qualcosa da mangiare, con musica da ascoltare, o una partita dei mondiali, perchè no, qualcosa che mi distraesse dai grossi temi e valori della vita dei quali, dopo una vita, non ne posso più.

Fu solo a tarda notte, quando mi coricai, che gli occhi mi corsero su quel lembo di infinito. Avevo già immaginato l'eccitazione di rituffarmi in quegli odori, ma desideravo qualcosa di più, magari un'eiaculazione accorata proprio in quel punto, ma erano umori già fusi, in quel punto, e sapori... già...

Mi distesi calmo e tranquillo, come quando decido di farmi una sega, che è far l'amore con me, oltre che con lei, osservare placido il mio membro che inizia a prendere forma, indurendo, disegnando una natura spavalda, quasi superba. Mi piace scappellarlo fino in fondo e mostrare ben tesa l'asta tenendola per la base, ben scavata per mostrarla svettante in tutta la sua lunghezza, agitandola dolcemente come ad esibirla. C'è un gusto nel maschio a mostrare il suo cazzo che lei a volte neanche immagina, anzi cerca di minimizzare per non far vedere d'essere cazzodipendente, e invece il maschio ama farselo afferrare e mostrare, magnificare, esporre a chi sa apprezzare. Come faceva Eva, che sapeva raddoppiarne la consistenza al solo ansimare, alla sola sua vista.. hhmm..

Con la destra già lo facevo andare, di buon passo, umettandolo con la saliva, e trattandolo a volte anche energicamente, mentre con la sinistra tenevo i suoi slip sul mio naso, come un tampone di cloroformio, per cercare l'estasi... ma non mi bastava... lasciai andare il mio cazzo, che si adagiò di lato, paonazzo, bagnato, che emanava odori che percepivo inebriato nelle pause dal tampone... Smisi di toccarmi, il che mi piaceva, era come affidarmi a lei... Presi gli slip con le due mani, tendendo la parte che si era imbevuta della sua fica, stirata, come la pelle di un tamburo... iniziai ad annusare... dopodichè timidamente iniziai a sfiorarla con la punta della lingua... e poi leccare... il respiro iniziò a farsi concitato, e il tessuto ad ammorbidirsi alla mia saliva... che le mie labbra cominciarono quasi a spingere con forza nella trama fino a renderla intrisa. D'un tratto i sapori ripresero vita, sostanza, tornarono a scorrere, ad emanare l'intenso effluvio che ben conoscevo quando mi perdevo concitato fra le sue gambe. E succhiavo, tiravo con le labbra la stoffa nella mia bocca, e succhiavo fino a renderla poco più che umida, e deglutivo il suo dentro... e finii per annaspare con la bocca, mordere con le labbra, rantolare eccitatissimo come se lei fosse lì, a cavalcioni sul mio viso, che me la offriva tenendola ben larga con le mani e me la strusciava sul muso, e toglieva le mani e mi scopava tutta la faccia, schizzandomi, come la mia verga, che si fece solo prendere e tendere prima di sburrare in due tre riprese sulla mia pancia.

Ero libero, come sotto la cascata di un torrente di montagna, cosciente di amare Eva come di saperla dimenticare, perchè riuscivo a stare con lei anche quando non c'era, anche quando viveva la sua vita che non poteva essere spazzata via con un colpo di spugna, come la mia, che non poteva...

D'un tratto sentii bussare alla porta... a quest'ora?


Miller

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