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Racconto n° 2466
Autore: Malodo03 Altri racconti di Malodo03
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Notte insonne
- Cosa sono quei segni rossi sulla schiena? -
- Segni rossi? - chiesi fingendomi indifferente.
- Sono righe, anzi solchi, rossi. Me ne vuoi parlare? -
- Forse con le unghie mi sono graffiata, non saprei. -
- Sai, non è la prima volta che li vedo, ma ho sempre taciuto. Ora vorrei una risposta. -
- Te l'ho detto, devo essermi graffiata. Adesso basta con le domande, dormiamo. -

Come se dormire fosse possibile per me.
Ogni notte, tutte le notti, il mio corpo si ribella al silenzio, all'immobilità, desiderando soltanto di poter essere sfiorato ancora con passione, con ardore. Sotto le pesanti coperte l'unico suono è il fruscio delle mie gambe che non riesco a tenere chiuse. Il ricordo di altre notti, di altri suoni, mi tiene sveglia.
Un'altra notte insonne.
Dovrei trovarmi altrove, forse dentro un altro letto, sicuramente insieme ad un altro lui.
Non è facile lasciarsi catturare il cuore quando nella tua vita c'è già un uomo, ma quando questo avviene, la tua vita va in frantumi. Il desiderio si impossessa delle tue incertezze lasciando emergere la prepotente voglia di ricominciare, di provare nuovamente quel dolce inganno che si chiama amore, di vivere quella vita che hai accantonato fingendo che potevi accontentarti.
Sì, un amore può finire e un rapporto trascinarsi senza entusiasmo anche per sempre, purché non si risvegli la carne, la passione sopita. Allora tutto diventa un vortice che ti avvolge, spingendoti oltre, verso la trasgressione. Se hai permesso a qualcuno di toccarti provando brividi che non ricordavi più, allora vuol dire che sei pronta a concederti nuovamente. Ed io ho sentito questi brividi e mi sono perduta.
L'altro si è insinuato nella mia esistenza con la prepotenza di chi sa cosa vuole, e come ottenerlo, vincendo facilmente la resistenza fragile delle mie barriere, mentali, e non certamente fisiche.
I suoi occhi si sono posati sui miei un giorno di pioggia scrosciante mentre mi offriva un passaggio sotto l'ombrello fino al parcheggio auto. Mi sono appoggiata al suo braccio per proteggermi dall'acquazzone stringendo le dita sul suo avambraccio muscoloso che si è contratto. Alzando gli occhi ho colto un lampo nel suo sguardo. E' stato un attimo, forse meno di un attimo, e ho desiderato che quell'uomo sconosciuto mi afferrasse per i fianchi, sollevasse la gonna e mi possedesse lì, in mezzo alla strada. Lo avrei fatto santo cielo, ma ho continuato a camminare velocemente per raggiungere l'auto e rifugiarmi al sicuro, lontano dal pericolo.
Il suo profumo si è intensificato a causa degli abiti bagnati e si è mescolato con il mio. Quell'odore mi ha seguita fin dentro l'abitacolo mentre lui rimaneva lì, vicino alla mia auto, come un cane in attesa di un osso.
- La ringrazio per la gentilezza. Arrivederci.
Mi sarei mozzata la lingua per queste parole. Stavo permettendogli di sparire dalla mia vita.
- Senta, io sono a piedi. Mi potrebbe accompagnare fino ad una stazione di taxi?
Avrei potuto dire che avevo fretta, avrei potuto dire tante cose, invece l'ho invitato a entrare nella macchina benedicendo la pioggia.
Riparati dalla pioggia seguirono frettolose presentazioni. Lui aveva gli abiti inzuppati ed i capelli gli gocciolavano sulla fronte, ma anche il mio aspetto non era dei migliori.
- Sto morendo di freddo. E' possibile aumentare la temperatura dell'aria calda?
Ci comportavamo come è giusto si comportino due estranei che si scambiano delle gentilezze reciproche.
- Per fortuna lei aveva l'ombrello - dissi senza troppa convinzione.
- Ah, l'ombrello. Pensi che stamattina non volevo prenderlo. Io odio gli ombrelli, li lascio in giro, li perdo. Sono ingombranti e spesso inutili. Ma con questa pioggia è stato un dono divino averlo portato: non perché mi sono riparato dalla pioggia, perché ho incontrato lei. -
Lo disse così, senza esitazione. Sono arrossita.
Ho aumentato la velocità del tergicristallo che sembrava impazzito come il mio cuore. Lo avrei voluto afferrare, baciare, lasciare che si insinuasse con le mani sotto i miei vestiti. Invece sono rimasti silenziosa.
- Le andrebbe di bere qualcosa insieme a me? – mi chiese all'improvviso.
- Purtroppo è tardi e il parcheggio dei taxi è proprio qui dietro. -
Stupida!
Voltato l'angolo ci troviamo di fronte il parcheggio dei taxi. Deserto.
- Questa sera sono assistito dalla fortuna. Dunque, venga con me al bar, poi appena arriva un taxi, lo prendo e vado via.
Non si può dire no due volte, così accetto di scendere dalla macchina trovandomi nuovamente accanto al corpo di quell'uomo. Mi attrae a sé all'improvviso prendendomi con il braccio intorno alla vita.
Quel tocco, un brivido intenso, la voglia di passare la lingua sulla sua guancia aspettando un segnale di conferma dell'altrui desiderio.
Segue il suo abbraccio, meno incerto, più risoluto. Io mi abbandono contro di lui.
L'altro non esiste più, forse non è mai esistito, ma l'intima mia essenza sì, risvegliata da quel contatto fisico.
Desidero fermare il tempo, smettere di correre sotto la pioggia, abbandonare i vestiti e gettarmi addosso quell'uomo, inebriarmi del suo odore, mangiare la sua carne. Un attimo, un impulso così forte da devastare tutta la mia intera esistenza.
Cosa ci faccio io qui, perché non sono a casa?
Mi stringo a lui ancora di più e alzando lo sguardo incontro i suoi occhi. Leggo il mio stesso desiderio e non riesco ad aspettare altro. Le lingue nelle reciproche bocche si abbeverano delle salive. Lecco i suoi denti, succhio le sue labbra, mentre caldo scende tra le gambe un filo di umore.
Sentirà l'odore del mio sesso, comprenderà la mia fretta di essere posseduta, non mi lascerà andare via.
Stretti uno all'altro ci siamo rincorsi fino alla mia macchina.
- Ti va di andare a casa mia?- mi ha chiesto continuando a baciarmi.
- E' lontana?
- Ci vorranno dieci minuti.
Tutto qui. Il nostro dialogo non aveva bisogno di altre parole, mentre le sue mani erano già infilate sotto la camicetta alla ricerca di un seno da afferrare, sotto la gonna per insinuarsi dolcemente tra le gambe umide. Guidavo aprendomi a lui, lasciando che le sue dita entrassero ed uscissero da me. Anch'io avrei voluto afferrare il suo sesso, godere del suo sapore, ma dovevo guidare.
Guardai l'orologio, una sola volta, bastò per sentirmi in colpa. Sarei dovuta essere a casa, comodamente seduta sul mio divano, in attesa di mio marito, inutilmente femmina.
Arriviamo davanti ad una piccola palazzina e lui mi fa cenno di accostare. Potevo ancora tornare indietro, rinunciare a quella follia. Invece parcheggio la macchina e scendo.
I nostri vestiti finscono in terra in pochi secondi e nudi ci buttammo uno addosso all'altro come belve affamate di cibo. La sua lingua si muove veloce lungo tutto il mio corpo intrattenendosi sulla fica finché inarco la schiena per lasciarlo entrare dentro le labbra spalancate. Mi lecca e succhia ed io ansimo sussurrando ossessivamente tra me e me - che cosa sto facendo, che cosa sto facendo - . Trattengo la sua testa tra le mie gambe strusciandomi contro il suo viso ruvido, premendo la sua bocca sul mio pube. Arriva un orgasmo prolungato che libera i miei tormenti. Solo allora mi prendo cura di lui accogliendo fino alla gola il suo membro meravigliosamente turgido. E mentre lo succhio le sue mani spingono i miei fianchi avanti e indietro sempre più velocemente, le sue unghie mi graffiano la pelle lungo tutta la schiena. Lascio accanirlo sul mio corpo desiderando solamente il suo piacere che arriva inondandomi la bocca.
Solo dopo facciamo l'amore e ancora una volta quell'uomo sconfigge il mio senso di colpa regalandomi un piacere da troppo tempo negato.
Da allora ci furono altre volte, altre fughe, altri amplessi. Irrinunciabile voglia di sesso e di amore.


Gli occhi questa notte non si chiudono, il ricordo di lui è vivo, presente dentro di me, e per sentirlo vicino devo soltanto toccare quei segni sulla pelle. Non posso però toccare le tracce di sé, quelle che mi ha lasciato sul cuore, appartengono ai ricordi di un altro giorno.
Il respiro di mio marito è costante, il timore di svegliarlo mi fa serrare le gambe, trattengo le lacrime.
Dovrei essere altrove, in un altro letto, felice di donarmi ancora.
E' giorno ormai, l'attesa è finita, i graffi bruciano ancora sotto la camicia pulita che indosso per andare al lavoro.
Un altro giorno incapace di regalarmi la forza di scegliere, un altro giorno fatto di menzogne, di inganni.
Poi ancora una notte insonne.



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