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Racconto n° 2528
Autore: Dan.nata&Narratore Altri racconti di Dan.nata&Narratore
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La siepe
Una siepe. Un confine. L'orizzonte breve di un prato all'inglese, ameno. La cella aperta della pertinenza di un bungalow dove sei costretta malgrado il mare vicino, il profumo di salsedine, il vociare della vacanza. Il meriggio si spalma caldo come una marmellata fatta da poco. In casa la tua pelle sudata avanti allo specchio brilla i riflessi cangianti mentre ti osservi. Il tuo corpo morbido, flessuoso che avvolgi in un pareo quasi impalpabile. Il libro, gli occhiali da sole. Esci.

I tuoi piedi nudi sul prato, l'erba secca quasi ti solletica. Ti stendi sulla sdraio per leggere. Ma il caldo ti stordisce per il sole che ha superato lo Zenith solo da un paio d'ore e adesso procede lento verso Occidente, di fronte a te. Il libro abbandonato sul petto, ti lasci vincere dalla sonnolenza vigile tipica delle sieste estive. La tua mente perde il contatto con l'ambiente e vaga famelica nel passato recente, nei tuoi turbamenti. Fantasmi familiari ti passano davanti indifferenti, il tuo sguardo li cerca ansioso. E ansioso li perde nell'indistinto. E il dormiveglia si popola di demoni osceni che ti circondano e capisci di essere lì per il sacrificio. E ti trascinano verso un grande fuoco mentre ti urlano addosso, esibiscono i loro sessi smisurati, li brandiscono. E le dannate ti mostrano i seni roridi e hanno i capezzoli grigi come l'acciaio che lanciano i lampi riflessi dalle fiamme. Sei vicina ormai, puoi sentire il calore del fuoco sui piedi. Sui piedi... sui piedi...

E' il sole, una lama di sole che filtra dal grande castagno vicino alla siepe di Bouganville e che fa da cerniera tra l'Astro e il tuo corpo. Te ne accorgi quando la lama di luce e di calore è già sulla caviglia. Ora sei ben desta, hai capito il suo gioco. La sua mano bollente procederà verso l'alto di te mentre lui corre giù verso il suo tramonto. E lo lasci giocare.

Adesso questo amante focoso sta sfiorando le tue cosce, lo senti avanzare lentissimo, esasperante e già vorresti che il tocco fosse più duro, più deciso, possessivo. Ma sai che avrai solo quello che hai. Ma dischiudi le gambe per sentirlo anche sulla pelle delicata dell'interno delle cosce. E, quando la lama incontra il tessuto del pareo, ti rendi conto di quanto esso sia sottile, quasi inconsistente. Ora la luce lambisce il tuo pube. Sai che non avrà pietà, che risalirà la tua fessura incurante della tortura che ti infligge. Ma tu non puoi muoverti, non vuoi muoverti. Assapori ogni millimetro di conquista di quel calore che ti risale. Allarghi ancora un po' le gambe per farlgi spazio. Anche il tuo sesso si allarga sotto il pareo e pare volere accogliere quanto più calore possibile. Ora muovi solo le mani giusto per spostare un lembo di stoffa e liberare il sesso proprio mentre la mano di luce si sofferma sul punto più sensibile e pare indugiarvi. Ti basta avvicinare le dita alla pelle bollente e cominci a fremere come se fosse calato il gelo, ti si irrigidiscono le gambe, la tua pelle diventa di cristallo, senti nello stomaco, proprio sotto l'ombellico, uno sfarfallare che prelude alla tensione che si precipita nel tuo calice come attraverso il gambo per sfociare copiosa sulle tue dita appena giunte.

Il tuo amante non si ferma a coccolarti. Lui non si ferma mai. L'altra faccia della medaglia che ha premiato il tuo desiderio. Riprendi contatto con la realtà, la testa leggermente sollevata, fissi la siepe senza vederla. Ma un movimento impercettibile viene colto dal tuo sguardo distratto che subito si concentra. Guardi meglio, socchiudi gli occhi per vincere il controluce, penetri la siepe là dove ti sembra meno fitta. E Lo vedi.

Se ne sta su una sdraio anche lui, nel suo pezzo di prato, un giornale in mano appoggiato in grembo. Sorride senza guardarti. Ti chiedi se ha visto. Ti chiedi se ti imbarazza. Ti chiedi quanto ha potuto vedere. Non ti chiedi chi è, che fa con chi è. E' come se il tuo sguardo si occupasse solo del suo sguardo. Come se fosse solo una questione di occhi. Tu guardi lui, adesso non vista, e mediti su quanto, non visto, ha potuto guardare lui. Torni nel bungalow. Turbata. Dal Sole che ti ha amato, da lui che, forse, ha visto. Dubbi che vanno sciolti.
Il giorno dopo, la stessa ora, lo stesso pareo, la stessa sdraio, lo stesso libro. La stessa siepe. Ti sdrai e cominci a leggere. E vuoi leggere con tutte le tue forze. Ma poi torna il tuo amante sul piede, sulla caviglia. No, è un amante troppo abile per la sua preda troppo fragile. Posi il libro e ti abbandoni. Ma ora sai che forse c'è un pubblico. Penetri ancora la siepe. Sì, c'è. Distratto, col giornale come il giorno precedente. Ma è lì. E un'ombra di sorriso si deposita sulle tue labbra mentre abbandoni la testa alla spalliera e scosti il pareo sul pube perchè la luce lo trovi libero da altri impedimenti. Succede di nuovo ma adesso alla lama incandescente che rade la pelle delle cosce si aggiunge la consapevolezza che altro ti accarezza. Uno sguardo alieno, vicino e distante. Un ponte visualeche scavalca la siepe e collega due verdi prigioni. Avverti un moto solidale che quasi ti commuove, avverti il bisogno di gratitudine per quell'attenzione strana, quasi da guardone che lungi dall'indisporti, ti ammorbidisce di più. Ora hai il privilegio di due amanti che convergono là dove più ne avverti il bisogno. Quasi un groppo alla gola nel sentire l'orgasmo che avanza e lo senti più forte, più travolgente. Non fai nulla per nasconderlo mentre le tue dita stavolta non sono state ingrate e hanno aspettato i tuoi amanti aprendo loro lo scrigno. E stavola ti attardi come a riprenderti dall'affanno. Lui non si è mosso, ha gli occhi chiusi e sorride. Ancora.

E un altro giorno viene, e un altro meriggio. E tui sei di nuovo lì, davanti al sipario chiuso della siepe, pronta sul tuo palcoscenico minimalista. E aspetti sole e sguardi. Sai che è lì. Ti siedi subito, e subito scosti il pareo dalle cosce. Un'altra attesa, le tue dita che massaggiano il tuo sesso come per prepararlo a un'altra lotta. Tiri la pelle del pube verso di te, per allungare il taglio del tuo sesso, poi lo apri ancora e ancora ti accudisci. E i tuoi amanti, ancora, fanno il resto. E tu lo senti come un trionfo perché lo vuoi, perché non durerà, perchè te ne ricorderai. E non saprai nulla di lui, se non del suo sorriso grato.

E il giorno dopo quasi corri a sdraiarti, ad aprirti, ed offrirti. Non controlli neanche, perché sai che è lì, dietro la siepe che ora non è più barriera nè sipario ma solo il confine tra la realtà e un'evanescente complicità. Non costruisci neanche immagii virtuali. Non elabori alcuna azione sua, non pensi a lui che si muove, che cerca di incontrarti. Lasci la vicenda nella sua realtà, nella sua delicatezza, nel suo fascino struggente. E godi sempre più, più forte è il tremito che ti avvolge, e la sferzata di energia che ti percorre.

Poi sai che è l'ultimo giorno. che quello successivo non ti sdraierai più perchè la prigione si aprirà e tornerai a calpestare il mondo di tutti. Stai uscendo per l'ultima volta al cospetto della siepe. C'è un leggero vento che scuote le fronde del castagno. Ma le foglie della siepe sono immobili quasi temessero di ostruire lo sguardo che ti raggiunge. Ma tu vieni fuori con un debito che ti senti di dover pagare. E cammini leggera sull'erba, con fare innocuo. Ti avicini lentamente alla siepe, la osservi, passi il tuo sguardo su di lui che occupa la sua sdraio, ti accerti che da li ti veda bene. Ti giri, gli dai le spalle, sciogli il nodo del pareo e lo fai scivolare a scoprirti la schiena, poi i glutei e le cosce fin quando la stoffa non si racoglie attorno ai talloni. Poi, lentamente, ti giri ancora e ti offri al suo sguardo dandogli il tempo di percorrerti tutta. E lo senti partire dagli occhi e scendere fino alle caviglie. Lo senti proprio, come fosse fatto di materia. Senti che ti sfiora i seni e i capezzoli, lo senti sul ventre, tra le gambe sulle cosce. Quando sai che ha finito, raccogli il pareo, ti ci avvolgi e vai a adraiarti e, per l'ultimo giorno, aspetti che il sole ti inumidisca il grembo seguito dal suo sguardo.
Il sentiero che ti porta a mare è un'arteria trafficata. Ti viene incontro, lo guardi, ti guarda. Sorride, alza una mano in segno di saluto. Rispondi con la tua. Non lo vedrai mai più.
Una sera d'inverno mentre la neve imbianca il tuo giardino, pensi alla siepe di laggiù, alla sua solitudine. Ti guardi il cuore e lo senti un prato. Senza stagioni. E senza siepi.

Dan.nata&Narratore

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