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Racconto n° 2615
Autore: Malodo03 Altri racconti di Malodo03
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Solamente mani
Solamente mani.
Apparentemente.
Il suono del sassofono diffonde le sue note nel buio.
Odore di fumo e di corpi.
Gli sguardi sono rivolti altrove, adesso, ma si percepisce l'attesa.
La sala è gremita, come al solito la maggior parte delle persone è di sesso maschile e le donne al loro fianco non sono quasi mai le loro compagne di vita. Quasi sempre è con le sconosciute che si condividono i desideri segreti.
L'uomo suona il suo strumento con poca convinzione. Nessuno è lì per ascoltarlo, e lui lo sa. Suona per se stesso; forse, se solo cogliesse l'interesse della donna, potrebbe metterci l'anima.
Presto la sala si riempirà degli odori dell'alcool bevuto per rinfrescare le gole secche e confondere le personali fantasie, mentre le luci verranno abbassate: il faro si punterà verso la pedana.
Il sassofonista termina il suo pezzo senza attendere applausi. Ripone lo strumento nella custodia e scompare dietro la tenda scura alle sue spalle.
Il tono delle voci si alza lievemente, l'eccitazione si respira, gli sguardi, adesso, sono rivolti verso la pedana colpita da un fascio di luce violacea e avvolta da nuvole di tabacco sparso nell'aria.
Questo è il momento in cui l'attesa annulla il tempo.
La musica accompagna i passi della giovane donna verso il centro della pedana. E' vestita con pantaloni neri e camicia bianca dal taglio maschile. Ai piedi calza scarpe di vernice dal tacco altissimo. La testa è nascosta da un cappello da uomo, nero anch'esso.
Il faro si spenge. Il vociare si fa sommesso. Nuovamente il fascio di luce torna ad illuminare la donna ora accanto ad una sedia.
Ancora attesa, bicchieri svuotati, fumo di sigarette, occhi socchiusi e battiti accelerati dei cuori.
Lei si fa forte di quell'attesa, osserva mostrando i denti, leccandosi le labbra, catturando ogni sguardo su di sé. Ora può sfilare i pantaloni e mostrare le lunghe gambe perfettamente disegnate rimanendo seduta con le mani posate sulle ginocchia.
Il volume della musica si alza seguendo i suoi ritmi. Si sfila la camicia raccogliendo il seno tra le mani dondolando la testa da una parte all'altra del collo.
Abbandona la sedia mentre la musica la insegue. Sfila il cappello lasciando cadere una meravigliosa cascata di capelli scuri dirigendosi verso il tubo conficcato nel centro del palco.
E' una ballerina di lap-dance, ma è anche qualcosa di diverso. Lei balla per se stessa, si muove seguendo la musica che ha nel cuore, mostra a sconosciuti il suo corpo, ma ogni volta è altrove.
Solo così può sopportare il loro odore, la volgarità dei loro gesti, il desiderio crescente dei loro sguardi. E quelle mani. Mani che di tanto in tanto la sfiorano cercando di afferrarle la carne. Mani ruvide, sudate, come tentacoli si dirigono verso il suo corpo. Più tardi dovrà lasciarsi accarezzare.
Ma lei ha imparato a tenerli a bada a lungo e, muovendosi ad arte per loro, li trascina nel vortice del desiderio facile da appagare.
Sospirano gli uomini ogni volta che lei si abbassa verso il pavimento aprendo le gambe. Si devono accontentare di penetrarla con lo sguardo strusciando le mani sui cazzi impazienti.
Ansimano gli uomini ogni volta che lei si solleva muovendo passi verso di loro. Per un attimo si lascia accarezzare da quelle mani protese che vorrebbero afferrarla e trascinarla sul pavimento.
Si allontana nuovamente verso il tubo. Si struscia contro il freddo acciaio su e giù con il seno che sobbalza. Mostra il culo al suo pubblico, nuovamente la fica accuratamente depilata, ansima, si agita, scuote la testa.
Non sente altro che la musica, non vede altro che nuvole di fumo che si sprigionano da quelle bocche aperte mentre la sua danza d'amore continua.
Sa che non li accontenterà ancora per molto, che la desiderano, che attendono il loro premio, che hanno pagato per toccarla.
Non li terrà a bada ancora per molto.

Il sassofonista è in un angolo appartato. Come ogni sera si gode lo spettacolo e come ogni sera la desidera per sé.
La osserva danzare, gli occhi sono fissi sul suo viso cercando un sorriso che non arriva mai.
Reprime il desiderio di portarla via, di strapparla dal freddo abbraccio di quel maledetto tubo per stringerla contro il suo petto.
Lei avvicina la sedia al bordo del palco, si siede, apre le gambe fingendo un piacere che non prova. Geme toccandosi tra le gambe, strizzando i capezzoli, leccandosi un dito.
Ora le mani si avventeranno sul suo corpo.
Il sassofonista è troppo distante, vorrebbe essere lì per condividere l'assalto alla donna con gli altri uomini. Come ogni sera invidia quelli che arrivano a lei intingendo le dita in quella carne succosa e al contempo li odia, perché la violano.
Non sa il sassofonista quanto lei tema quelle mani che le frugano dentro, quanto sia stanca delle loro oscenità, quanto sia avvilente fingere di provare piacere.
La donna li lascia fare, li asseconda, si offre a loro incitandoli ad osare.
Aliti umidi, lingue che si muovono fuori delle labbra, mani posate dentro i calzoni, cazzi che si strusciano contro le donne addossate al palco, dita da assaggiare dopo essersi immerse dentro di lei.
La musica si fa meno assordante, il fascio di luce si sposta lentamente verso il centro del palco.
La donna scosta le mani da sé allontanandosi dalla sedia.
Danza sinuosa verso un punto lontano dal bordo riappropriandosi degli abiti.
Si riveste completamente, nasconde i capelli sotto il cappello, si inchina.
La luce si spenge e lei scompare.
Gli uomini restano lì, in attesa di un altro numero, di un'altra donna, di altri gemiti, di nuova eccitazione.
Il sassofonista abbandona la sala.
Dovrà aspettare un'altra sera accontentandosi di guardarla.
Forse un giorno riuscirà a dirle di essere innamorato di lei, forse, quando dai suoi occhi scomparirà tutto il disgusto di chi non ne può più.







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