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Racconto n° 2683
Autore: ElisaN Altri racconti di ElisaN
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Senza nome e senza volto
Ogni suo passo è ritmato dal rumore tamburellante del ferro sull'asfalto. I tacchi sono logorati dall'uso e dal tempo. Ogni giorno si ripete di doverli far sistemare dal calzolaio, ma poi pensa che sarebbe una spesa inutile. Non ha un lavoro e tutto grava sulle spalle del marito: le bollette, il mutuo, le tasse universitarie dei due figli, la spesa.
Lei è sempre stata quella che, un tempo, si definiva l'angelo del focolare. Una vita scandita dalle macchie da strofinare sul bucato, dalle ceramiche del bagno da disinfettare, dagli acari da spolverare. Le uniche scintille che aveva visto illuminarsi nella sua esistenza erano stati i fuochi dei fornelli.
Certo, i figli rappresentano la sua immensa gioia, si rallegra dei loro sorrisi, rivive nella loro vitalità, fantastica nei loro sogni, scopre nella loro curiosità. Ma Riccardo ha ormai ventisei anni, sta ultimando la tesi in medicina e si specializzerà negli Stati Uniti. Anche Magda, più piccina del fratello di due anni, ha deciso che, portati a termine gli ultimi tre esami in architettura, andrà a convivere con Sergio. I piccoli di casa prenderanno il volo e in fondo doveva aspettarselo.

Si arrampica su una salita impervia, lastricata da piastrelloni lisci e scivolosi.
Avverte un peso al cuore e uno spasimo alla bocca dello stomaco. Non mangia nulla dalla sera prima e la fame si mescola ad uno stato ansioso che le smorza il fiato e la fa grondare di un sudore che le raggela le ossa.
È ingrassata di cinque chili negli ultimi due mesi e il tubino nero le fascia incresciosamente i fianchi. Si sente costretta nella stoffa tirata e nelle cuciture che reggono a malapena.
Avverte un gonfiore al basso ventre e un indolenzimento doloroso ai seni. Non sopporta più questo periodo di transizione tra cicli mestruali copiosi ed amenorrea.
È arrivata alla soglia dei cinquanta e la menopausa toccherà anche a lei.
Un viaggio d'iniziazione verso una vita da nuova donna.
Fra poco niente più cerchietti intorno ai giorni del calendario, niente più uova prodotte dalle ovaie, niente più tempeste di estrogeni. Teme di sentirsi privata della sua essenza, quale magico e mirabile laboratorio di vita e di morte.
Il medico le ha detto che le pareti della sua vagina si assottiglieranno e che durante i rapporti sessuali potrebbe avvertire dolore e secchezza dovuti all'assenza di secrezioni.
Ma questo non le importa. Con suo marito Alfredo non fa più l'amore da mesi.

Con Alfredo ha condiviso trenta lunghi anni di silenzi, di sforzi, di tirate a fine mese, di calzini bucati e di un russare notturno. E lui ha sopportato tacitamente piedi ghiacciati, vestaglie informi, bigodini, mutande scucite dall'elastico rilasciato e dal cotone stinto. In trent'anni hanno imparato ad amare vicendevolmente i loro difetti, ciascuno ha tentato di smussare le proprie spigolature, scendendo a compromessi accettabili e mai lesivi.
E al pensiero si sente stringere la gola dalla lana del lupetto color panna, ultimo e modesto acquisto ad una bancarella di cinesi.
Nel frattempo la strada torna morbidamente piana e l'incedere di lei diventa lento, quasi trascinato. I muscoli contratti delle cosce e dei polpacci si rilasciano nella lycra dei collant e l'improvvisa rilassatezza le fa avvertire l'impellente necessità di urinare.
Una folata di vento ghiacciato le sferza i capelli lunghi e neri. Li tiene sempre intrappolati in uno chignon, per praticità e abitudine. Oggi li ha voluti abbandonare ai capricci di Eolo, e sorride di quelle ciocche che si incastrano nella peluria del maglione, insinuandosi maliziosamente fra i seni. E sorride di quei crini color ebano, mescolati a fili argentei, che si incollano al volto, facendole vedere il mondo a fotogrammi.

Guarda l'orologio e si rende conto che fra meno di tre ore rincaseranno figli e marito, e che dovrà preparare ancora le lasagne, come ha promesso a Riccardo.
Accelera il passo, già dimentica dei suoi ingenui trastulli.
Giunge davanti al numero civico 27 di via Sforza, alle ore 16.00 del giorno 19 febbraio, come scritto sul biglietto: una pallottola di carta quadrettata e sudata, lanciata sfrontatamente da Silvano in un angolo della cucina di lei, dietro il tostapane.
Passa la mano umida sui campanelli d'ottone, indugia. Trova il cognome di Silvano, ma non pigia quel bottone. Sa che basterebbe l'irrazionale pressione su un campanello per scivolare nel baratro. Scivolare, non cadere, ma sempre in un baratro o forse in un paradiso. Si morde il labbro inferiore rabbiosamente, fino a farlo sanguinare, avvertendo un sapore metallico in bocca.
Non ha mai voluto vivere veramente. Si è sempre accomodata nella sicurezza delle mura domestiche, prodigandosi per i propri cari come madre e moglie e non dando mai voce alle sue necessità di donna.
Decide di non suonare e di non vivere, ancora una volta. Gira le spalle al portoncino in legno e calpesta all'incontrario i passi appena percorsi. Si avverte nuovamente sconfitta dalle sue paure, odiandosi e insultandosi.

Improvvisamente si sente agguantare per un braccio. Trasale per lo spavento e si volta istintivamente. I suoi occhi nocciola incrociano quelli azzurri di Silvano.
Il giovane ha indosso solo un paio di jeans, è scalzo e a torso nudo in un grigio pomeriggio d'inverno. Ha un corpo glabro e color avorio, con muscoli appena accennati. Il suo viso ha lineamenti efebici ed è incorniciato da riccioli color miele. Bello come un Apollo e giovane come suo figlio. Silvano è un compagno di corso di Riccardo.
L'idillio platonico fra la donna e il ragazzo era nato da più di un anno, ma si era sempre limitato a sguardi fugaci, allusivi e spesso per lei disarmanti.

Il ragazzo accompagna la donna nel suo appartamento, minuscolo e disordinato. Le offre un caffè ma lei rifiuta, destabilizzata dalla situazione e sconcertata dalla sua accettazione, del tutto e dell'incerto.

Silvano la fa accomodare su una sedia. Le scosta i capelli e le bacia il collo con dolcezza. Accompagna con le mani l'inclinazione del capo della donna e segue nel respirare l'aroma di una carne nuova, odorosa di esperienza.
Spalma l'intera lingua dalla clavicola all'orecchio, lasciando una striscia di bava lucida come il sentiero percorso da una lumaca. S'intrufola nell'orecchio di lei, leccandone il piccolo antro e ridisegnando il lobo con la colla della sua bocca.
La donna sente il ventre contrarsi e avverte una spinta di piacere ridestare le pareti uterine. Un intimo tonfo dei sensi le accelera il battito cardiaco e le rende affannoso il respiro.
Silvano prosegue nel suo languido e perverso gioco di lingua lambendo le smorfie di piacere cristallizzate sul volto di lei.
Le bacia il sorriso, poi con morsi teneri e accorti si impossessa della carnosità delle labbra, le passa la lingua sui denti, infilandola con gentile invadenza nella bocca della donna. Le due lingue si intrecciano e si aggrovigliano assaporando entrambe un gusto sconosciuto.
La donna vede il sesso di Silvano lievitare sotto i jeans e sente il suo slip appiccicarsi alla pelle, filante di quelle secrezioni la cui scomparsa era stata preannunciata dalla medicina e confermata dalla routine di Alfredo.

Silvano solleva la donna dalla seggiola, accogliendola nell'altalena delle sue braccia e stringendola forte al petto, odoroso di bagnoschiuma al sandalo. Superano la soglia della stanza da letto e il pensiero di lei corre al giorno delle nozze con Alfredo e a quella sua prima notte d'amore in cui la sua verginità, come fiore sul ciglio di un prato, era stata recisa dal vomere di un aratro.
Nessuno mai l'aveva sfiorata oltre al marito, sposato senza amore e per accordo fra le famiglie.

Silvano è la sua prima volta, a cinquant'anni. È il brivido carnale, il desiderio nascosto, la perversione irrazionale, la voce ascoltata dell'inconscio più scellerato.
Si sente incapace di accendere la passione, imprigionata da preconcetti frustranti. E si vergogna. Non ha nulla da insegnare a questo ragazzino, così sicuro e risoluto sul da farsi.
Ha vissuto un'intera esistenza dando ciò che le veniva richiesto e mai pretendendo. Oggi si concede il suo primo regalo, oggi è come se fosse il giorno del suo compleanno.

Silvano l'adagia sul letto sfatto. Le sfila scarpe, collant e gonna. Candide e rotonde cosce leggermente divaricate si abbandonano a massaggi dolci, ipnotici, che si fanno poi più veloci e dal ritmo concitato. Le mani del giovane finiscono per afferrare e premere con violenza quelle carni silenti, lasciando marchi lividi e deprecabili per una donna incatenata dal suggello della fedeltà.
Silvano scosta gli slip grondanti di piacere di lei e respira profondamente l'odore acre e pungente del desiderio. La donna ansima di quell'alito caldo e fintamente innocente e si sente intorpidita dal formicolio degli arti. Il piacere le avviluppa ogni centimetro di carne, i peli le si rizzano di un brivido caldo e la necessità della minzione si amplifica.
La donna si solleva e con affanno chiede dove si trovi la toilette. Il giovane sorride compiaciuto e la implora di orinargli nel letto. La donna rimane atterrita dalla richiesta, ma un - la prego - sussurrato rompe ogni suo tabù.

Silvano la priva delle mutande e attende che dalla minuscola sorgente sgorghi il caldo liquido paglierino. Rimane in contemplazione di quelle carni genitrici, nell'apparente catalessi di un bimbo dinanzi alla proiezione di un cartone animato sullo schermo gigante dei cinema.
Una prima timida goccia zampilla, irrigando il taglio ridesto. Seguono fiotti abbondanti, cascate di urina che costringono Silvano a liberare il suo sesso per masturbarsi. La donna si scioglie di piacere alla visione del pene di lui ingigantirsi nella morsa della mano e per la prima volta si avverte vogliosa e avida, con il cervello trapanato da una bramosia sconosciuta. Allora blocca il polso di Silvano, interrompendo l'ostinato raggiungimento di un orgasmo solitario e mentre sprofonda in un lago bollente che le si fa ghiaccio sotto le natiche, guida il sesso del giovane verso la sua vagina fremente. Il pene di Silvano sfonda un panetto di burro semisciolto, scivola in una liquida vischiosità, annega in un lago d'acqua ristagnata da tempo e che oggi si fa mare senza orizzonte.
Lei si sente schiusa nel fiore del suo segreto e deflorata nelle carni, urenti di minuscoli tagli, lacerazioni a raggiera, irrigate da liquidi in dissolvimento.

Cammina a passo svelto. Entra in una rosticceria e acquista due teglie di lasagne. Non ha il tempo materiale per arrangiare una cena, oggi non vuole avere tempo per gli altri.
Rimarrà per sempre la moglie di Alfredo, la mamma di Magda, la mamma di Riccardo.
Rimarrà per sempre l'essere umano senza nome e senza volto, senza desideri e pretese.
Ma oggi è consapevole di poter essere anche una donna che odora di sesso e che accoglie, in un ventre destinato al letargo, il giovane seme di un giovane uomo.




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