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Racconto n° 2691
Autore: Alemar Altri racconti di Alemar
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Voci nella notte
Un silenzio che è diventato suono nella notte, un silenzio che parla una voce a me nota, ma non ancora pronunciata. E' dentro me, mi appartiene, è mia. Eppure non la riconosco del tutto...
La seguo, come si segue una traccia, un frammento, un profumo. E' calma, le modulazioni sono morbide, mi arrivano simultaneamente da più parti, ed io le accolgo tutte, girando vorticosamente su me stessa. Mi parla, mi racconta un sogno che ancora devo sognare, e dentro raccolgo le vibrazioni di un piacere che mi raggiungerà presto, perché lo desidero fortemente.

Sarà un buio vestito di musica, e di fruscii poco celati. Sarà la percezione di spazio e tempo, e di te e altri forse, nella stanza.
I miei occhi brancoleranno nel buio, come se potessero anch'essi tremare, come le mie membra nude, sul pavimento non del tutto freddo.
La stanza l'ho già vista, la riconosco appena. L'eccitazione di quella notte era troppo alta per permettermi di raccogliere dettagli sparsi nelle forme e nello spazio. I dettagli erano solo quelli rubati al tuo corpo, nella penombra.
Ora sono ancora qui, giunta nel silenzio di questa notte fresca, grazie ad un percorso distribuito a cavallo di giorni bagnati di voglia, e mani nervose a frugare cosce e pertugi affamati.
Ci sono e non scappo, non ne ho nessuna intenzione. Al contrario, la voglia cresce con me, e diventa adulta. Si abbandona nella fiducia che in te ho riposto.
Piccola bimba che compie i suoi primi passi da donna.
Vergine sulla pietra sacrificale, immolata per un piacere che non mi darà più pace, dopo questa notte. Battezzerai la nuova Guen, quella che divento qui, ora, per te. Per me.

Cafè del mar in sottofondo: mi culla, mi prepara, mi agita un poco. Intorno rumori di passi quasi silenziosi. Mi hai preparata lentamente prima, seguendo un rituale impresso nella tua mente, dove l'uomo diventa pirata, dimenticando le fatiche e le mortificazioni del navigare senza vento.
Mi sei vicino, avverto il tuo passo vicino al viso, sul legno che non ha il coraggio di scricchiolare. Anche lui avverte la tensione, la paura e l'eccitazione che ne deriva. Sai che sono quasi pronta, che lo diventerò nel momento in cui me lo chiederai.
Solo ora capisco il significato del dominare e dell'essere dominata. In fondo è così semplice, me lo avevi detto... ma certe cose bisogna viverle. Sono qui per questo.

Uno sfrigolio mi dice che la pietra di un accendino ha preso vita; poco dopo avverto un profumo leggero nell'aria, speziato, con un cuore legnoso. Non vedo nulla attraverso la benda nera, quindi immagino provenga da una candela, un olio, qualcosa che sta bruciando quasi quanto me.
I tuoi passi mi abbandonano ed io mi sento già orfana. Ecco, sta succedendo.
Ti sento mentre cauto ti allontani, nella direzione opposta alla mia. La maniglia della porta si abbassa sotto la pressione di una mano... La tua? O quella di chi altro? Non voglio sapere nulla. Voglio solo essere il piacere che ci siamo promessi, per la vita e oltre.
In quell'attimo di silenzio e di attesa, mi rivedo alla guida della mia auto, mentre ti raggiungo. Piccola tremante Guen, quanta strada stai percorrendo? Dove ti porterà tutto questo, te lo sei chiesta? No, è vero. Sono domande a cui non esiste risposta, quindi non te le poni. Però rivedi la strada di questi mesi, la consapevolezza che viaggia veloce come la tua mente, i tuoi pensieri. Ricordi cosa ti diceva lui? - Sei incredibilmente rapida, lucida, acuta. Arrivi sempre prima di altri. Sei sempre in anticipo. - Tu ridevi, nella piena consapevolezza di quelle parole.
E intanto ora macini km, nella città caotica, nervosa, ma mai quanto te in questo momento.
La porta si richiude, immagini alle spalle di qualcuno che sa e aspetta di vederti. Nuda, vulnerabile, pronta e accessibile in ogni modo conosciuto e non. Pensi che è tardi per tornare indietro, e in fondo non lo vuoi neppure: tu ami il volo libero, quello al limite della sicurezza. Cadi sempre, e ami il dolore intenso che ti ricorda la tua forza, la tua capacità di rialzarti. Sempre. Malgrado tutto, ti senti per questo immortale. Immortale dentro. L'hai forgiato fin da piccola il tuo istinto di sopravvivenza, in mezzo alle mille difficoltà che la vita ti ha costretto ad imparare troppo in fretta.
Senti il fruscio dei vestiti, e un leggero profumo di vento invernale, quello che si appiccica addosso ai panni umidi stesi in cortile, nel pallido sole dell'ora di pranzo. Sai che non asciugheranno in tempo, ma il profumo che rimane, come quello che l'ospite appena entrato ti ha portato, rimarrà nella fibra e nel cassetto dove riporrai il capo. E quando lo indosserai, ricorderai l'uomo che nel silenzio della stanza, senza impronte sul parquet che non scricchiola, è venuto per godere di te, con te.
Vi ascolto. Non vi parlate, non sussurrate, forse gesticolate.
Poi tu mi raggiungi, e avverti la mia tensione, la mia rigidità. Il freddo mi morde la schiena.
Sento il tuo profumo, Paco Rabanne è per me un ricordo dolce, come l'incontro in auto, mentre Elisa e il Liga cantavano di noi, e noi neppure lo sapevamo. Flash.
Il tuo fiato accanto al mio viso, mi baci dolcemente lo zigomo alto. Hai la bocca calda. La cerco, me la neghi.
Mi prendi i polsi, uno per volta, e li avvolgi nella morbidezza di un tessuto simile alla seta, o al raso. La consistenza è quella di una sciarpa, e mi fissi con uno dei tuoi nodi a qualcosa che non so riconoscere, ma che mi impedisce il movimento.
Sono totalmente abbandonata, esposta e vulnerabile. E amo sentirmi così, ora, per te.
Finalmente libera dal mio bisogno di controllo su tutto. Libera di lasciarmi andare.
Sento la testa girare, le tempie pulsano e il ritmo cardiaco ha cominciato la sua corsa, la sua maratona notturna.
Le tue mani mi raggiungono, mi sfiorano il viso, il collo, in mezzo ai seni. Poi navigano sul ventre, che trema percettibilmente al ritmo del cuore, come se ne seguisse la danza. Scendi sul pube depilato, con la sottile riga scura nel centro, sopra il clitoride. Innocente, puro, casto. Mai si potrebbe dire che quel petalo di carne rosa, è la fica di una puttana, la tua puttana. Lo penso per un attimo, mi agito dentro come se tu potessi leggere i miei pensieri più intimi. Ma hai imparato a conoscere la tua piccola dolce Guen, e nel messaggio inviato dai miei ormoni, riconosci il peccato e la lussuria, e te ne accerti infilando la mano tra le cosce, che non fermano la tua rincorsa.
Ansimo, per la prima volta emetto un suono che la stanza rimanda amplificato. Tieni la mano sulla fessura, senza entrare, coccolando il clitoride che invece brama il tuo gioco.
La paura mi richiama alla lucidità quando una mano sconosciuta afferra la mia caviglia senza insicurezza alcuna. Autorevole, non autoritaria. Mi divarica leggermente le gambe e le lega a qualcosa che di nuovo, non so riconoscere. Ora sono braccata, per istinto cerco conforto e protezione in te, chiamo il tuo nome e tu mi baci morbido, con la lingua docile, calma. A placare l'ansia, l'imprevisto inaspettato. Un uomo mi ha toccata, un uomo che non sei tu ha raccolto il tepore della mia pelle.
Mi ha spaventato, ma un calore insolito pervade il ventre. Spavento ed eccitazione, non ho paura, tu sei con me. Non mi può accadere nulla, perché ci sarai tu a proteggermi...
- Sono qui, tranquilla...
Finalmente una conferma nel buio della mia notte. Mi appoggio con la schiena al legno, cerco una posizione comoda, e attendo.
Sento il tuo corpo steso accanto al mio, immagino la sagoma, il profilo, i gesti. Il non vedere diventa una piacevole tortura, perché so dove sei tu, ma non so dov'è l'altro. Amplifico i sensi, affino la ricerca, ma di lui non ho indizi. Forse è in piedi di fronte a me, forse si è messo di lato, forse mi sta guardando. Forse mi toccherà.
E invece è la tua mano che ancora una volta riconosco, mi è famigliare, ed il tocco è quello raccontato sottovoce nel buio della mia camera da letto. Mi sfiori lento, calmo, sicuro. Nei polpastrelli la certezza di ciò che ti appartiene, ridisegna la voglia come io la immagino, e piano mi lascio cullare dall'onda che sento partire da lontano.
Navighi su centimetri di pelle calda, affondi e ritrai la pressione, scavi, prendi, rubi.
La tua voce accanto al mio viso, precede e racconta il gesto. È come un morso alla gola, è la cronaca di un piacere misto alla paura, dal quale non ho riparo.
- Ti piace tutto questo, vero? Lo so che ti piace, lo sento. Sei così bella amore mio, vibri come un liuto, e la tua musica è un canto di sirene innamorate e felici. Lasciale andare, lascia che loro danzino per te -
La tua mano mi raggiunge con un gesto dolce ma fermo, deciso. Come il tuo desiderio. Poi sento che ti alzi ancora, e nell'incanto ovattato rumori non decifrabili arrivano al mio timpano.
Ritorni, silenzioso e attento, su di me. Qualcosa di caldo mi bagna, non riconosco il profumo, forse olio di cedro. Lo lasci cadere dall'alto, sul capezzolo duro, teso, prepotentemente sfacciato. Un gemito mi riempie la bocca, ma una sirena veloce ed astuta lo lancia nell'aria. Buco il buio con il primo sussurro di piacere.
Altre gocce, una dietro l'altra, a disegnare linee morbide, senza direzione precisa. Andranno dove il piacere le chiamerà, fedeli come le amanti. L'ombelico diventa ora un pozzo dei desideri, pioggia calda e profumata lo riempie, lo colma. Inzuppi la punta dell'indice e cominci a scrivere la tua prima lettera d'amore per me, sulla mia pelle bagnata di desiderio.
Cerco di indovinare le parole, le frasi, ma sono del tutto stordita, e la confusione non mi permette di seguire il tuo discorso.
Calore, calore, calore. Un sole sorge nei meandri dei miei pensieri, le sinapsi impazziscono, il collegamento tra paura e voglia si scioglie, e divento ciò che tu hai visto, letto, sentito, l'ultimo giorno di novembre.
Sento il fruscio degli abiti che precipitano a terra, tra i tuoi piedi e il mio viso. Poi il peso del tuo corpo sul mio, a combaciare perfettamente, a chiudere il cerchio. A guidarmi nella ricerca di un confine nuovo, da marcare. E nuovamente da superare. Per inventare ancora disegni che saranno modificati, nel tempo.
Amo il peso del tuo corpo, perché mi da la linea di demarcazione. Le mie ripetute deflagrazioni hanno cancellato la percezione della mia anima, e così capita che a volte, io dimentichi persino le dimensioni del mio corpo, e stare così, sotto di te, mi aiuta a ritrovarmi, a capire almeno fisicamente, dove comincio e dove finisco.
Mi allarghi le gambe con il ginocchio, ti sento spingere di bacino, aderisci perfettamente e i peli del pube mi solleticano piacevolmente. La tua bocca sul mio collo, a mordere forte, a segnare come un animale il dominio sulla preda. Sono tua, ancora e sempre. E mentre muoio piano con il tuo profumo nelle narici, ancora la mano di prima a risvegliarmi. Istintivamente cerco di alzarmi, ma i polsi legati mi riportano alla mia condizione di schiava. La mano dell'uomo mi accarezza il collo del piede, il malleolo, il polpaccio, ed io mi irrigidisco, immaginando dove andrà a finire quella carezza. Tu mi aiuti ancora una volta, sei lì per questo.
- Buona Guen, buona; va tutto bene...
Ansimo e cerco di rilassare il muscolo interno della coscia, dove lui si è intrufolato giocando tra i nostri confini epidermici. Mi allarga ancora di più le gambe, come per darti la possibilità di risalirmi ancora, lungo la corrente, fino al culmine massimo del piacere. Ti eccita sentirmi così tremante, per un misto di paura ed eccitazione che hai aspettato come un arcobaleno dopo il temporale, in questi ultimi giorni.
E l'eccitazione segna un altro punto a suo favore, perché è così che mi sento: bagnatissima, lava che cola da un vulcano spento da millenni, vergine come la foresta che lo circonda. Vergine come me ora, tra le tue mani e la mia fame di conoscere un piacere diverso. Quello che ti ho annusato addosso, sulla pelle, nella consapevolezza che emani, mio maestro di confini senza confini, disegnati da una matita a punta morbida, la cui riga scompare dopo una passata di gomma.
La mano del nostro amante mi lascia, e sento all'interno della stanza qualcosa che si muove, rumori morbidi, rotondi. Poi lo ritrovo ancora una volta, dietro la mia testa, mentre mi aiuta a sollevarmi appena, per adagiare sotto la schiena, dei cuscini tiepidi e profumati della stessa essenza che aleggia ancora nell'aria, tra i nostri odori mescolati. Assecondo il gesto, cerco per quanto mi è possibile, di trovare comodità ed equilibrio nella mia nuova posizione, ma lui è bravo e soprattutto vede cosa deve fare per regalare al mio corpo l'appoggio di cui ha bisogno per ciò che mi aspetta.
Sono semi seduta e ben ancorata. È premuroso il suo gesto, è denso di attenzione. È delicato, e ora quasi, mi fa meno paura.
Poi il profumo dei tuoi umori vicino al naso segnano la distanza tra me il tuo sesso. Non lo vedo ma lo ricordo bene, e nel ricordo lo rivedo. Lucido, teso, duro. Perfetto. Lo strofino contro la guancia, e tu guidi il gesto con la tua mano sulla mia testa. Lo prendo per istinto in bocca, subito e tutto. Fino in fondo alla gola. Lo tengo al caldo, senza muovere la lingua, aspettando che si abitui a quella nuova dimensione, a quel nuovo calore. E poi comincio la danza, e mi muovo intorno a lui, famelica, ingorda. Come la più tenera delle Lolite. Ti sfugge un gemito, il primo della serata, e questa volta sei tu a riempire la stanza.
L'uomo avanza verso di noi, si accomoda di fianco, e lo so, mi guarda. Mi guarda fisso, con gli occhi iniettati di voglia, appoggiati alla bocca. La mia bocca...
Grande, morbida, carnosa, senza rossetto. Fatta apposta per succhiartelo. Ricordi? Lo dicevamo sempre al telefono, ridendo e scherzandoci sopra. Ora so che non scherzavi affatto, nella tua vena di lucida follia lo pensavi seriamente.
L'uomo è seduto alle mie spalle ora, mi massaggia il collo, accompagna il mio gesto, con morbida partecipazione. Ti lecco piano, morbida, seguendo il ritmo che lui da alle mie spalle, siamo in due a regalarti questo piacere, la mia bocca, il suo ritmo. Ti sento ansimare più forte, mi prendi ancora la testa fra le mani e ti infili completamente dentro, fino in fondo alla gola, dove sai che riesco ad ospitarti. Mi blocchi deciso e mi inondi di fiotti caldi e ritmati dalle contrazioni del tuo orgasmo.
Ti bevo, e sei il nettare più buono che la mia bocca mortale abbia mai assaggiato.
Lo tengo in bocca, al caldo, accompagno il suo svuotarsi, il suo ritirarsi piano dopo il piacere. Ma non lo lascio, lo tengo ancora con me, tra la lingua e il palato, mentre l'uomo alle mie spalle ha ripreso a massaggiarmi. E' erotico ora il suo toccarmi, forse vorrebbe avere una parte più incisiva in questo quarto di luna, ma sono sicura che tu gli abbia già spiegato che posso essere di un solo uomo, perché posso amarne solo uno. E non c'è amore dentro destinato ad altri. Sono solo tua, tua fino alla fine, tua fino in fondo..
Ti lascio uscire dalla mia bocca, mentre con la punta delle dita spalmi le gocce di sperma che brillano intorno al contorno della labbra, sulle guance, e mentre lo fai le inseguo con la bocca, per mangiarti ancora, per cercare di spegnere la fame che ancora mi divora.
Ti avvicini e mi baci, prima morbido, dolce, tenero; poi i baci si fanno più insidiosi, e a ritmo di musica, spingi la lingua in una penetrazione simulata fin troppo bene. Con la mano raggiungi il clitoride, e nello sfiorarlo ti sfugge un gemito di compiacimento: nessuno saprebbe eccitarmi più di quanto sappia fare tu, e la prova è ora nelle tue mani, lo senti bene, gonfio e pulsante. La mia lava ha già cominciato a scendere adagio, lungo le strade battute dal desiderio. Continui a baciarmi, con la tua lenta e spietata simulazione, e mentre lo fai ti inzuppi dei miei umori, profumati di mari lontani. Quelli che ora navighi a vele spiegate, con la forza del vento che mi vive addosso.
Spingi la lingua nella mia bocca, nello stesso momento in cui spremi il clitoride. E la mia anima, con il cuore e il corpo, prende il volo... Si alza rapida, poi ridiscende e subito ritorna su, ad ogni spinta, ad ogni pressione.
- Amore ti prego, prendimi...
non ti fai attendere, e con la complicità di questo silenzioso e attento compagno, mi prendi così, come ho sempre desiderato.. viso su viso, mentre entri nella mia carne bagnata e allargata dalle tue mani, mentre spingi guardando i miei occhi coperti, e il desiderio vivo che li rende liquidi come la notte che sta passando; ti prendi il mio piacere, respiri il mio respiro senza smettere di guardarmi, fissando questo fotogramma nella tua mente, con la consapevolezza che non lo dimenticherai mai.
L'uomo da dietro, si è fatto più audace, e con le mani mi tiene i seni. Le sue mani tra di noi, a dividerci e a unirci ancora, e ancora. Mi accarezza, ascolta il mio respiro, sente l'onda nel ritmo del petto che si alza sempre più rapidamente con pause sempre più brevi. Ed io mi mangio la scena di te che mi guardi godere, mi guardi mentre sono passione pura, desiderio, fame e sete. Mentre da crisalide spicco il volo verso una dimensione che non credevo mi appartenesse. E divento la farfalla più bella che si sia vista sui cieli di questo angolo di mondo. E nella notte, senza la paura nelle ali, godo come mai avevo fatto prima..
- Amore, si.....
e l'orgasmo esplode, godo con le parole che muoiono nella tua bocca, mentre in un ultimo respiro chiamo il tuo nome...
l'uomo alle mie spalle allenta la presa, lascia il mio seno, i miei capezzoli, strizzati dalla sua fame paziente e silenziosa.
Ritrovo così il tuo profumo, il sapore della tua bocca, mentre nel corpo il mio ventre si contrae ancora per il piacere appena attraversato. Comincio a tremare, e tu sorridi, con il viso affondato sul mio seno. Ricordi quante volte mi hai sentita così al telefono, dopo aver volato in alto, dove il cielo è davvero blu e l'aria è fredda e pungente.
Ci rilassiamo, adagio, senza fretta, senza imbarazzo.
Il piacere quando è puro, vero, sentito, non genera imbarazzo, genera solo altro piacere.
Ti lasci andare, accarezzandomi piano, ed io come una coccola dolcissima, mi faccio piccola piccola sotto il tuo peso.
- ti amo Guen.
- ed io amo te..
L'uomo alle nostre spalle rimane immobile, sa che ora è il momento di riprendere fiato con calma. La fretta non vive qui, noi siamo senza tempo e senza fine.
Ti bacio il collo, nascondo il viso, le mani gentili di chi ha atteso e osservato il nostro volare alto, mi slegano dai nodi di seta.
Sono libera, la penombra è ancora quasi fastidiosa dopo il buio totale. Mi guardo intorno, e trovo i tuoi occhi, un pozzo di acqua limpida dove non esiste inganno. Ecco cosa ci leggo dentro; verità assoluta, pulizia. Innocenza. Amore, tanto tanto amore... Ti abbraccio ora che finalmente posso farlo, e facendomi rotolare sul fianco, mi porti sotto di te.
Sono felice, libera, leggera. Non ho ancora finito di volare, sono ancora in alto, e non ho intenzione di scendere.
Un lampo attraversa il mio sguardo. Raccolgo la benda e la avvolgo tra le mani. Ti bacio sorridendoti maliziosa. Riconosci il diavoletto?
Ti bacio ancora, e le mie labbra sono l'ultima cosa che vedi prima di sparire nel buio della benda che ora lego sopra i tuoi occhi.
- Amore, ho voglia... giochiamo ancora...

...

Lo sappiamo: si ricomincia, perché siamo come un cerchio: un movimento perpetuo senza inizio né fine.

Alemar

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