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Racconto n° 2958
Autore: Souplesse Altri racconti di Souplesse
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Il peccato
E un giorno il peccato si presentò alla mia porta, con la sua vaga allure demoniaca e il ghigno feroce di chi non ha nessuna voglia di scherzare.
Mi si mostrò con le sue voluttà malefiche, facendo scintillare i denti come stelle. Cruento. Sanguinario, a volte. E per puro esercizio di stile.

E ancora volle sentire il gusto di vedere un'altra donna sanguinare, piegare la testa, offrirgli la schiena. Per poi osservare il suo calvario, lo strazio, il sacrificio.

Era, la sua, una geometria cattiva, che usava gli strumenti neutri e freddi di un obbligato percorso seduttivo.
Ma la sua seduzione rimandava nitidamente a qualcosa di celato, che attraeva ed invitava alla scoperta.

Era il Maître perfetto, il maestro di se stesso che domina il vento potente e incontrollato delle pulsioni, imbriglia la potenza del desiderio, senza lasciarla scivolare in terreni confusi, sempre in moto verso i labirinti della mente.

E con totale disinteresse per le conseguenze seguiva il volo cieco del desiderio per raggiungere piaceri immediati, senza troppi perché.

Come duro, inflessibile pilastro piantato in orizzontale a frantumare la realtà, colpiva, penetrava, scuoteva spostando dal suo posto l'oggetto della sua seduzione, aprendogli altre dimensioni, altre prospettive, e gli piaceva giocare con qualcosa che scommetteva anche sulla speranza.

Ma i suoi erano occhi che non facevano paura, se non a chi ha paura della vita. Lui mostrava la ricchezza e il valore di ciò che si celava nell'ombra.


E mi insegnò che fa bene alla ragione perdersi, ogni tanto, smarrendo il senso del tempo e la memoria, e cercare modi segreti di essere senza dover temere la sanzione, la punizione, la condanna.
Non sempre bisogna esser saggi ad ogni costo.

Ed ero immersa nel massimo abbandono, aperta all'ascolto del turbamento.

E ruotavo in modo sgraziato su me stessa, subordinata a scomposte emozioni, come farfalla cieca sbattendo le ali a cercare qualche angolo di ebbrezza.

E avevo il suo afrore inciso sotto la pelle.

Ed era il mio corpo senza più forma.


Ma il peccato non sapeva che quando si arriva al fondo la visione diventa più acuta, come uno squarcio improvviso che si apre alla coscienza.

E allora incontrai il bivio del dubbio ad ogni chilometro.

E ritrovai intatto il mio delirio di purezza che voleva l'anima candida da brava bambina vestita del bianco della prima comunione.

E volli di nuovo dormire abbracciata all'orsacchiotto dell'innocenza.


E lui mi disse Arrivederci.
E io risposi Addio.

Souplesse

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