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Racconto n° 3094
Autore: Nausica Altri racconti di Nausica
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Ritorno all'essenza
E' incredibile con quanta facilità si passi a volte dalla gioia alla depressione. Succede.
Agosto, rientro dalle vacanze, ma ancora tempo per stare in casa...da sola...a pensare. Pensare.
Niente di peggio dopo una brusca separazione, anche se non stavo soffrendo per amore; certo, l'amore era finito, ma dopo anni di convivenza era dura ritrovare me stessa in uno stato di serena solitudine.
Non era servita neanche la vacanza al mare con Dany e Letizia, quelle due pazze! Per tutte le due settimane non avevano pensato ad altro che scopare...ma sì, alla fine l'avevo fatto anch'io, una gran scopata certo, ma il mattino seguente avevo già dimenticato il di lui volto, e sicuramente lui non ricordava più il mio nome.
Ed eccomi qui, abbronzantissima, in gran forma, e con la voglia di piangere. Cosa avrei fatto a casa da sola per tutta la settimana successiva, con mia madre che mi telefonava perché andassi a pranzo da lei per dirmi quanto avevo fatto bene a lasciarlo, quell'ingrato. Da suicidio. Mi sentivo male al solo pensiero, dovevo andarmene da lì.
Avrei potuto chiedere a mio cugino se mi dava le chiavi di quella casa nel bosco, in montagna. Mi chiedeva sempre se volevo andarci.
- Ma sì, è un'ottima idea – pensai - sparirò per un po'...avrò tempo per raccogliere le idee -
Misi poche cose in una valigia e il mattino dopo all'alba partii, il tragitto non era lungo, infatti dopo un paio d'ore ero già sulla stradina sterrata che portava alla casetta nel bosco.
Un posto da favola, come avevo fatto a non pensarci prima?
I profumi intensi del muschio ancora bagnato dalla rugiada, i colori accesi dei fiori e dei frutti selvatici del bosco. Stavo già meglio, di questo avevo bisogno, un ritorno all'essenziale.
Aprii la porta di casa e un'aria fredda mi pervase, era chiusa da tempo, entrai e spalancai tutte le imposte, l'aria e il sole entrarono e l'ambiente cambiò all'improvviso. Era una casa vecchia ma ben tenuta, le tendine alle finestre erano bianchissime, fatte a mano da Elisabetta, la moglie di mio cugino...ne andava così orgogliosa. I mobili erano modesti, ma non mancava nulla. Il pavimento di legno dava un senso di calore, insieme ai tappeti sistemati un po' ovunque.
Come prima cosa decisi di accendere la stufa, nonostante ora entrasse il sole, la casa era stata chiusa per tanto tempo e faceva freddo. Presi la legna e dopo pochi minuti un fuoco benefico ardeva, cominciando a riscaldare almeno l'area attorno alla stufa.
Svuotai la valigia e sistemai i vestiti e i pochi - viveri - che mi ero portata.
Vidi la moka sulla cucina, e mi venne subito il desiderio di un buon caffè caldo. Per fortuna l'avevo portato, e lo misi sul fuoco.
Al momento di versarlo mi resi conto che non avevo portato lo zucchero. Cercai in tutte le credenze...neanche l'ombra. Versai il caffè nella tazzina e lo avvicinai alle labbra, ma dopo il primo sorso lo lasciai. Nonostante non fossi per nulla schizzinosa, il caffè amaro non riuscivo proprio a mandarlo giù.
Sulla stradina, poco prima di arrivare lì avevo visto una casa, e ricordavo che i miei cugini mi avevano parlato dell'uomo che la abitava, molto riservato ma al contempo gentile e disponibile.
Decisi di spezzare subito la sua pace andando a rompergli le scatole. Avevo bisogno dello zucchero, non potevo stare una settimana senza, e non avevo proprio voglia di scendere in paese a comprarlo.
Mi avviai a piedi per la stradina con il barattolo vuoto e dopo pochi minuti mi trovai davanti alla sua porta. Bussai temendo di disturbare poiché era ancora mattina presto. Bussai ancora...e poi feci per andarmene.
Da dietro la casa, nel bosco, mi arrivò una voce burbera: - Chi c'è? - .
Mi avviai lentamente verso la voce: - Mi scusi, sono la cugina di Roberto, non volevo disturbarla ma mi accorgo di aver finito lo zucchero e mi chiedevo se...- lui apparve all'improvviso davanti a me, era molto alto, un po' di barba scura, grandi occhi nocciola...e due enormi mani che brandivano un'accetta.
- Cazzo – pensai - cominciamo bene! -
Io, dal basso del mio metro e sessanta, restai in silenzio guardandolo intimorita come una bimba davanti al maestro, lui mi fissò per qualche secondo e poi, senza sorridere, mi disse in tono calmo: -- Ma certo, nessun problema...venga in casa - e per grazia di Dio, appoggiò l'accetta contro un albero.
Entrammo dal retro, e ci trovammo subito nella grande cucina piena di attrezzi, pentole di ogni forma e dimensione appese alle grandi travi, ed un grosso ceppo nel centro della stanza come tagliere...bellissimo!
Allungò una mano e da uno scaffale prese, tra tanti, un barattolino di miele.
- perché non usa questo al posto dello zucchero? E' più buono e fa certamente bene. Lo faccio io, è di mia produzione -
Rimasi colpita da quella affermazione, risposi che amavo il miele, ma nel caffè non mi sembrava il caso. Per la prima volta sorrise leggermente, scoprendo gli splendidi denti bianchi.
Prese il mio barattolino vuoto, lo riempì di zucchero, e mi porse anche quello di miele.
- Lo tenga lo stesso...per il latte magari -
Gli sorrisi a mia volta ed accettai ringraziandolo e chiedendogli quale qualità di miele fosse.
- Acacia - rispose lui.
- Mi piace molto quello di castagno - dissi io, rendendomi conto dopo averlo detto che poteva suonare come una richiesta, insomma, non era carino, ma ormai l'avevo detto.
Lui mi disse che non l'aveva al momento, ma che nel pomeriggio sarebbe andato - dalle sue api da castagno - proprio con quello scopo, gli risposi che non doveva disturbarsi, l'avevo detto così, giusto per parlare.
E ringraziandolo ancora tornai verso casa.
La giornata passò in fretta, mi preparai un pasto leggero, misi i tappeti al sole, raccolsi un cesto pieno di more e lamponi. Avrei fatto una marmellata (se solo avessi avuto abbastanza zucchero!), e ogni volta che un'ape mi ronzava intorno istintivamente il pensiero andava a lui.
Non conoscevo neanche il suo nome, non ce lo eravamo detti.
In un bosco il sole va via presto, e arriva il freddo. Rientrai in casa ed accesi il fuoco nel grande camino, sproporzionato per una casa così piccola, mi sistemai con una coperta sul divano e decisi di leggere un po'.

Mi svegliai di soprassalto sentendomi toccare la mano, e lo vidi chino sopra di me.
- Scusami, non volevo spaventarti, ho bussato un paio di volte, la porta era aperta...mi dispiace. Ti ho portato il miele di castagno -
Lo vidi alla luce del fuoco, non era bello...ma non era certo brutto. Era sicuramente magnetico.
Appoggiò un enorme vaso di miele sul tavolo e fece per andarsene. Tra me risi, non mi sarebbe bastata tutta la vita per finire tutto quel miele.
- Aspetta...sto per farmi un tè, perché non ti fermi? -
Restai scalza, piacevole sensazione sul pavimento caldo di legno, preparai il tè, ci sistemammo sul divano e parlammo del miele, delle api, delle more e del modo migliore per fare la marmellata, mi raccontò di quel luogo durante l'inverno, quando la neve seppellisce tutto nascondendolo al mondo, e di come in primavera al suo sciogliersi rende tutto come...purificato.
Mi raccontò di quella volta in cui curò il piccolo cervo ferito, e del maledetto riccio che aveva nidificato sotto casa sua.
La sua voce profonda mi portava in altre dimensione, lo avrei ascoltato per sempre.
Ormai era buio fuori, il fuoco stava per spegnersi e lui si alzò e andò a riattizzarlo. Era chinato davanti al camino e non sapevo più dire se era bello, brutto, gradevole...mi sembrava un Dio greco.
Guardavo le sue grandi mani che smuovevano la brace con il lungo attizzatoio, e mi eccitai al pensiero di sentirle sulla mia pelle, provai un brivido sulla nuca. All'improvviso si voltò e mi guardò, io abbassai lo sguardo, come se avesse potuto leggere i miei pensieri.
Quando rialzai lo sguardo lui era ancora lì, immobile, chinato...e mi guardava in silenzio.
Capii che avevamo gli stessi pensieri, gli stessi desideri, e quando lo vidi muoversi per avvicinarsi il cuore prese a battermi all'impazzata.
Ad un tratto mi fu davanti in tutta la sua imponenza, lentamente si inginocchiò per terra davanti a me, chiuse gli occhi e affondò il viso sulle mie gambe, mentre le sue braccia si allungavano a cingermi la vita. Mio Dio, era così tenero ed eccitante insieme.
Affondai le mani nei suoi capelli scuri e lo accarezzai, cominciai a rilassarmi, le mie mani scesero sulla sua nuca solleticandogliela dolcemente con le unghie, potevo sentire i brividi sulla sua pelle, poi infilai le mani nella camicia ad accarezzargli le spalle, la schiena, lui inspirò profondamente...lentamente...e nel farlo come una montagna la sua schiena si sollevò, si inarcò, poi espirò e sentii il suo respiro caldissimo tra le mie gambe.
Quel calore si insinuò dentro di me, nel basso ventre, sapevo che non proveniva dall'esterno.
Sentii le grandi labbra del mio sesso contrarsi una volta, poi un'altra, le sentii scaldarsi e gonfiarsi un po', le sentii leggermente inumidirsi, chiusi gli occhi e rimasi immobile; era una sensazione bellissima.
Sollevò la testa e lo vidi finalmente da vicino. I suoi grandi occhi magnetici, le sopracciglia folte, la barba corta e ben curata, le labbra carnose. Mi avvicinai a lui, presi il suo volto tra le mani e lo baciai dolcemente, un bacio lungo, leggero. Avvertii il desiderio di sentire il suo sapore, schiusi le labbra e immediatamente anche lui, e le lingue si incontrarono, si conobbero, delicatamente si spinsero sempre più in profondità, poi con più passione fino a ritrovarsi intrecciate, avvinghiate e affamate l'una dell'altra.
Schiusi le gambe, le avvolsi attorno ai suoi fianchi avvicinai il mio bacino al suo, nel farlo la gonna da sola si sollevò, ora i nostri due corpi aderivano, e i miei seni premevano contro il suo petto.
Le lingue ormai bramose non si staccavano, le mie braccia gli cinsero il collo, tenendolo stretto a me, le sue mani si appoggiarono sui miei glutei, li afferrarono e, con un colpo deciso, mi spinse verso di lui. Il bacio si interruppe all'improvviso ed emettemmo un gemito. Potevo sentire distintamente il suo pene eretto attraverso i pantaloni, era premuto contro le mie mutandine ormai bagnate.
Il bacio riprese e le sue mani sui miei glutei cominciarono a spingermi ritmicamente verso di lui, ancora...e ancora...mentre il suo ventre vigoroso premeva contro di me, stavo impazzendo di desiderio, volevo subito sentirlo dentro di me, volevo sentire il calore della sua pelle sulla mia, così le mie mani cominciarono a sbottonargli la camicia, gliela sfilai, lui fece lo stesso con me e all'improvviso ci abbracciammo stretti sospirando per qualche istante nel contatto delle nostre pelli calde, poi di nuovo il desiderio prese il sopravvento, e mentre le lingue ancora si cercavano la mia mano prese l'iniziativa accarezzandogli il petto, per poi scendere lentamente, sempre più giù. Gli sfilai la cintura, gli sbottonai i pantaloni, la zip scese, e piano infilai la mano alla ricerca del piacere...lo trovai caldo, pulsante. Al contatto con la mia mano un gemito gli sfuggì, io sorrisi compiaciuta.
Gli accarezzai il glande, poi lo accarezzai ripetutamente per tutta la lunghezza, la mia mano si insinuava sempre più in fondo tra i suoi sospiri, finché arrivai ai testicoli, con tocco leggero li presi in mano, li accarezzai dolcemente soffermandomi un po', poi tornai su, e ancora giù...e su...un gioco che non mi stancava, non stancava neanche lui.
Il suo pene era più grosso ora, ed era durissimo. Lo afferrai bene in mano e il su e giù divenne ritmico, le sue mani affondavano prepotenti nelle mie morbide carni, mi sollevò completamente la gonna e prese ad abbassarmi le mutandine, io lo aiutai e dopo un attimo fui nuda.
Subito sentii la sua mano tra le mie gambe, con tocco leggero in principio accarezzò tutta la lunghezza della mia fessura per poi tornare su schiudendola un po', provocando in me un nodo allo stomaco, il suo dito ormai bagnato scivolò sul clitoride.
- Aaahhh - quelle sue mani mi stavano facendo impazzire.
Solo poco prima le guardavo bramando tutto questo, e ora il suo dito giocava con il mio bottoncino magico, lo accarezzava piano, lo prendeva tra due dita e lo tirava leggermente, poi lo massaggiava...ogni tanto scendeva giù a bagnarsi bene le dita e poi tornava su a farmi impazzire di piacere, mentre la sua lingua non smetteva di giocare con la mia.
Ci stavamo masturbando a vicenda, speravo che quel momento non finisse mai; ad un tratto il suo dito scese ancora per non tornare su, si soffermò all'ingresso della vagina, io trattenni il fiato...e poi piano cominciò a spingerlo all'interno, sempre più in fondo, ancora e ancora, lo sentivo dentro di me, lo muoveva piano, come se mi esplorasse, sapevo che adesso tutta la sua mano era bagnata, stavo morendo di desiderio, il suo grosso dito medio entrava e usciva piano, e all'improvviso il dito indice si unì al primo, due dita mi penetrarono facendomi gridare di piacere, cercando le mie profondità, mentre il pollice mi sollecitava il clitoride ormai gonfio e voglioso.
Lo scostai da me, mi spostai bene in avanti sul bordo del divano, mi sdraiai, allargai le gambe e lo guardai sorridendo...un chiaro invito.
Le mie labbra erano spalancate davanti a lui.
Mi afferrò le gambe e le sollevò, appoggiando le caviglie sulle sue spalle.
Prese il suo membro e lo avvicinò a me, mentre con l'altra mano prese a toccarmi i seni. Appoggiò la punta contro di me facendola strusciare lungo la fessura, su e giù.
Dio stavo impazzendo,lo volevo dentro, mi stava facendo morire.
Sentivo la sua cappella bollente e bagnata strusciare contro il clitoride, poi finalmente cominciò a scivolarmi dentro...piano...solo per metà e poi lo tolse, e poi ancora dentro per metà...e poi fuori.
- Ancora - gli dicevo - Ancora...così...- sembrava che mi leggesse nel pensiero.
- Ti voglio tutto dentro – lo imploravo cercando di andargli incontro, di trattenerlo con le gambe, lui si fermava a metà e usciva.
- Lo voglio sentire tutto, ti prego – era un gioco eccitante e crudele, stavo impazzendo di desiderio, e mi sentivo svuotare ogni volta che usciva.
All'improvviso le sue mani mi presero per i fianchi e con un unico colpo entrò completamente in me.
Gridai.
Era enorme, per quanto fossi ben lubrificata un'entrata così improvvisa mi fece male. Stavo godendo...stavo godendo come mai prima di allora, lui continuò a tenermi per i fianchi e cominciò a spingersi con continui colpi, a volte quando arrivava in fondo si fermava e lo muoveva dentro, cercando di aderire ovunque. Presi le mie gambe da dietro le ginocchia le tirai verso di me e le allargai di più, il mio sesso era spalancato ora, volevo farlo entrare completamente in me.
I suoi colpi divennero furiosi, mi sentivo aperta in due, si faceva strada violentemente e gemeva, gridava...fui sua.
All'improvviso uscì da me, mi sentii svuotata e gridai - NO - mi guardò negli occhi ansimando e la sua lingua fu di nuovo nella mia bocca, scese a leccarmi i seni, a succhiarmi i capezzoli di marmo, poi mi voltò, di colpo mi ritrovai in ginocchio per terra, appoggiata sul divano...sorrisi, allargai le gambe, lui si mise tra le mie cosce bagnate dagli umori ed entrò. Si appoggiò completamente su di me, sentivo i peli del suo petto solleticarmi la schiena e le sue mani mi stringevano i seni...e ricominciò a spingere...ancora...e ancora...voltai la testa e di nuovo le nostre lingue si incontrarono. Lui si spingeva avanti ed io gli andavo incontro, i miei seni sussultavano ad ogni colpo, lui li afferrava, li massaggiava, li stringeva, mi torturava i capezzoli, le mie grida si perdevano nel bosco, ed io capii che stavo per venire.
- Godi...godi con me, vienimi dentro...vieni con me - le mie parole erano a singhiozzo, spezzate dai colpi sempre più violenti.
- Sì sì...sto venendo...sto venendo...sei mia - disse mentre la sua mano all'improvviso dai seni prese a scendere sotto l'ombelico, fino ad accarezzare la peluria, a cercare il mio clitoride infiammato...appena lo toccò venni, gridai, sussultai, vibrai. Lui mi schiacciò col suo peso e mi strinse quasi a soffocarmi.
- Vengoooo- fu il grido unisono.
Sentii il suo seme schizzare dentro di me, poi lo sentii gocciolare fuori, nonostante il suo membro ancora eretto mi penetrasse completamente.
Giacemmo sfiniti in terra, mentre dolci baci ansimanti ci confortavano dalle fatiche.
Gli presi il volto tra le mani, lo guardai negli occhi e gli chiesi: - Come ti chiami? -
Lui mi guardò...e rise...



Elisabetta aprì la porta e mi accolse con un sorriso, poi divenne seria e disse: - Santo cielo, come sei dimagrita! Però ti vedo bene -
- Sto bene, sto bene, ti ho riportato le chiavi della casa in montagna -
- Tienile tu, io ne ho un altro mazzo...puoi andarci tutte le volte che vorrai -
- Bene, ti ringrazio...e accetto l'invito. E' un posto molto tranquillo, pensavo di tornarci il prossimo week-end - dissi...sorridendo tra me.

Nausica

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