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Racconto n° 3137
Autore: Nausica Altri racconti di Nausica
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Prima il dovere...
Prima il dovere e poi il piacere.
Adempivo scrupolosamente alla prima parte di questa frase, insulsa a mio avviso, dal momento che non ne avvertivo la completezza. Dovere. Piacere. Due mondi distinti e separati, difficilmente combinabili.
Girai la chiave nella serratura e la porta si aprì; feci ingresso nel mio regno, come ogni sera.
- Sei tu? –
La sua voce, che tutti definivano debole e stanca, mutava al mio apparire.
- Sono io – risposi.
Entrai nel salotto e lo vidi. Era lì, come sempre, seduto alla scrivania.
- Sei ancora lì, proprio dove ti ho lasciato stamattina! – lo sgridai.
- Tesoro, quando comincio a scrivere il tempo mi vola, lo sai – si giustificò sorridendo, come un bimbo sorpreso a guardare troppi cartoni animati – comunque sono anche uscito un po' oggi. –
Mi avvicinai e mi chinai a baciargli la fronte – cosa vuoi per cena? – la sua mano puntuale si appoggiò sulla mia natica – qualsiasi cosa tesoro, va bene qualsiasi cosa – rispose guardando dritto nella mia scollatura.
Nonostante l'età e gli acciacchi, nel sesso era sempre come un ragazzino.
Quando l'avevo sposato, solo cinque anni prima, tutti avevano detto che l'avevo fatto per i suoi soldi. Non mi importava, e non importava neanche a lui. Erano state le sue poesie a farmi perdere la testa... il mio cuore era suo; quando scriveva di me era come se entrasse negli angoli più profondi dei miei pensieri, dove neanche io riuscivo ad arrivare.
Non sapevo se quello era l'amore, certo gli volevo bene. Mi faceva sentire al sicuro.
- Vado a preparare qualcosa – gli dissi.
La sua mano prese la mia e mi fermò – aspetta, fatti guardare un po'... come sei bella oggi. –
Santo cielo, era instancabile! Sorrisi e mi avvicinai di nuovo a lui.
- Vuoi guardarmi? Vuoi solo guardarmi? – gli chiesi con fare provocatorio.
Mi sorrise con aria innocente.
- Va bene, allora guardami. –
Lentamente mi sedetti sulla scrivania, allargai un po' le gambe e appoggiai i piedi sui braccioli della sua sedia. Vidi il suo petto alzarsi e abbassarsi un po' più velocemente, e subito le sue mani si appoggiarono sulle mie ginocchia.
Aveva voglia di me. Aveva sempre voglia di me. Era piacevole sentirsi sempre così desiderata.
Le sue mani tremanti cominciarono a scorrere piano sulle cosce, mentre il suo sguardo non si staccava dall'oscurità procurata dalla gonna che ancora celava le mie parti intime. Lentamente le sue mani cominciarono a far salire la stretta gonna, tesa sulle cosce, ed io con i piedi avvicinai la sedia a me. Sarebbe stato ore a guardarmi, toccandomi e accarezzandomi.
Puntai le mani sulla scrivania e mi sollevai un po', lui mi tirò su la gonna fino alla vita.
Gli presi il volto tra le mani facendogli sollevare lo sguardo che teneva fisso sulle mie mutandine, poi con dolcezza lo attirai a me, facendogli affondare il volto tra i miei seni.
Gemette forte, mentre le sue mani mi palpavano le natiche, la sua bocca mi mordeva i seni ancora avvolti nella camicetta.
- Piano – gli dissi – Fai piano, sei tremendo! – e con due dita feci saltare i primi due bottoncini, che erano rimasti tesi tutto il giorno a contenere il generoso decolté. I seni strariparono fuori dalla camicetta, mentre le sue mani si infilavano nella schiena a cercare l'allacciatura del reggiseno, trovandola e sganciandola.
La sua bocca si spalancò ad accogliere il mio piccolo capezzolo ancora morbido, i suoi baffi bianchi mi solleticarono la pelle, sentii la sua lingua scorrere veloce da un seno all'altro e subito i capezzoli si indurirono... gli piaceva vederli così, puntati all'insù, ancora più piccoli e turgidi.
Cominciò a succhiarli mentre le sue dita si insinuavano nelle mie mutandine, era il passo successivo quello, farmi bagnare. Scostò la mutandine di lato e due dita cominciarono a scorrere piano sul clitoride, su e giù, per poi aumentare di velocità sino a quando mi sentì gemere, a quel punto affondò un dito nella vagina, lo tirò fuori e lo guardò compiaciuto. Gli umori brillavano alla luce della lampada, come i suoi occhi azzurri.
Gli presi la mano e la guidai alla mia bocca, il suo dito venne risucchiato dalle mie labbra, e lentamente lo tirai fuori.
- Ancora – gli dissi. E ancora il suo dito affondò dentro me, e ancora lo presi in bocca sentendo il mio sapore.
Immaginavo che il suo pene adesso fosse pronto e duro per me. Scivolai giù dalla scrivania e mi inginocchiai davanti a lui. Gli sbottonai i pantaloni ed insinuai dentro la mano trovandolo subito. Lo tirai fuori e avvicinai la bocca, cominciando a circuirgli il glande con la lingua lentamente, a lungo, poi le mie labbra lo avvolsero e cominciai il movimento delicato che gli piaceva tanto.
La mia testa si alzava e si abbassava, le sue mani tra i miei capelli accompagnavano i movimenti, i seni premevano sulle sue gambe e lo sentivo fremere; una luccicante goccia di sperma fece capolino sulla punta del glande, per un attimo la guardai e poi con avidità la succhiai. Gridò, sentii i suoi testicoli pulsare e mi fermai.
- Ti voglio venire dentro tesoro – mi disse con un filo di voce.
Mi sfilai le mutandine e mi posizionai sopra di lui, presi con una mano il membro durissimo e lo appoggiai all'ingresso della mia vagina. Piano feci affondare la punta in me, e cominciai a muovermi per accoglierlo sempre di più, sempre più a fondo, lui si muoveva sotto, venendomi incontro, cominciammo a gemere entrambi mentre i respiri si facevano affannosi.
Puntai bene le ginocchia sulla sedia, mentre con le mani afferrai saldamente i braccioli, e cominciai ritmicamente a muovermi su e giù, lo facevo entrare fino in fondo e poi lo facevo scivolare quasi completamente fuori, mentre i seni gli ballavano davanti agli occhi.
Sapevo che mancava poco, lo sentivo tremare sotto di me, le sue mani mi afferravano convulsamente i fianchi, la sua lingua senza tregua mi leccava i seni, e poi lo sentii esplodere dentro di me.
- Sto venendo... sto venendo... vieni anche tu –
- Sì tesoro, vengo anch'io –
Ancora qualche gemito e poi lo sentii rilassarsi sulla poltrona, stremato e affannato.
- Sei venuta? –
- Certo amore mio, sono venuta – mentii, come quasi tutte le volte.
Mi baciò teneramente, mi sollevai, mentre gli umori mischiati allo sperma cominciavano a gocciolarmi tra le cosce e mi diressi in bagno. Chiusi a chiave, mi tolsi i pochi vestiti che avevo ancora indosso e mi infilai sotto la doccia calda. Cominciai ad insaponarmi, ed ogni gesto non faceva che aumentare la mia eccitazione, lo scorrere dell'acqua sulla mia pelle, la schiuma che mi avvolgeva, i capezzoli ancora duri e il mio sesso gonfio e pulsante. Mi appoggiai al vetro della doccia e allargai leggermente le gambe. La mano da sola accarezzò i seni, prima di scendere sul ventre, e ancora più giù, fino a sfiorare la piccola protuberanza infiammata tra le mie gambe, poi cominciò a scorrere tra le grandi labbra completamente spalancate, sempre più velocemente, poi prepotentemente un dito entrò fino in fondo...ancora... ancora, sempre più in fondo... e poi due dita, i miei gemiti erano coperti dal rumore dell'acqua che scorreva, caddi in ginocchio sul piatto della doccia e dopo un po' il piacere giunse come un calore nel basso ventre, i muscoli si contrassero sulle mie dita, ed io fui appagata.


Girai la chiave nella serratura e la porta si aprì; feci ingresso nel mio regno, come ogni sera.
- Sei tu? –
- Si tesoro, sono arrivata –
- E' arrivata, adesso la conoscerai. –
Mi fermai all'ingresso del salotto e guardai l'ospite con curiosità.
- Vieni cara, voglio presentarti Giulio, ricordi ti ho parlato di lui. Il mio allievo favorito. –
Ero pronta alle solite frasi - ma che splendida e giovane moglie, avevo sentito dire che era un fiore, ma non pensavo fosse così bella! - . Santo cielo... detestavo le adulazioni.
Gli porsi la mano.
– Sono felice di conoscerla Giulio, ho sentito tanto parlare di lei. –
Lui la prese tra le sue e la tenne qualche secondo.
- Lei è molto fortunata, se fossi nato donna anch'io avrei fatto di tutto per sposare questo furfante – disse, scoppiando in una fragorosa risata.
Anch'io scoppiai a ridere, piacevolmente stupita.
- Sì, è vero – dissi – sono molto fortunata. –
La serata passò piacevolmente, una cena semplice e tante chiacchiere allegre, racconti e ricordi.
Giulio se ne andò che era ormai notte, promettendoci che sarebbe tornato presto a trovarci, dato che si era trasferito in città.

Suonò il campanello, andai ad aprire.
- Giulio... che ci fai qui? Mio marito non c'è, è in ... -
- Sì, lo so, è in ospedale per i soliti due giorni di controllo, sono stato a trovarlo oggi. –
A quel punto lo guardai senza capire.
- Posso entrare? Vorrei parlarti. –
Senza aspettare risposta entrò e andò in salotto. Lo seguii.
- Cosa c'è? –
- Mi chiedevo se... -
Lo guardai alzando le sopracciglia – Sì? Cosa? –
- Voglio fare l'amore con te. –
Sgranai gli occhi, mentre le guance avvamparono di indignazione mista ad una strana sensazione non definibile.
- Cosa? Come ti permetti? Come puoi venire qui mentre lui non c'è e... –
In un attimo fu davanti a me, a tre centimetri dal mio volto.
- Va bene. Dimmi che non lo desideri anche tu e me ne andrò. Ti ho vista, mi fissi quando non ti guardo, arrossisci quando casualmente ci sfioriamo. –
Mio Dio, come poteva essersene accorto? L'avevo anche sognato, ad occhi chiusi nel letto, e ad occhi aperti, nella doccia. Ad un tratto ebbi paura che sapesse anche questo.
Abbassai lo sguardo cercando di indietreggiare, il muro mi fermò.
Restai a testa bassa e chiusi gli occhi. Non sapevo cosa fare, ma sapevo che dovevo decidere in una frazione di secondo, altrimenti avrebbe deciso lui per me. Forse era proprio quello che volevo.
Sentii le sue mani prendermi il volto e sollevarlo, non ebbi il coraggio di aprire gli occhi, le sue labbra si appoggiarono lievemente sulle mie.
- Cosa sto facendo? – pensai – Non posso farlo, lui è in ospedale...non posso farlo. –
La sua lingua calda sfiorò le mie labbra, istintivamente si schiusero accogliendola. Mi ascoltai e capii che non volevo resistergli. Ogni mia singola cellula voleva appartenere a lui in quel momento, e voleva essere da lui posseduta.
Le mie braccia gli cinsero il collo, quella fu per lui la conferma del mio desiderio. Mi schiacciò letteralmente contro il muro e sentii la potenza dei suoi muscoli, mentre le lingue si nutrivano l'una dell'altra. Le sue mani presero a toccarmi ovunque, con lentezza e decisione, soffermandosi quando mi sentiva gemere, sui seni, sui glutei, sui fianchi, mentre cominciavo a sentire il suo membro duro premuto contro il mio ventre.
La sua lingua scese sul mio collo mentre le mani sbottonavano sapientemente la camicetta, sfilandola via. Mi strinse forte i seni, fino a farmi gemere di dolore, e poi ne tirò fuori uno dal reggiseno, subito il capezzolo fu nella sua bocca. Credevo di impazzire di piacere, lo sentivo leccare, succhiare, torturarmi con i denti, tirò fuori l'altro seno e ricominciò a giocare con i miei capezzoli di marmo.
Strinsi istintivamente le gambe, quando il mio sesso cominciò a contrarsi, e potei sentire le mutandine già bagnate. Credevo che mi leggesse nel pensiero, perché la sua bocca cominciò a scendere. S'inginocchiò davanti a me e prese a tirarmi su la gonna, sentivo le sue mani salire sulle cosce, le gambe restavano serrate dall'emozione. Ero in preda ad un puro panico. Avevo paura di quello che avrei potuto provare, il pensiero della sua lingua tra le mie gambe... oddio! Non potevo neanche pensarci. La gonna era completamente sollevata, affondò il volto nel mio ventre inspirando a fondo, e poi espirò. Mi sentii morire.
Le sue mani afferrarono le mie cosce e cominciarono a far leva.
– Apri le gambe... apriti dai... ti voglio assaggiare. –
Sapevo di essere bagnatissima, e un po' me ne vergognavo. Cominciai ad aprire le gambe, subito la sua lingua si insinuò sull'inguine facendomi gemere e rabbrividire. Poi passò lentamente sulle mutandine, per tutta la lunghezza della fessura, potevo sentirla calda, dura e bagnata, le sue mani sfilarono via le mutandine bagnate, facendole cadere in terra. Afferrò la mia gamba e se l'appoggiò sulla spalla, e poi fu l'estasi. Il clitoride gonfio e voglioso pulsava nella sua bocca, mentre le sue dita riempivano le mie cavità. Sentii l'orgasmo arrivare inarrestabile come una gigantesca onda, ero in preda agli spasmi, afferrai con una mano la tenda accanto a me e la strappai, poi venni sulla sua lingua, gridando.
Mi ritrovai in ginocchio, abbracciata a lui, sfinita, svuotata, appagata.
Prese a baciarmi prepotentemente, la sua lingua aveva il mio sapore. Ora toccava a lui, desideravo farlo godere almeno quanto avevo goduto io.
Le mie mani andarono ai suoi pantaloni gonfi, le feci scorrere assaporandone tutta la lunghezza, la durezza. Li sbottonai e infilai la mano, lo afferrai, era gonfio, duro, vivo. I pantaloni caddero e abbassai gli slip, mentre lui in un lampo si tolse la camicia. Finalmente... era nudo davanti a me. Mi fermai a guardarlo, eravamo entrambi in ginocchio e il suo membro eretto puntava contro di me, ne potevo distinguere ogni vena rigonfia e pulsante. Allungai una mano e accarezzai il glande, lui sospirò rumorosamente. Mi appoggiai con le mani in terra e mi fu davanti alla faccia. Come un gattino che fa le fusa, cominciai a strusciarmi su di lui con la faccia premuta sul suo ventre, i capelli a solleticargli il pene. La mia testa si chinò di più, lo sentii strusciarmi sulla spalla e presi a leccargli i testicoli. Fremeva e ansimava: mi piaceva sentirlo così eccitato, volevo farlo impazzire. Presi a leccargli e succhiargli lo scroto prendendolo tutto in bocca ripetutamente, velocemente. Mi sollevai un po', e appoggiai il mio petto al suo ventre. I miei seni avvolsero il suo membro, abbracciai i suoi fianchi e presi a muovermi piano. Il suo pene scivolava tra i seni, scomparendo e riapparendo ad ogni mio movimento. Le sue mani afferrarono i miei capelli e prepotentemente mi abbassò la testa. Spalancai la bocca e lo accolsi al suo apparire, la punta bollente affondò tra le mie labbra e ne fu risucchiata. Gemette forte, mentre le sue mani spingevano la mia testa su e giù. Il pene continuava a scivolare tra i seni, per finirmi in bocca. Mi scostai e lo feci sdraiare. Mi posizionai comodamente sopra le sue gambe e di nuovo la mia testa si abbassò sul suo ventre. Presi il pene con una mano e il glande tra le labbra, cominciai a succhiare piano, solo la punta, ancora... e ancora, solo la punta. Leccavo, succhiavo, la lingua circuiva la punta, mentre le sue mani cercavano di spingere in giù la mia testa, facendomelo entrare tutto in bocca. Resistetti. Solo la punta... ancora e ancora... e poi all'improvviso lo presi tutto in bocca, fino in gola e succhiai forte. Gridò, la sua schiena si inarcò. E poi ricominciai a lavorare sulla punta, succhiandola, leccandola... e dopo un po' ancora tutto in bocca fino in fondo. E poi ancora solo la punta. Sapevo che se avessi continuato così mi avrebbe preso con la forza, non ne poteva più. E così mi accomodai sopra di lui. Appoggiai le mani sul suo petto, e con i movimenti del bacino riuscii a prenderlo facilmente nella vagina bagnata, scivolò dentro con facilità. Solo la punta.
Il gioco ricominciò. Le labbra della bocca vennero sostituite da quelle del mio sesso. Su e giù, solo sulla punta, e ogni volta che tornavo su stringevo forte i muscoli della vagina aderendo al suo glande. Ancora e ancora... e poi con un colpo lo feci affondare in me, vibrando di piacere mentre i glutei sbatterono contro le sue cosce. Poi ancora mi sollevai e ricominciai a giocare con il suo glande pulsante. Le sue mani mi afferrarono per i fianchi, cercando di trattenermi, mentre il suo bacino si alzava cercando di venirmi incontro. Era una lotta tra due amanti, io resistevo, m'impuntavo, sudavo, mi dimenavo, trattenendo in me solo la punta...per poi farlo affondare all'improvviso a mio piacimento, dentro le mie profondità. Ad un tratto gridò e un attimo dopo ero sotto di lui, penetrò in me con violentissimi colpi, sentivo i suoi testicoli sbattere sui miei glutei, alzai le gambe e le allacciai dietro la sua schiena. I colpi velocissimi e il suo peso sul mio petto mi toglievano il fiato, e all'improvviso sentii il suo fluido inondarmi a fiotti. Gridai di piacere, mentre un orgasmo afferrava le mie viscere squassandole incontrollate.
Giacemmo in terra per un tempo infinito, amandoci ancora durante quella notte.


Giulio entrò nella camera d'ospedale.
- Allora Giulio, com'è andata? –
- Non puoi chiedermi di raccontarti com'è andata, ti prego di non farlo. –
- Voglio solo sapere se è andata come pensavamo. Lei... era contenta? –
- Sì, amico mio, lei era contenta. –
Giulio lo guardò con ammirazione mista ad incredulità. La amava a tal punto.
- Tu resti in città adesso, vero Giulio? Ti farò sapere ogni volta che non sarò in casa. Rendila felice. Lei renderà felici me e te. –

Nausica

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