- [...]scopami ad occhi chiusi
amore
o di schiena
ch'io possa solo intuirlo il lampo
dei tuoi occhi demoni
a trapassarmi il cuore. -
In terza persona.
Avevano avvolto notti interminabili ad infilare parole una dietro l'altra, poi s'era affacciata prepotente la voglia di possedersi e le frasi avevano demolito, scardinato certezze, invaso come uno tsunami la gola e, attraverso le unghie della mente, avevano graffiato le pareti dell'anima e la carne dal suo interno.
La descrizione lucida dei desideri e delle perversioni aveva sfiancato i tasti dove adesso le dita scivolavano senza l'attrito delle lettere e accarezzavano, premevano, stringevano in un riflesso di Pavlov ad ogni versoparola convenuta.
Non si somigliavano che per i tendini di poesia, per l'andare a capo senza la maiuscola, per l'esaltazione della stessa senza bisogno di dirselo, per quell'intendersi famelico anche quando erano di schiena.
- Lo sai quanti anni ho? - ...aveva detto lei ad un tratto, interrompendo di maestrale le fate di carta che una sull'altra costruivano verticismi inquieti.
- Sì... è un problema per te? - ...non lo era. Non lo era mai stato, a dire il vero. Ma i cristalli vanno osservati in silenzio, senza lasciare impronte nette ad alterarne la bellezza; per questo lo aveva chiesto, a metà tra il sorriso e la paura.
Abbattere le barriere era sempre stata la sua specialità, prima di quel giorno almeno, il quarto di sette, desiderato, atteso, voluto, pensato e pesato, vestito di rosso come una puttana.
Sarebbe andata così: sul fare del giorno avrebbe preso congedo dalla realtà e via dritta al suo magnifico inferno.
Sarebbe andata così se le ali di Caronte non avessero traghettato un'anima di troppo, e non c'era più spazio adesso ai bordi dello Stige.
Non le rimase che coricarsi come Ofelia su un ultimo letto di ninfe compiacenti che coniugavano sinonimi e contrari al suo nulla momentaneo e lentamente scivolare in un oblìo ristoratore, cullata da tutti i fumi possibili, strafacendosi d'insonnia e pleniluni di mandorle amare.
L'aveva sognata tante notti, così vera che quasi ne sentiva il respiro sulla nuca, mentre le sorprendeva le spalle e sussurrava parole disarmanti sul suo collo, i diesis di lingua le bagnavano le labbra e lungo le cosce era un delirio di passione. Poi le sue mani, così belle da fare male, sbottonavano i pensieri lentamente, percorrevano il sagrato del ventre, in verticale curva sulla gola nuda, fin dentro la sua bocca sgombra di peccato, annegata nel desiderio di contenerle tutte quelle dita, ad una ad una, in risposta al silenzio che le accecava la voce.
In dissolvenza il bianco e nero onirico lascia spazio ai sistemi cromatici del reale.
In prima persona.
Scelgo di farmi scopare all'indicativo presente.
Parole... parole... parole e anima dimenticate nude tra braccia, le mie, e lingua, la tua... in un tramonto di ragione, contro uno specchio perverso che calamita il ripetersi ossessivo, impazzito, di ogni gesto.
E la tua forza a contenermi la fuga degli orgasmi, per aspettarti sulla soglia di un piacere troppo intenso per viverlo a turno; il corpo flesso contro il doppio, gli occhi che si cercano nell'immagine di rimando e si trovano nell'attimo che precede ed esalta l'iperbole in volo, incontrollabile.
Sciogli una mano dalla morsa sui miei fianchi e la sento arroventarmi le vertebre in salita; poi eccola, tra i miei capelli... sciogliere i nastri... sì... stringere la nuca; la tua voce che smezza sospiri e versi che conosciamo solo noi e io tra le tue voglie, così, ancora una volta, perversa e troia come Tu mi vuoi.
Le labbra condannate all'esilio tagliano il cuoio di postura e s'aprono alle tue, al loro miele d'attesa; allo snodarsi e riannodarsi delle lingue; esondano gli argini acque scomposte di piacere.
E sono ancora le tue mani a raccogliermi, i tuoi occhi a penetrarmi, la tua lingua a scoparmi l'anima.
Guardami adesso mentre tremo dentro le tue braccia, mentre vengo nelle tue mani, mentre ho il cuore nudo che ansima il tuo nome.
Nella mancata armonia, l'attesa di Te, delle tue mani, eterna la mia voglia, il mio vizio di volerti, la perversa idea d'averti. Mia.
- Sbavami il cuore sulle mani nude
il tuo vizio sigillato, ingemmato d'iride
sedimenta e nutre le mie notti
Ha fissa dimora l'immagine di Te che m'accompagna
E io, nuda di me, ti circondo d'anima -
Erato
Erato