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Racconto n° 3841
Autore: Strega Altri racconti di Strega
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Notte D'Abisso
Avrei dovuto indossare qualcosa di meno bianco.

Un vestito lungo e nero, sensuale, avvolgente, da Jessica la moglie del tenero Roger Rabbit; avrei fatto la mia figura ne sono sicura.

Il mio look comunque non era male, poco indicato alla serata forse, comunque sentivo lo sguardo degli uomini su di me, questo mi ha sempre fatto molto piacere.

Pantaloni di lino bianco con annesso perizoma di pizzo, la sgambatura che si intravede fra la trama del tessuto l'ho sempre trovata molto sexy, specialmente sulla pelle dorata di luglio; canottiera di seta con profondo scollo, la schiena in evidenza, ma tutti gli occhi si posavano sul profondo solco che divideva i seni traboccanti e pieni.

Volevo mettere le infradito nere acquistate qualche giorno prima, sono trendy, completamente senza tacco, poi ho optato per un sandalo di pelle bianca che si annodava sulla caviglia e saliva sul polpaccio, alla schiava per intenderci.

Avevo passato gran parte del pomeriggio in bagno, doccia e maschera termale, scrub corpo e viso, pedicure e manicure con tanto di french per le unghie; avevo raccolto i capelli con due forcine orientali lasciando che qualche ricciolo ribelle scendesse sulla nuca: un'aria naturale, estiva, frizzante, nessuno avrebbe mai immaginato quanto fosse invece studiato ogni particolare.

Era una festa sulla spiaggia, una di quelle feste in cui non riesci a riconoscere nessuno perchè la luce del falò non basta ad illuminare i volti e quindi ti ritrovi a dover salutare tutti.

Ero arrivata in ritardo, avevo girato e rigirato per tentare di trovare un posticino per la mia citycar che di car non ha assolutamente nulla, nera con il tettino... ma se apri il tettino diventa un motorino a 4 ruote e addio pettinatura, così mi ero accontenta di viaggiare con un cm di finestrino aperto, giusto per uscire dall'apnea ogni 20 secondi e non morire affogata nel mio sudore.

Quando l'avevo acquistata avevo pensato di poter fare a meno dell'aria condizionata, 1000 euro in più e avrei evitato di arrivare alla festa con l'aria di chi ha appena fatto un bagno in mare.

Comunque sorridente e abbagliante come un neon ho iniziato a salutare tutti; c'era anche quel calciatore che gioca in B, non ricordavo bene come si chiamava, ma avevo visto la sua faccia su tutti i rotocalchi estivi. Il calciatore era il suo secondo lavoro, come prima occupazione era in cerca di donne belle e famose con cui farsi fotografare; ho salutato anche lui, appiccicoso e profumato come una granita al limone mi mostrava la mascella prepotente, fisico niente male, ma dopo la seconda parola mi sono allontanata con la scusa di prendere qualcosa da bere: un cafone tutto lampade e gelatina.

Ero circondata da bella gente, ero a mio agio, per quanto in realtà odiassi le feste di ogni genere, l'unica cosa veramente divertente era l'osservare il comportamento del "branco".

Vino bianco, tartine e fiocchi di formaggio; sorrisi, abbracci e mani scivolate sensualmente sulle spalle nude.

Musica d'atmosfera, più tardi forse ci sarebbe stato anche un cantante di piano bar o musica latino-americana direttamente sulla spiaggia, mi sarei sfilata le scarpe e avrei ballato ridendo di me con il polipone di turno.

Sapevo come finivano quelle serate, occhi languidi e...

- Sali da me per l'ultimo bicchiere? -

Scappavo via poi, veloce appena l'ultimo sospiro d'estasi lo rendeva flaccido, scappavo via dagli abbracci non desiderati.

Poteva essere chiunque, non credo di aver mai riposto troppa attenzione nella scelta, in fondo sarebbe stato per una sera. Certo, doveva avere un bell'aspetto e un appartamento nel quale star tranquilli, per il resto non mi interessava sapere altro, sposato o no... non faceva differenza.

Stavo conversando di niente con un manager di una compagnia petrolifera, un trentenne giacca e cravatta con un sorriso da bambino viziato, mi parlava forse di come a Tenerife l'estate prima avesse scoperto un localino delizioso frequentato solo dalla popolazione locale. L'ho notato subito... diverso, profondamente diverso da tutto, era seduto in fondo al locale, proprio vicino alla ringhiera in ferro battuto che ci divideva dal mare.

Era seduto e leggeva, stava leggendo un libro mentre il mondo intorno ciarlava e si scambiava sorrisi da copertina di vogue, calzoni color sabbia di lino leggeri scendevano su sandali neri di cuoio consumati, camicia stropicciata, anch'essa di lino, leggermente più chiara dei calzoni.

Continuai ad osservarlo mentre il petroliere mi invitava nella sua casa al Circeo, ci sarebbe stata una piccola festa nel fine settimana.

Barba di qualche giorno e capelli scesi appena sulla fronte, pelle scura ma scura di sole, di barca, di mare.

- Puoi rimanere quanto vuoi - continuava.

Un piede poggiato sulla balaustra, gli occhi fissi sul foglio.
Ero curiosa, un uomo che legge ad una festa.

- Si va a Ponza se ti va, ho degli amici lì - non smetteva.

Con una mano spostò lentamente i capelli sulla fronte, alzò poco la testa per guardare il mare: una distesa scura, infinita, aspirò vorace l'odore di pulito che saliva dalla spiaggia.

- Mi ascolti? -

Non c'ero più, ero fra le pagine di quel libro, volevo essere sfogliata, letta, avevo bisogno della sua attenzione.

- Chiamami se ti va, sai che mi fa piacere, dico davvero. -

- Certo, ti chiamo... sicuro, buona serata - sorrisi.

Non l'avevo mai visto, ne ero certa, non avrei potuto non notare un uomo così.
Non era bello, o meglio, non lo definirei bello, ma sensuale, affascinante, penetrante.
Eppure conoscevo tutti, non che frequentassi spesso questo tipo di feste, ma la gente che c'era la conoscevo bene, in ogni piccolo dettaglio.

Io ero una di loro, per quanto la mia casa non si trovasse all'Olgiata e non avessi una Bmw, ero comunque una di loro, nel loro giro, ero stata la donna di un dirigente di una multinazionale e continuavo a lavorare per lui nonostante avessimo rotto da diverso tempo, così venivo invitata alle sfilate e alle serate di beneficenza, alle feste e mi permettevano di sniffare la loro cocaina.

Lui non l'avevo mai visto, l'avrei notato ne ero sicura.

Mi avvicinai con passo deciso, in mano un calice con del vino bianco frizzante; era piacevole l'odore di pesca, al palato invece risultava aspro, pungente.

- Cosa leggi- chiesi.

Alzò appena gli occhi su di me.

- Scusa? – mi guardò con noncuranza.

- Stai leggendo - continuai imbarazzata.

- Non si può?- abbassò di nuovo gli occhi sul libro.

- Certo, si può tutto quando c'è questa luna - sorrisi ancora.

- Grazie per la gentile concessione... - riprese a leggere.

Non c'ero più, era tornato nel suo mondo, io non ero mai esistita.

Lo lasciai, mi allontanai delusa e amareggiata; nessuno mi aveva mai trattato in quel modo, potevo non piacere, potevo anche risultare antipatica, ma indifferente mi capitava davvero raramente. E' un cafone asociale, pensai mentre scendevo in spiaggia a piedi nudi.

Le voci degli ospiti mi arrivavano attutite, anche le luci della capannina erano lontane ora, c'ero io e il mare e quel sospiro profondo che mi invitava ad unirmi a lui.

Sentii il vento leggero entrare nel tessuto che mi avvolgeva, lo sentivo accarezzarmi e spingermi, spingermi finché l'acqua gelata non mi sfiorò i piedi.

Iniziai a spogliarmi lentamente; potevo essere vista, non era importante.

Sfilai la canottiera che scivolò leggera sulla spiaggia e con mano abile sganciai il reggiseno.

Il mio seno era libero, lo sentivo respirare, i capezzoli inturgiditi dal freddo di quella notte estiva, tolsi anche i pantaloni che giacevano adesso ai miei piedi.

Mi voltai, non c'era nessuno, solo luci e voci lontane.

Iniziai piano ad accarezzarmi, le spalle lisce di pelle profumata e morbida, il petto sostenuto; le dita scivolavano sull'aureola increspata e rosa dei capezzoli, li strinsi fra le dita e un brivido scese lungo la schiena, l'addome e la pancia, sfilai il perizoma sentendo di voler appartenere fino in fondo a quella distesa più scura della notte.

Le mie mani continuavano a prendere coscienza del corpo, accarezzavano i profili, il sedere sodo contro il vento e avvolgevano il sesso perfettamente depilato.

Camminavo lentamente sentendo la sabbia ondulata dalle onde solleticare la pianta dei piedi.

L'acqua arrivava alle cosce ora, sfiorando a tratti le labbra lisce.

La bocca sul collo, la lingua giocava sulla nuca... piegai poco la testa per permettergli di baciami di più... chiusi gli occhi, non importava chi fosse, era il mare per me.

Le mani dal collo scendevano lentamente sul seno, sentivo il suo corpo aderire perfettamente al mio, ancora la lingua adesso sulle spalle, mentre accarezzava l'addome teso.

Sciolse i capelli, li sentii posarsi sulle spalle, leggeri, vivi... il suo naso fra i miei capelli, le sue mani sul mio sesso fresco di acqua e brezza di mare.

Era abile, istintivo, si muoveva dietro di me, nudo quanto me e mi voltò, non aprii gli occhi, ma lasciai la sua bocca posarsi sulla mia, mentre la lingua seguiva i contorni delle turgide labbra; sapeva di vino, di sale...

Lo sentivo respirare e le lingue danzavano una danza millenaria e sconosciuta, la musica era il vento e lo sciabordio del mare sugli scogli in lontananza.

Toccai il suo petto, accarezzai i profili delle spalle forti, era il mio mare, mi spingeva là dove poteva sommergermi ed io non opponevo resistenza.

- Abbandonati - disse ed io conoscevo la sua voce profonda.

Mi lasciai galleggiare sull'acqua mentre i capelli si inzuppavano di luna, il mio corpo gli apparteneva e mi attirò al suo viso mangiando e bevendomi.

La lingua mi penetrava in un amplesso infinito di emozioni, lasciai che le piccole onde mi cullassero mentre la sua bocca mi baciava con passione, le sue labbra sulle mie, di bocche diverse; un vortice mi titillava in clitoride ed io impazzivo di sensazioni.

Riemersi fra le sue braccia, abbracciavo le sue spalle mentre il suo sesso gonfio di me spingeva dolcemente per riempirmi, un'unica forte pressione ed io ero sua, sospirai, gemetti... urlai mentre mi prendeva completamente fino ad esplodere insieme in un unico estenuante respiro.

Volevo aprire gli occhi adesso e non permettergli di andare via, volevo rimanesse dentro di me per sempre, avrei voluto morire così, nuda fra le sue braccia.

Aprii gli occhi, era ancora buio intorno, le luci della capannina c'erano ancora, ero sola.

Portai le mani alla bocca, sapore di me, agrodolce.

Non c'era stato nessuno, solo io e il mare.

Tornai sulla spiaggia, lasciai che il vento mi asciugasse e mi rivestii non curandomi dei capelli che rimasero bagnati sulle spalle.

C'erano ancora tutti e lui era ancora seduto con il suo libro, gli passai vicino, alzò gli occhi, i suoi capelli bagnati.

- Hai dimenticato questo. -

Nelle sue mani le forcine orientali; era il mio mare.

Strega

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