Seduta alla mia scrivania controllo la posta che la segretaria mi ha portato sorseggiando il caffè caldo.
Lo stereo compenetra il silenzio creando un'atmosfera rilassante, un sottofondo che quasi ignoro fino a quando una canzone di Biagio Antonacci si insinua in me. Parole che sembrano scritte da noi. Musica suadente, coinvolgente, magia di note e poesia che pare nata come colonna sonora al nostro amarci:
- Io su di lei ... il vento su noi... tra paura e passione... -
Sì, siamo noi. La paura che ci pervade perniciosa ad ogni incontro, il cuore in fibrillazione, lo sguardo dissennato di chi non riesce a resistere alla tentazione. Quella follia che ci svuota la mente dalla razionalità lasciando al corpo l'unica guida. Solo istinto, senso di appartenenza, esigenza insopprimibile che ci istiga a fonderci impavidi e incoscienti. Noi che non ci apparteniamo, diversi come il sole dalla luna, eppure affini e indivisibili.
- Pelle su pelle noi siamo gli amanti ... -
Amanti, questo noi siamo. Cuori in burrasca, anime scellerate dominate da una necessità di emozioni che travalica il senso di colpa. Corpi affamati che si placano solo dopo l'amplesso. Cervelli sconvolti dalla passione che vivono nell'attesa di una nuova fusione.
Pensieri che filtrano intriganti e scabrosi, richiamando alla mente l'ultimo intreccio di membra intrise da famelica ingordigia.
È passato un anno dalla prima volta che ti ho visto. Giovane e sfrontato nel tuo abito elegante, con quella borsa in pelle ricercata, quell'aria sicura e scanzonata, e quel sorriso irriverente con cui mi hai avvolto mentre ci presentavano: - Monica ti presento il nuovo direttore marketing, il Dottor Sandro Sorrentini. - Quel sorriso... mi è entrato nella pancia come un maglio d'acciaio e non ho avuto scampo. Non hai dovuto faticare molto per ottenere la mia resa. Ero tua ancora prima che tu lo chiedessi. Ammaliata e smarrita nel tuo sorriso, inglobata nella tua pelle, sperduta nei tuoi pensieri. Ubriaca da emozioni fino a quel momento ignote.
Ricordo quei primi approcci irridenti, l'ironia usata per celare l'attrazione, il tuo provocarmi con sguardi e sfioramenti che parevano casuali.
E poi... il primo bacio, incendio divampato e non più governabile.
Eravamo in riunione nell'ufficio del Dottor Cesari, il - grande capo - e tu non mi toglievi gli occhi di dosso. Mi impappinai nella presentazione della relazione, una gaffes da adolescente, distratta dalla sensazione fisica dei tuoi occhi sulla mia pelle. Arrossii vistosamente e tu mi sorridesti complice, come se conoscessi i pensieri indecenti che in quel momento attraversavano la mia testa. Finita la riunione con una scusa mi seguisti nel mio ufficio e non mi desti neppure il tempo di parlare che già le tue labbra mangiavano le mie. Le mie mani a cercarti, la cerniera dei tuoi pantaloni aperta e fra le mie dita il tuo membro svettante e duro a dimostrarmi quanto mi desideravi. Mi facesti voltare, strappasti i miei collant e spostando le mutandine mi scopasti con furia li, appoggiata alla scrivania , come un ossesso senza più la capacità di attendere oltre. Una manciata di minuti ove la lussuria imperò oscenamente libera. Dopo ci guardammo increduli, scioccati e sconvolti, ma incredibilmente paghi.
Da allora fra noi e sempre stato così, un richiamo ancestrale, carnalità sfrenata impossibile da imbrigliare.
Mi riscuoto dai ricordi al suono del cellulare. L'eccitazione mi invade nel riconoscere il tuo numero.
Aspetto trepidante.
Tre squilli.
Il nostro segnale.
Un simbolismo del nostro codice segreto: Mi vuoi.
Tre squilli di risposta: Ti voglio.
Mi alzo lisciandomi la gonna, prendo da sopra la scrivania un plico di documenti da portare in segreteria, alibi per la mia fuga, e mi avvio con passo sicuro fuori dall'ufficio. Cammino per il corridoio sorridendo ad alcune colleghe vicino alla macchina del caffè e procedo rapida verso il secondo ascensore. Premo il bottone per chiamarlo al piano e aspetto.
Sento l'adrenalina scorrere nelle mie vene al pensiero che fra poco saremo assieme. So che mi aspetti all'ultimo piano. So che mi porterai in un nuovo angolo nascosto che hai scovato per noi. E l'idea del rischio che ci possano vedere mi stordisce per l'intensità dell'eccitazione che risveglia. La bocca è asciutta per l'emozione quando l'ascensore si apre. Vi sono già due uomini e resto paralizzata dallo stupore nel riconoscerti.
Mi saluti con un informale - Salve Monica - a cui rispondo con altrettanta indifferenza. La terza persona è il responsabile del reparto vendite che ci saluta cordialmente uscendo dall'ascensore. Appena la porta si chiude dietro alle sue spalle mi sei addosso. Il tuo bacio mi risucchia nel vortice della passione più torbida. Le tue mani s'infilano rapide sotto alla mia gonna e bruciano la pelle dove la toccano.
Si, sei fuoco che mi incendia e mi avviluppa.
Sposti con decisione le mutandine e infili le dita dentro alla mia vagina con crudele urgenza. Trancio il gemito fra i denti mentre mi avvinghio al tuo corpo. Duttile creta mi spalmo su di te, mi apro alle tue dita e scevra da qualsivoglia ritrosia ti cedo il controllo del mio corpo.
E tu ne prendi possesso.
Il mio seno preme sotto alla stoffa, preda della bramosia di suadenti carezze. La schiena si inarca in maniera innaturale creando un vuoto contro la parete che mi sostiene. Le pelvi si sporgono a cercarti, favorendo la penetrazione delle due dita che mi stanno scopando. Sto tremando. Vorrei urlare al mondo intero ciò che provo, un piacere talmente intenso che potrei godere solo al tuo respiro sulla mia pelle.
L'ascensore rallenta la corsa e noi ci scostiamo rientrando nei nostri ruoli. Prima che le porte si aprono mi sorridi sussurrandomi :
Vai nello studio del dottor Ravelli, oggi non è in sede. – Poche parole fra noi, solo quelle indispensabili. Sono i nostri occhi che si scambiano discorsi interi, preludio di esaltanti sensazioni.
Ti scosti per lasciarmi uscire ed io senza guardarti mi dirigo rapida verso il luogo stabilito.
Lo studio è vuoto e io mi guardo attorno improvvisamente spaventata. Sono pazza a rischiare tanto, lo so. Ma sei la mia droga, una tentazione inalienabile a cui non voglio resistere.
La manager integerrima e rigorosa svanisce lasciando spazio alla cortigiana dissoluta, spregiudicata, audace. Ora sono la tua femmina, la tua puttana, la tua cagnetta vogliosa che attende il padrone impaziente di essere domata.
Siamo identici noi due, la lussuria ci segna. L'erotismo ci accende, il desiderio ci acceca. Amiamo con il sangue e con ogni briciola di essenza.
La moquette assorbe il rumore dei miei abiti che cadono ad uno ad uno. Solo il ciondolo in onice fra i miei seni ora a vestirmi. Giro attorno alla scrivania. Sposto alcuni oggetti da essa creando spazio e mi ci siedo sopra appoggiando le gambe aperte alla poltrona in pelle che è collocata di fronte. Un piede su ogni bracciolo, il mio sesso aperto e gocciolante di voglia, le mie labbra gonfie e arrossate dalla violenza dei tuoi baci, i capezzoli induriti dolenti al tatto.
E la pelle d'oca sul mio corpo dovuta al freddo della nudità e all'erotico terrore di essere scoperta.
Passano i secondi scanditi dal mio respiro affrettato, diventano minuti interminabili che liquefano ogni raziocinio. L'attesa mi illanguidisce le membra e le mie dita scorrono lievi sulle cosce creando striature di fremiti al passaggio.
La porta si apre, ma io non mi volto. Con i polpastrelli scivolo sull'addome, salgo sul seno accarezzandomi lentamente. Sento il tuo respiro, i tuoi passi, la tua sostanza avvicinarsi.
Sei dietro di me. Con le mani mi sollevi i capelli come per raccoglierli in uno chignon alla sommità della testa, traendoli con più forza di quel che mi aspetto e rubandomi un piccolo gemito. Quando appoggi le labbra sulla mia nuca quasi svengo per l'intensità del brivido che mi trafigge.
Mi trascini sul tuo corpo, schiena che preme sul tuo torace mentre mi percorri con i palmi aperti accarezzandomi le cosce, il ventre, il seno. E contemporaneamente i tuoi denti depositano una pioggia di dolcissimi morsi sul collo, sulle spalle, sui lobi delle orecchie. Tremo e sospiro estasiata, languidamente adagiata su di te. Poi un tuffo repentino della tua mano fra le mie cosce spalancate mi toglie il fiato. Ad occhi chiusi mi lascio travolgere dal tuo assalto, gustandolo avida.
Ti scosti e passi dietro alla scrivania. Sposti la poltrona e ti siedi alzando un mio piede per poi riposizionarlo sul bracciolo. Resti così, affondando gli occhi nel mio fiore spalancato e rorido di rugiada. Poggi le mani sotto alle mie cosce e mi trai a te. Sono quasi sospesa, i glutei appoggiati per un terzo sulla scrivania, il tuo viso immerso in me. Nello studio i miei gemiti si spandono mentre la tua lingua mi esplora. Con le dita sfiori e forzi l'ano mentre io muoio nella tua bocca.
Ti alzi e i pantaloni scivolano a terra. Con le mani sui miei fianchi mi sollevi quasi e punti deciso verso il mio buchetto. Il cazzo svetta imperioso. Lo sento vibrare fra le mie natiche sostenute dai tuoi palmi. La cappella si insinua decisa, mi dilata, mi penetra. Mi fai male e te lo dico. Mi chiudi la bocca con la tua lingua. Il sapore di sesso intensifica il mio desiderio. Il tuo bacino si muove in spinte rapide e costanti. Ad ogni affondo sei sempre più dentro alle mie viscere. Fino in fondo. Tutto dentro di me. Poi resti fermo, sento solo le contrazioni del tuo cazzo dentro alla mia carne. I nostri occhi si parlano e gridano l'intensità del piacere che proviamo ora. Ricominci a muoverti, colpi lenti che diventano man mano sempre più rapidi e decisi; Assecondo ogni affondo, contraendo i muscoli anali per gustarti completamente. Senti il mio corpo tendersi, mi guardi e vedi sul mio volto l'onda che giunge, mi baci per bere i miei sospiri mentre mi abbandono al tuo corpo e all'orgasmo. Mentre gli ultimi fremiti mi accartocciano esci da me e la tua sborra plana calda e viscosa sulle mie labbra, sul mio seno, sul mio ventre, creando arabeschi lattei che scivolano dipingendomi di libidine.
Ancora pochi istanti assieme, baci e carezze dolcissime prima di rivestirci. E poi tu esci dall'ufficio e controlli che il corridoio sia deserto prima di farmi un cenno d'intesa. L'ultimo bacio vicino all'ascensore e poi ognuno al suo ruolo e alla sua vita.
Fino al prossimo incontro.
Fino a quando uno dei due riceverà tre squilli.
Matilde S.