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Racconto n° 3880
Autore: Matilde S. Altri racconti di Matilde S.
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Pomelie, gelsomini e fichi d'india.
Sicilia. Anno 2008.

Lo stile barocco delle antiche ville empie lo sguardo di echi rinascimentali. L'aria satura di aromi mediterranei lambisce ammiccante i sensi. Il bianco delle rocce frastagliate contrasta con l'azzurro del mare che abbraccia la terra. E la sensazione del tempo perduto che riemerge traendolo a se lo ghermisce alla pancia con vigore inaspettato.
È tornato. Dopo un vagabondare fecondo, dopo aver calpestato terre lontane e scoperto nuovi orizzonti è di nuovo li.
Li, dove un bacio gli ha incendiato il sangue tanti anni addietro.

Il passo è lento, quasi solenne mentre ripercorre il viottolo sterrato che porta al mare. Pomelie e gelsomini ingentiliscono coi loro tenui colori i contorni, mentre le grandi piante di fichi d'india paiono quasi personaggi sbucati da favole assurde venuti a dargli il bentornato.
Negli anni è cambiato. È sempre bello, ma ora vi è una nota pacata che attenua lo sguardo irridente e dissacrante. Ha celato la sua anima zingara in abiti eleganti, la sua voglia di avventura in un lavoro stabile e ha indossato la maschera dell'uomo qualunque.
É stanco di sfuggire a donne che si perdono nei suoi occhi misteriosi, soffermandosi solo sull'esteriore apparire. Una volta l'essere corteggiato lo gratificava, il suo attrarre bellissime donne con estrema facilità lo faceva sentire onnipotente e la sua virilità gustava prelibata carne con la voracità tipica degli affamati. Ma da tempo ormai ha saziato quella fame onnivora, ora cerca nell'anonimato una luce nuova che gli renda quel profumo speciale, quell'emozione intensa che solo la sfida e l'ardore della conquista sanno procurare.


Sanja lo osserva pensosa.
Sanja, l'ultima discendente della stirpe delle Zeidi, le vestali custodi da tempi immemorabili di preziosi ricordi amorosi criptati in gemme di luce.
Guarda quel viso giovane eppure soffuso da rimembranze che in genere solo i vecchi sanno rendere. Apre la mente alla forza della meditazione, richiama a se la potenza del fiore di porpora e si amalgama alla percezione universale.
Con passo leggero si accosta alla duna di sabbia dove l'uomo è ora seduto. Il mare continua a cantare ignaro della fusione imminente. Le onde spumose si innalzano a baciare i gabbiani e tutto si fa rilucente di cristalli di sale.
Senza parlare si siede al suo fianco e sfiora quella fronte corrucciata. Non vi è stupore ne ritrosia in lui, solo un movimento garbato della mano a scostare una ciocca che le sfugge dalla chioma corvina camminandogli sfrontata sulla guancia.
Le mani si uniscono e i i cuori rallentano la corsa mentre il ricordo si srotola e prende vita.


Sicilia. Anno 1998.

Sandro, la chioma ingarbugliata dai rasta, il giubbotto di pelle sui jeans stracciati e lo sguardo spavaldo, in un pomeriggio assolato e sonnacchioso, camminava nella strada principale del paese. Gianluca parlava con una bella ragazza ma vedendolo sopraggiungere gli aveva fatto un cenno per richiamare la sua attenzione. Conosceva da tempo Gianluca, aveva anche lavorato con lui per un breve periodo ed erano diventati amici.
Gli occhi scurissimi e ridenti lo avevano appena percepito che già il nasino presuntuoso si era voltato verso l'uomo elegante che le stava di fronte. Quel ragazzetto squattrinato non era certo di interesse di Sara, la bella del paese, la principessina snob che tutti ammiravano attoniti e di cui tutti gli uomini degni di tal nome erano invaghiti. Sandro si era sentito pungere da quell'indifferenza sdegnosa e aveva percepito il sapore della battaglia illanguidirgli il palato. Si era avvicinato e aveva salutato Gianluca e risposto alla formula di presentazione a lei con studiata noncuranza, per poi ignorarla totalmente girandole quasi le spalle, conversando con l'amico con eloquenza forbita. Nella mente camminavano rimbombanti le parole: - non mi interessa, non mi serve, non è nessuno questa femmina montata - una litania per sgretolare la malia che quel visetto impertinente e quel corpicino perfetto stavano creando.
Lei era rimasta spiazzata, mortificata e offesa da tanto disinteresse, non avvezza ad essere palesemente ignorata. Per darsi un tono, per recuperare l'attenzione dei due era intervenuta nella conversazione:
- Stasera vado al Pride e voi ? - Il Pride era un locale molto in voga a quei tempi, poco lontano dal paese.
Sandro l'aveva guardata dritto negli occhi - Sai che in quel locale di snob non sono mai stato ? - Lei aveva risposto con un sorrisino incerto – Ma non è un locale snob, è solo un bel posto -
Gli occhi di Sandro non avevano mollato quelli di Sara, ed erano occhi duri, quasi arrabbiati e la voce era appena un sussurro quando le aveva risposto : - Beh ma tu ci vai ... -
E che significa ? - la voce di Sara si era alterata, la rabbia le brillava negli occhi e le guance si erano soffuse di rosea indignazione.
Sandro l'aveva presa in contropiede cambiando tono di voce, rendendola più complice e ridente:- Sai che mi hai incuriosito? Stasera potrei anche venire. Ma i miei amici non mi seguiranno di certo. Sarò solo -
Io vado con la mia amica Marta-
- Beh, non sei poi così antipatica come mi eri parsa, se mi fai un favore vengo a vedere l'ambiente. Sai non amo entrare da solo in un locale che non conosco, bere qualcosa guardandomi attorno spaesato. Se mi prometti che tu e la tua amica appena mi vedete mi salutate come fossi un vecchio amico, allora verrò . -
Gianluca lo guardava divertito tessere la ragnatela e lei ignara vi si lasciava avvolgere.
Vieni e noi ti saluteremo come se fossi un nostro carissimo amico -

Così era stato. Appena entrato gli erano andate incontro entrambe sorridenti, lo avevano abbracciato e baciato sulle guance come se fossero amici da sempre. Lui aveva fatto un po' lo scemo, corteggiato Marta e preso un po' in giro Sara. Aveva mostrato tutta la sua verve, sfoggiato il suo innato senso dell'umorismo e la serata era volata fra risate e chiacchiere piacevoli. A fine serata Sara lo aveva salutato dicendogli : - Sei simpaticissimo, è stata una serata bellissima.-
Ridimmelo domani Sara - Dove te lo dico Sandro ? -
- Ti aspetto al Raffael alle undici domattina - Senza aggiungere altro le aveva baciato una guancia e si era dileguato.
Il Raffael era il bar della piazzetta, quello dove le paste erano particolarmente gustose, il ritrovo di tutti i giovani golosi della zona.
Sandro si era presentato in moto, vestito tutto di pelle nera, un centauro dal fascino ruvido e aggressivo. Lei era già li ad aspettarlo, vestita in maniera sportiva, un jeans firmato e un giubbettino bianco che le stava d'incanto. Era salita dietro a lui, allacciato le mani alla sua vita e poggiato il viso alla sua schiena. Erano arrivati al mare in pochi minuti. Avevano abbandonato la moto e camminato sulla sabbia bianca.
Li su quelle dune di sabbia intatta si erano seduti ad ascoltare il mare. Li le labbra si erano cercate, i sapori si erano intrecciati, i brividi li avevano permeati.
La pelle lattea di lei , le sue forme piene e voluttuose si erano svelate, lasciandolo senza fiato. Una venere divinamente bella, stagliata nella luce calda del mezzogiorno, baciata da quel sole incredulo e compiacente che li aveva abbracciati complice. I vestiti creavano macchie incongrue di colori attorno ai corpi nudi. Gli oleandri poco lontano fremevano nell'osservare quelle membra perfette congiungersi e aggrovigliarsi nella danza atavica dell'amore. La bocca di Sandro assaporava avido il corpo offerto, mordicchiava e succhiava il seno perfetto, carezzava il ventre piatto e i fianchi pieni, immergeva il viso fra quelle cosce eburnee, si beava della dolcezza di miele selvatico nascosto fra i roridi riccioli scuri. Completamente rapito da sensazioni dirompenti lambiva e assorbiva ogni goccia di lei, le carpiva sospiri sempre più languidi fino a sentirla irrigidirsi e tremare negli spasimi inconsulti del piacere.
Le natiche di lei affondavano nella morbida sabbia mentre lui le si modellava sopra. I glutei sodi e scolpiti di lui brillavano al sole e i muscoli guizzavano impudici mentre penetrava selvaggiamente in lei.
Due sculture fuse nella sabbia, due cuori che pulsavano impazziti mentre le loro voci si innalzavano sfrenate.

Cinque giorni era durato il loro paradiso. Cinque giorni di passione inestinguibile, di dolcezza infinita, di languori e profumi indimenticabili.
L'ultimo ricordo che aveva di Sara era una lacrima che le scivolava malinconica sulla gota e le sue labbra tremanti mentre lo baciava alla stazione prima che lui partisse per Roma.
Era troppo giovane allora, troppo preso ad inseguire i suoi sogni e il suo destino per fermarsi da lei. Ma forse un pezzetto di cuore lo aveva lasciato proprio li, in quello sperduto paese di fiaba della sua Sicilia.


Sanja apre gli occhi imperlati di lacrime. Osserva per qualche istante il suo pugno chiuso posato sul cuore di Sandro, poi lo solleva avvicinandolo alle labbra rosee e soffiandoci sopra. Ad una ad una le dita si slegano fino a mostrare il palmo dove è posata una gemma rossa che brilla vivida irradiando calore.
Legata alla cintura che porta in vita vi è una borsa in pelle di daino dipinta con strani geroglifici. Slega i laccetti di cuoio e lascia scivolare al suo interno la gemma. Poi si china sul volto ora sereno di Sandro e le sue labbra carezzano leggere gli occhi socchiusi di lui.

Indi si alza, scompare e tramuta in leggenda.

Sandro sente il cuore libero, purificato e finalmente pronto a vivere d'amore.





Matilde S.

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