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Racconto n° 4444
Autore: Morgause Altri racconti di Morgause
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Jules Max Dolonne
Alla fine del febbraio scorso mi persuadesti a trascorrere una settimana in montagna a Dolonne, a ridosso del Monte Bianco, ospiti di un tuo vecchio amico che non avevo mai conosciuto.
Tra noi le cose non stavano andando bene, anzi per dire la verità, pensavo fosse arrivato il momento di scrivere la parola fine al nostro rapporto, che del resto non era mai stato una cosa seria, almeno per me.
Il sesso funzionava ancora, ma erano finiti i fuochi d'artificio dei primi mesi e io mi stavo decisamente annoiando.
Per di più io non amo la montagna e soprattutto Courmayeur e dintorni: mi ricorda le estati interminabili che mi costringevano a passare quassù da bimba, sorvegliata a vista, sulle note della misteriosa litania :
-Per i tuoi polmoni, cara, ci vuole la montagna-.
E io odiavo il Monte Bianco, che mi incombeva sopra minaccioso ogni volta che uscivo sul balcone del Pavillon, albergo d'elezione della mia famiglia.

Ho sempre amato il mare e tutto ciò che con quest'ultimo ha attinenza; infatti, da quegli anni lontani della mia fanciullezza, non ero più tornata a Courmayeur che per brevi soggiorni.
Ma ora avevo deciso di assecondarti: anche se non amavo lo sci avrei potuto sempre stendermi al sole e abbronzarmi in mezzo alla neve, riposarmi, rimpinzarmi di torta alle pere e cioccolato della pasticceria Dolce Voglia e soprattutto conoscere Jules, questo tuo amico di cui mi parlavi sempre.
Tu forse speravi di recuperarmi, magari impressionandomi con le tue conoscenze vacanziere, oppure pensavi che un po' di tranquillità montana mi avrebbe fatto riflettere, insomma forse avremmo ripreso la nostra storia.
Ormai stavamo per arrivare, fuori della macchina la notte era buia e fredda, percepivo la neve intorno a noi come in attesa; sicuramente avrebbe incominciato a scendere presto.

-Quando conoscerai Jules mi darai ragione, vedrai; è il tipo dell'intellettuale, quello che ti piace tanto; io gli voglio bene come un fratello e lui ne vuole a me dai tempi dell'Università, ma quanto a donne...-
Appizzai l'orecchio e mi feci attenta:
-Quanto a donne?-
-Beh, ne ha avute pochissime, ora per esempio è solo, dopo che si è mollato con Francesca e sono passati mesi; Courmayeur di questa stagione è territorio di caccia e lui tutto il giorno se ne sta sui campi da sci: la notte la passa in solitaria; ma ti pare normale? a volte penso, e non sono il solo, che gli interessino più gli uomini delle donne ma che non voglia ammetterlo, forse gli fate paura, che dici?-
-Dico che voi uomini non cambiate mai, se uno non si butta sulla prima femmina che sia almeno passabile, deve essere sicuramente gay.
Forse Jules deve solo trovare chi l'intriga veramente e nel momento giusto; non vedo l'ora di conoscerlo, mi hai incuriosito-

Smettesti di parlare, ormai eravamo arrivati; ci fermammo di fronte ad una antica grossa casa in sassi.
Tutte le luci del piano terra erano accese; mentre scendevo dalla macchina la grande porta d'ingresso si spalancò ed io affrettai il passo, per sfuggire al freddo intenso che mi toglieva il respiro.
Mentre Max prendeva i bagagli andai incontro al giovane uomo che con un gran sorriso mi accoglieva a braccia aperte.
-Sei Fede, vero? Max mi ha tanto parlato di te, che mi pare di conoscerti-
Rimanemmo un attimo a guardarci negli occhi mentre le sue mani sulle spalle mi trasmettevano un chiaro inaspettato messaggio: mi piaci, ti aspettavo.
Io, inconsciamente, passai la lingua sulle labbra, un aperto segnale di desiderio corrisposto.
Ti ho voluto da morire, in quel momento, Jules: avevi un'aria così giovane, smilzo nel maglione nero troppo grande, gli occhi grigi più belli del mondo dietro i classici occhiali seriosi.
Alto come me, le nostre labbra erano a pochi centimetri di distanza, potevo sentire il tuo fiato caldo e ...
-Ehi, amico, vieni ad aiutarmi, questa donna si porta dietro la casa, quando si muove-
La voce di Massimo ruppe l'incanto
- A dopo- mormorasti.
-Si- risposi sommessa.
Vi abbracciaste con grandi pacche sulle spalle; fu allora che mi venne l'idea, ancora informe, di avervi tutte e due insieme: si trattava di perfezionarla.

La situazione si presentava ottimale: avevo un uomo a cui ero ancora legata ma che non mi accendeva più come una volta e un altro, appena conosciuto, che mi faceva bagnare al semplice tocco delle mani.
Sarebbe stato necessario solo un po' d'alcool per far infrangere ai due il tabù della loro amicizia.
E fu più semplice di quanto pensassi.
La casa mi accolse splendida, grande, calda; Jules ci accompagnò alla nostra camera
pregandoci di fare in fretta perchè la cena era quasi pronta.
Aveva cucinato lui, era ansioso di farci assaggiare la sua specialità, la polenta concia.
Pensai che era l'occasione adatta al mio vestito nuovo di lana rosso.
E' un completo gonna-pull corto, di colore rosso cupo; una fila di bottoni piccoli, neri e lucidi scende dalla clavicola sinistra fino al fondo della gonna, lunga a metà polpaccio, con la breve interruzione di una striscia di pelle nuda, scura, l'inizio del ventre piatto.
Decisi di fare le cose in grande: una pesante cintura di anelli metallici intrecciati diede splendore alla mia pelle eternamente abbronzata separando i due pezzi del vestito.
Poi aprii i primi bottoni del pull e gli ultimi della gonna, in modo da far balenare un seno e una coscia: adoro mostrare il mio corpo, ne sono orgogliosa, sempre e comunque.
E Jules doveva vedermi al mio meglio perché lo volevo: il ricordo delle sue mani sulle spalle era una promessa di future sensuali delizie.
Stivali, trucco gotico e gioielli assortiti, i miei feticci portafortuna, completavano l'insieme.

Come Max mi vide, capì tutto, ne sono sicura; per questo mi circondò le spalle con un braccio in segno di possesso.
Jules ci venne incontro, guardandomi ammirato; ora era lui a passarsi nervosamente
la lingua sulle labbra mentre i suoi occhi mi lanciavano chiari messaggi.
Ruppi il silenzio:
- Che profumo, come hai fatto a indovinare che la polenta concia è uno dei miei piatti preferiti?-

-Beh, sapevo che adori il formaggio, e allora...-
In effetti nell'aria aleggiava l'intenso profumo di toma e fontina insieme a quello caldo e pesante del mais cotto.
Sulla tavola troneggiava anche un Jambon de Bosses, il prosciutto crudo speziato con erbe di montagna, caratteristico del posto, vera passione di Massimo.
Appena seduti attaccammo voracemente a mangiare, eravamo affamati tutti e tre, e la conversazione divenne caotica; già eccitati ci sforzavamo di riempire gli eventuali silenzi.
A questo contribuì l'eccellente vino rosso di Donnas, l'ideale compagno della polenta concia.
I due uomini dimostrarono di saperlo apprezzare.
Io sono astemia, l'acqua minerale delle sorgenti intorno a Courmayeur per me è buona come il vino.
Terminata la cena, in cui si parlò di tutto e di niente, sia Max che Jules avevano il volto arrossato e gli occhi lucidi mentre rievocavano i bei tempi dell'Università.
Così mi alzai dicendo:
-Perché non vi mettete sul divano, il caffé lo faccio io e ve lo porto; prima sistemo la tavola, in fondo qualche cosa dovrò pur fare per sdebitarmi dell'ospitalità-
-Buona idea-disse Jules- ho giusto una bottiglia di grappa alla pera da assaggiare-
Sistemati i piatti nella lavastoviglie preparai il caffè; quando fu pronto, liberai altri bottoni del mio vestito e con il vassoio in mano mi ripresentai ai due uomini che nel frattempo, sbracati sul divano, vicini vicini, si stavano facendo di grappa alle pere persi nelle loro confidenze.

-Posso?- dissi posando il vassoio sul piccolo tavolino e facendomi posto tra di loro.

Mi guardarono, videro il mio corpo seminudo balenare tra il rosso del vestito ed io sentii, prepotente, l'odore del sesso passare tra di noi come una corda che ci stava legando stretti; dietro le mie spalle le loro braccia si incrociarono e io mi appoggiai all'indietro sul divano sbottonando anche gli ultimi bottoni del pull: il seno abbondante e nudo stava lì, tra di loro, una chiara provocazione.
Silenzio assoluto.
Fui io che accarezzandoli sul collo, piegai i loro visi sui capezzoli turgidi, eccitati, dolenti.
Resistettero, inizialmente, guardandosi negli occhi, quelli neri di Max in quelli grigi di Jules, poi cominciarono a succhiarmi con frenesia, mentre io li stringevo a me tutti e due con lo stesso desiderio.
Jules infilò una mano nello spacco della gonna e mi trovò pronta.
Decisi che dovevamo muoverci di lì, ci voleva un posto più comodo.
-Andiamo a letto- ordinai con voce roca.
Ci alzammo abbracciati anzi loro si appoggiavano a me, l'alcool e l'eccitazione li faceva barcollare.
Jules apì una porta vicino alla stanza da pranzo: era una grande camera da letto; accese solo una piccola luce, nell'angolo.
Ci spogliammo velocissimi; notai che i ragazzi erano già eccitati e pronti, così pensai che se non avessi regolato io il traffico, sarebbe finito tutto troppo presto.
Anche io avevo i sensi in overdose, ma decisi di prolungare l'attesa, per aumentare il piacere.

Così ci stendemmo sul letto, io in mezzo; cominciai ad accarezzare lentamente i loro sessi, che bruciavano nelle mie mani.
Gemendo, si voltarono tutti e due verso di me.
-Baciami Max–implorai
e a Jules:
- Accarezzami-

Jules mi baciò il seno, leccando dolcemente i capezzoli mentre mi accarezzava il ventre lisciandolo come fosse stoffa preziosa, per scendere più in basso e penetrarmi all'improvviso e con forza con le dita; mi inarcai, gemendo.
-Fede -mi soffiò nell'orecchio- ti voglio, anche se non so quanto resisterò dentro di te, ti prego, ti prego-
Aprii le cosce, in segno di resa; e me lo trovai sopra, dentro, a riempirmi della sua carne; mentre si muoveva premendomi con forza sentivo l'orgasmo salirmi dentro, come una marea.
-Puttana, troia- l'insulto di Massimo non fece altro che acuire il mio piacere.
Ricominciò a mordermi le labbra, a mangiarmi la lingua, mentre strusciava con frenesia il sesso contro il mio fianco.
Jules stava per riempirmi, me ne accorsi dalla maggior rigidità del suo pene che cercava di spingersi sempre più a fondo.
Infatti con un grido arrivò al piacere: e mi parve che il suo seme avesse il calore del sole; trattenni l'orgasmo restando immobile.
Poi mi scivolò accanto lasciandomi ansimante, irrigidita.
E fu la volta di Massimo a penetrarmi, era molto più eccitato del solito, mentre spingeva
a colpi di reni; iniziò a succhiarmi i capezzoli, come volesse portarmi via con il latte l'anima.

Io allungai una mano e strinsi quella di Jules che prese ad accarezzarmi piano l'interno del braccio, una cosa che mi fa impazzire.
Non riuscii più a trattenermi: non sapevo dove ero né con chi, sapevo solo che stavo per immergermi nel mare più rosso e meraviglioso che ci fosse, quello del piacere assoluto, che non ha né volto né cuore.
-Vieni Massimo- ansimai, in un tono che glielo fece fare subito, con un grido;
e mentre lui si svuotava in me, mescolando il suo seme con quello dell'amico fui travolta da un orgasmo tumultuoso che mi lasciò spossata.

Ma volevo di più; Max, forse inconsciamente, mi aiutò.
Davvero non l'avevo mai sentito così eccitato: infatti, senza uscire da me, ritornò
nuovamente rigido.
-Dietro, prendimi dietro-gli mormorai.
Mi rivoltò mentre Jules stava sdraiato accanto a me, in silenzio.
Alzai il sedere e Max iniziò a penetrarmi senza molta fatica , eccitata e aperta com'ero, mentre io mormoravo oscenità, completamente stravolta.
Fu allora che Jules , il viso sotto al mio, cominciò a baciarmi, poi a succhiarmi le tette, per scendere fino al ventre e al sesso.
Quando iniziò a leccarmi mi mancò il respiro dal piacere.
Con una mano lo toccai: era duro e pronto.

Intanto Massimo, tutto dentro di me, mi stringeva i seni doloranti con le mani.
Allora, alzando leggermente il busto implorai:
-Jules , voglio anche te, vi voglio tutti e due-
Il tempo di impalarmi su di lui, per risentirlo di nuovo nel mio ventre affamato; poi mi curvai in avanti, porgendo il sedere a Max, che mi penetrò con un colpo solo.
Così diventammo un corpo unico con tre teste, ci muovevamo in sintonia, vedevo con la mente i due falli nel mio ventre appoggiati l'uno all'altro, divisi solo da una sottile parete di carne.
Ricominciai a baciareJules, ormai le mie labbra erano gonfie e insensibili.
Quando mormorai :
-Abbracciami, vengo-
non so a chi dei due mi rivolgessi.
So solo che mi ritrovai avviluppata in quattro braccia maschili, stretta da soffocare, prima di cadere a testa in giù nel pozzo del piacere.
Anche i miei due uomini si svuotarono in me, quasi simultaneamente.
Poi giacemmo sul letto sfiniti, uno addosso all'altro.
Fui io ad alzarmi per fare una doccia: quando ne ebbi abbastanza di acqua tiepida esapone profumato tornai nella stanza: un pesante dolciastro odore di sesso mi investì.
.Max e Jules dormivano alla grande, sedere contro sedere; sorrisi :
-Capirai- mi dissi - tra l'alcool e il sesso chi li sveglia questi?-
Mi infilai al caldo tra di loro e per occupare meno spazio aderii alla schiena di Max in posizione cucchiaio; subito Jules, nel sonno, si voltò e fece lo stesso con me: me lo ritrovai incollato al sedere.
Era come stare in un nido, protetta e al caldo tra quei due giovani corpi: prima di chiudere gli occhi feci in tempo a vedere che aveva preso a nevicare.
-Speriamo di poter sciare domani- fu il mio ultimo pensiero.

Morgause

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