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Racconto n° 4640
Autore: Morgause Altri racconti di Morgause
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Egyptian Delicatessen
Sono da qualche parte nell'Alto Egitto, in un bianco villaggio nei pressi di Tell El Amarna;
ci sono arrivata in fuoristrada, lungo una pista tracciata nel deserto che chiamare strada sarebbe veramente eccessivo.
Si realizza finalmente il mio sogno di visitare da sola un Egitto fuori dalle mete turistiche, che conosco bene, alla ricerca di antichi villaggi dove sia ancora possibile trovare oggetti veramente belli di artigianato, gioielli lavorati in modo grezzo ma di grande effett, e scattare fotografie in terre al di fuori del tempo sospese tra la lussureggiante vegetazione che accompagna le sponde del Nilo e il deserto.
Ho con me una guida, si chiama Ahmed, studente di Scienze politiche all'università del Cairo; nel tempo libero accompagna gli stranieri che vogliono esplorare un Egitto diverso, parla correntemente quattro lingue.
E'bello, molto giovane, occhi neri enormi e liquidi, una pelle leggermente olivastra, tanto setosa da parere quella di una ragazza; alto per essere un arabo ed elegante, in camicia di lino bianco e candidi jeans di tela leggera.

Quando me lo sono trovato di fronte all'aereoport, ho immediatamente realizzato che l'avventura mi stava aspettando, quella con la A maiuscola intendo.
Ho notato il suo sguardo sorpreso perlustrarmi il corpo, mentre in perfetto italiano diceva:
-Mi aspettavo una signora anziana, questa è una piacevole sorpresa-
-Anche lei lo è per me- ho ribattuto -anzi, sarà meglio darci del tu, io mi chiamo Fede, il tuo nome già lo so. Hai procurato la macchina?-
-Si, è qui fuori, una vecchia Range Rover, adatta alla nostra escursione-
Io mi sono persa a guardare le sue mani strette attorno alle valigie, e mi pareva di averle già conosciute, tanto tempo prima, ma quando?
Un lampo di inquietudine il déjà vu.
Ci dirigiamo subito alla macchina, il caldo egiziano che sa di deserto mi lascia per un attimo senza respiro; sono partita da Roma sotto una fredda pioggia, con un clima pre-invernale.
Non voglio fermarmi al Cairo: proseguiremo verso Tell El Amarna, l'antica capitale di un Faraone folle che volle imporre al suo popolo il culto di un solo grande dio, il Sole.
Qui fu ritrovato il busto della splendida Nefertiti, la sua prima consorte.

I villaggi che cerco sono sparsi nelle oasi, al confine con il deserto arabico.
Dal momento che dovremo fare all'incirca 300 km, Ahmed ha trovato da sistemarci per la notte in una specie di pensioncina gestita da un suo conoscente nel primo dei villaggi che voglio visitare.
In questo modo potrò prendere subito contatto con la gente del posto, cercare notizie sui manufatti che mi interessano, iniziare a scattare foto.
Inoltre pare che suo nonno abiti proprio in quel villaggio e allora mi chiede perché non vado con lui a trovarlo, così avrò modo di vedere una vera casa di campagna egiziana, affollata di tutti i suoi parenti.
Nella macchina fa un caldo terribile: teniamo i finestrini chiusi per non restare soffocati dalla polvere, e io mi accorgo che la t-shirt bagnata mi si sta incollando addosso.
Anche i pantaloni di tela, per quanto leggeri, sono diventati una seconda pelle: cerco di asciugarmi con dei fazzolettini di carta.
Ora mi piomba addosso la stanchezza del volo, il cambio di temperatura, la sete, e mi appoggio indietro sullo schienale, spossata, gli occhi chiusi.

La mia guida continua a parlare, con una voce dolce, cantilenante, mi racconta dei suoi studi, dei viaggi che vorrebbe fare, mi chiede dell'Italia.
-Quanti anni hai?- gli domando –Ventitre- risponde-e tu?-
-Ventotto, tanti più di te. Ce l'hai la ragazza?-
-Si, ha diciotto anni, ci conosciamo da bambini-
-Sei fedele?- gli chiedo d'impulso, e lo guardo, meravigliandomi del fatto che non sudi, pare fresco come una rosa.
-Si, sono fedele- risponde- ma come dice il profeta, spesso anche l'uomo più forte si fa debole di fronte ad un avversario troppo agguerrito... e tu sei molto bella, signora scura, bella in modo assai pericoloso-
-Più che altro mi sa che odoro non proprio di buono, visto quanto sudo, mi ci vorrebbe una doccia-
-Te la farai quando arriviamo dal nonno, ma la tua pelle profuma, te lo assicuro-
Io non rispondo a questi approcci diretti , forse dovrei, ma sento addosso una strana languorosa eccitazione che mi fa desiderare carezze lente, estenuanti, sapienti.
Involontariamente apro le cosce, tocco l'interno dei pantaloni: è fradicio di sudore.
Sento addosso lo sguardo di Ahmed, che è più di una carezza, e stringo le gambe.

Finalmente vedo un villaggio bianco, che brilla contro la distesa di sabbia. Siamo arrivati alla prima tappa, la casa del nonno, che si rivela essere un agglomerato di piccole costruzioni.
Superata una recinzione in muratura, pitturata all'interno di blu e di bianco, scorgo diverse case; una colorata moltitudine esce per salutarci e per osservarmi con grande curiosità: zii, sorelle, nipoti, cugini, bambini, una confusione terribile.
E io mi trovo improvvisamente al di fuori del tempo, in uno spazio dove tutto si muove lentamente, sotto un sole ancora accecante, nonostante il pomeriggio inoltrato.
-Benvenuta nella nostra casa, Fede, sei la prima straniera che ci mette piede- dice Ahmed.
Poi parla ad una ragazza in arabo e lei sorridendo mi accompagna fuori, in un giardino chiuso da alti muri, dove in un angolo c'è una grande tinozza, già colma d'acqua.
Vi sparge una polvere profumata, sistema la mia sacca su un vicino sgabello dove sta pronto un grande telo, e con un sorriso mi lascia.
Mi spoglio rapidamente ed entro nell'acqua: il piacere è indescrivibile, anche perché il sole sta calando e con lui il caldo torrido.
Chiudo gli occhi e lascio che il liquido profumato (capisco che la polvere è anche un misterioso sapone) mi penetri tutta.
Una sensazione di beatitudine mi invade: mi pare di volare, in un mondo colorato di arancio e di blu, mentre mille delicate mani mi accarezzano.
Mi sveglio infreddolita: sta scendendo la notte, esco dall'acqua, mi asciugo e mi rivesto ancora frastornata, non capisco quello che mi è successo, mi chiedo dove sono stata in queste ultime ore.
Magie d'Oriente, concludo.
Rientro in casa, Ahmed mi viene incontro sorridendo:
-Ti sei riposata?-
-Meglio che andiamo a cena e poi mi porti in albergo, non credi?- rispondo io, ma so già che non sarà così, lo dico solo per salvare la faccia.

Ora la casa è buia, tutti i parenti scomparsi, arriviamo in una stanza illuminata solamente da candele, alcune quasi consumate; al centro è preparata una tavola con due sedie, una vicina all'altra; in un angolo, sopra un tappeto, stanno sparsi grandi coloratissimi cuscini.
Nell'aria aleggia un sottile aroma di incenso, di cibo e di spezie, insieme ad un altro, morbido e pungente allo stesso tempo: hascisc ? mi chiedo.
Ahmed mi fa accomodare e passa a descrivermi le vivande, mentre mi serve pesce del Nilo, formaggio di capra, olive nere, fichi maturi, uova, melanzane fritte, crema di ceci e yogurt.
Seduto vicinissimo a me, tanto da sfiorarmi il viso con il suo, mi guarda mangiare, parlando con quella sua voce morbida e strascicata
Io non rispondo, ma le ginocchia mi tremano, mentre tra le cosce il calore aumenta, e il ben noto crampo di eccitazione al basso ventre inizia a farsi sentire.
La cena è squisita e il tè, tiepido e molto zuccherato, con un retrogusto di gelsomino, rinfrescante.
Ahmed mette del formaggio e della crema di ceci su un tozzo di pane arabo, ne mangia una parte e poi lo posa tra le mie labbra, guardandomi masticare con voracità.
Mi sento spossata, i sensi esaltati.
A bassa voce, quasi recitando una cantilena, lui loda la mia pelle, i miei seni, le mie cosce,
e sempre nello stesso tono mormora al mio orecchio quello che succederà tra poco, perché questo era scritto per noi.
Ma prima devo ancora assaggiare una pietanza di melanzane, speciale, una combinazione esotica con noce moscata e cannella, ne distinguo l'aroma nell'aria.
Una candela si consuma completamente in una pozza di cera sciolta.
-La cena non è ancora finita il dolce lo gustiamo sui cuscini-
e così dicendo mi accompagna nell'angolo della stanza, mi fa sdraiare e inizia a spogliarmi, con lentezza.
Non vuole che io faccia nulla .
-Stenditi , voglio guardarti per ricordarti così, sei bellissima-
Chiudo gli occhi, mi gira leggermente la testa; sento il lieve rumore dei suoi indumenti che cadono a terra, seguito da un tramestio di piatti; poi sdraiandosi al mio fianco dice:
-Ecco i dolci, miele e morbida pasta di pistacchio, assaggia- e mi porge un pasticcino da mordere: è davvero squisito, dolcissimo, si scioglie in bocca.
Mentre sto gustando il dolce ad occhi chiusi Amhed apre le labbra del mio sesso e delicatamente lo riempie del resto del pasticcino, la tenerezza della pasta è inconfondibile.
Poi inizia a gustarlo direttamente da quel piatto speciale.
La sua lingua mi porta in paradiso: mi inarco, cerco di trattenermi, di trattenere l'orgasmo, per prolungare quegli istanti di beatitudine infinita, ma non mi riesce:sprofondo nella mia piccola morte mentre sento la mia voce implorante:
-Ti voglio, dammi il tuo piacere-


Ahmed allora mi copre con il suo corpo asciutto ed elastico e inizia a penetrarmi dolcemente, un braccio stretto intorno ai miei fianchi, l'altro a sollevarmi il viso verso di lui.
Le sue pupille sono immense, c'è l'universo dentro, e io ricomincio a gemere, piano.
Con un ultima spinta entra tutto dentro di me, e allora il ritmo cambia, diventa sempre più impetuoso, poi con un' ultima spinta, mi bagna del suo seme ed io provo un insolito, intenso, dolcissimo piacere, un forte calore nel ventre, mentre per la stanza si spande uno strano odore, un misto di terra bagnata, di rose e di gelsomino.
Il Cielo ha fecondato la Terra, mormora una voce dentro di me...
Dalla finestra vedo la luna illuminare la notte egiziana.
Accarezzo i capelli del ragazzo abbandonato sul mio corpo, prendo un altro pasticcino e lo mordo golosamente.


Morgause

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