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Racconto n° 601
Autore: Mark Altri racconti di Mark
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Gli scalini
Non ho mai amato sedermi su quegli scalini, quei tre scalini che si trovano per le strade siciliane, intorno ai quali molte persone trascorrono le ore serali degli afosi mesi estivi; ma saltuariamente mi facevo coinvolgere e, a dirla tutta, da qualche tempo non mi dispiaceva: mi consentiva di avvicinarmi a quel sogno proibito che dall'estate scorsa, complice una battutina candidamente sfuggita, si era impadronito dei miei più inconfessabili desideri.
Lei era sempre li, secondo scalino, un vestitino semplice, di quelli indossati dalla maggior parte delle casalinghe di questa terra. Quelle gambe, che con un gesto sensuale s'alternavano l'una sull'altra ripetutamente, per brevi istanti mi regalavano scorci di paradiso.
Non aveva un seno grande, ma lo immaginavo morbido e tondeggiante, come si conviene ad una donna della sua età. I suoi quarant'anni mi suscitavano sensazioni indescrivibili, nuove, mai provate.
Spesso mi fermavo a riflettere sulla sua quotidianità, sulla sua solitudine che, dopo il divorzio, era divenuta palpabile. Riflettevo sui suoi sogni, o sul verosimile bisogno di un uomo che l'abbracciasse; e ogni volta immaginavo che un fuoco, invisibile ai miei occhi, devastava la mente e il corpo di quella donna matura e ricca di fascino.
Su quegli scalini ogni argomento era di pubblico interesse, da ogni bocca svolazzavano chiacchiere senza meta, che a singhiozzo raggiungevano ora l'uno, ora l'altro interlocutore; normalmente assorbivo passivamente quei discorsi, ribattendo raramente. Ma quando da quel mucchio di parole mi raggiunse l'informazione che doveva montare una tenda nel salone e che da due settimane attendeva che quel lavoro venisse eseguito, non potei fare a meno di propormi, senza molta enfasi, né molte pretese: "Guarda che posso farlo anch'io, se per te va bene."
Appena percepii che stava valutando seriamente la mia proposta, un brivido mi percorse la schiena, stavo per fare un salto di gioia, ma feci in tempo a contenermi.. Ci accordammo per la mattina successiva.
Quella notte fu lunghissima; dormii male, non potevo fare a meno di pensare al momento in cui saremmo rimasti da soli in casa sua. Ma conclusi che non dovevo farmi illusioni, dopotutto quella situazione poteva tranquillamente risolversi con un favore di buon vicinato.
La mattina successiva mi presentai con la dovuta attrezzatura, mi accolse con un sorriso solare e mi chiese se prendevo un caffè; mi girò le spalle per prepararlo, e i miei occhi percorsero la sua figura lentamente, soffermandosi su ogni elemento che rendeva quella donna irresistibile.
Indossava un vestitino bianco con i bordi blu, di quelli che si abbottonano al centro, sul davanti; la sua semplicità era disarmante.
Bevvi il caffè e mi misi all'opera, quel lavoretto per me era un gioco e ci impiegai ben poco.
La tenda, accuratamente stirata, era distesa sul divano; le offrii il mio aiuto per montarla e lo accettò, ringraziandomi con uno dei suoi splendidi sorrisi.Una pulitina veloce e fummo pronti a concludere l'opera.
Tenendo ferma la scala, la osservai mentre saliva lentamente di piolo in piolo; il tessuto morbido della tenda la fasciava a tratti delicatamente, nascondendomi i suoi lineamenti e alimentando maledettamente la mia fantasia. Poi, l'inevitabile: di colpo la tenda scivolò verso terra e per un istante mi mancò il respiro; mi resi immediatamente conto che avevo davanti agli occhi lo spettacolo tante volte sognato. Le sue gambe si stagliavano verso il tetto, e nel punto in cui si congiungevano vedevo il suo slip nero disegnato sul suo corpo.. Volevo evitare di apparire invadente, ma non potei fare a meno di alzare lo sguardo e ammirare la scena che mi sovrastava.
Si chinò un pò, per stabilizzarsi sulla scala, e quella macchia nera al centro delle cosce divenne improvvisamente immensa, rigonfiandosi davanti ai miei occhi increduli ed eccitati all'inverosimile.
Si rese certamente conto di quanto stava accadendo, ma non disse una parola; continuò a fissare la tenda ai gancetti con snervante meticolosità e s'accinse a scendere, lentamente. Quando le sue gambe giunsero all'altezza del mio viso, non riuscii a trattenermi; portai la mia mano all'interno della coscia, poco sopra il suo ginocchio, stringendo dolcemente, ma con fermezza, la sua pelle candida.
Si fermò a guardare fisso davanti a sé, fuori dalla finestra; non un gesto, non un commento: se lo aspettava.
La sua pelle era morbida come la seta, la mia voglia di esplorare quel corpo incontenibile; allentai la presa e con i polpastrelli iniziai a sfiorarle delicatamente l'interno delle cosce, muovendomi sotto il bianco di quel vestito che mi stava accecando. Ebbe un sussulto, e con una lentezza impercettibile portò leggermente all'indietro il bacino; era un invito che non potevo ignorare: sollevai il suo vestito fino alla vita, ammirai per un attimo i suoi glutei bianchissimi e tondeggianti, poi scostai premurosamente gli slip e m'intrufolai col la lingua nella sua carne profumata..
Il suo sesso, straordinariamente rigonfio, emanava un odore fortissimo, sulla lingua ne sentivo distintamente le pulsazioni; continuai per qualche minuto, fino a quando lei mi pregò, con un filo di voce, di fermarmi: con le gambe tremanti, scese.
Staccandomi da lei, fissai le sue grandi labbra, dilatate oltre ogni possibile immaginazione, fradicie di umori e oscenamente aperte davanti ai miei occhi increduli; vacillando, mi prese per mano, dirigendo nella vicina camera da letto.
Sbottonò il vestitino e tirò giù lo slip in un baleno, poi s'inginocchiò a quattro zampe al centro del letto allargando le cosce fin dove poteva e inarcando la schiena all'indietro in una posizione inequivocabile.
Adesso potevo ammirare non solo il rosso acceso della sua fica spalancata, ma anche il suo buchino che senza alcun pudore si spingeva all'infuori della sua sede naturale; adagiai dolcemente il mio membro durissimo su quel bottoncino perfettamente rotondo e iniziai a torturarla scivolando sui suoi umori, solcando il suo sesso che ad ogni passaggio si bagnava e si dilatava sempre di più; stavamo impazzendo entrambi dall'eccitazione, ma volevo portarla all'estasi, e sapevo che in quel modo ci sarei riuscito.
Quando non ce la fece più, con un secco colpo di reni spinse all'indietro, inghiottendo il mio membro che scomparve nei suoi umori; mi aggrappai da dietro alle sue tette penzolanti, sentii i suoi capezzoli grandi e rigidi. Il ritmo divenne sempre più frenetico, le spinte sempre più decise, ad ogni affondo le sue tette dondolavano disordinatamente.
Era completamente sudata, compresi che stava per avere un orgasmo travolgente; mi lasciai andare al suo ritmo forsennato, i suoi gemiti erano confusi, esplodemmo insieme, mi svuotai dentro di lei.
Poi il ritmo rallentò, prona com'era si accasciò sul letto, ed io insieme a lei, dentro di lei: rimanemmo così per un bel pò, come se i nostri corpi si fossero fusi in uno soltanto.
Quando mi ritrassi dal suo corpo, sollevandomi dal letto, un bianco filo di sperma si riversò fuori dal suo sesso, che da quella posizione mi apparve gigantesco, col suo rosso fuoco che spiccava distintamente tra i nerissimi peli bagnati e per questo lucidi.
Mi avvicinai, baciandole delicatamente una guancia. Per la prima volta ci fissammo reciprocamente negli occhi, non so i miei, ma i suoi erano scintillanti, soddisfatti, fuori dalle orbite.
Uscendo dalla stanza mi soffermai sulla porta, mi girai per guardarla un'ultima volta: era ancora li, le sue gambe oscenamente divaricate. Mi sussurrò un grazie... e sorrise.
Sapeva che su quegli scalini, l'avrei immaginata per sempre così.

Mark

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